Per il basket europeo è il momento più bello e emozionante della stagione: Cska Mosca, Real Madrid, Fenerbahce Istanbul e Olympiacos Pireo si contendono in tre giorni il titolo di campione d’Europa nelle Final Four d’Eurolega. Un epilogo un po’ anacronistico nello sport business di oggi: oltre 130 milioni di euro, quanto sono i budget annuali delle 4 finaliste, vengono buttati sul tappeto verde della Sinan Erden Arena di Istanbul in 40’ di gioco, dove la pressione è massima e ogni pallone può essere decisivo. Sbagliare la semifinale è una tragedia, giocare la finale rappresenta soltanto una possibilità in più per entrare nella storia. Il fascino della sfida secca, senza appello, resiste a tutte le angherie dello sport moderno, dove più giochi, più guadagni. Solo giocatori con un carattere straordinario riescono a essere vincenti sotto una pressione del genere e la storia ha dimostrato che non sono sempre i più famosi o i più pagati a risultare decisivi. Il Cska campione in carica risulta favorito sull’Olympiacos anche dai bookmaker, il Fenerbahce contro il Real Madrid avrà il fattore campo a favore ma anche tutta la pressione del mondo addosso, perché la Turchia non è mai riuscita a vincere un’Eurolega nonostante il costoso inseguimento che dura dal Duemila. Le quattro partecipanti di oggi hanno vinto 4 delle ultime 5 edizioni, occupando 9 dei dieci posti in finale dal 2012 a oggi. Un dominio che solo il Maccabi ha scalfito nel 2014. Fare pronostici è una follia senza senso: sportivamente parlando, chi è gioca le Final Four ha già vinto. Poi inizia una meravigliosa roulette.
Istanbul rappresenta anche il trionfo dell’Eurolega nell’anno del poderoso attacco tentato dalla Fiba per riappropriarsi della più importante competizione per i club. Non solo Euroleague non ha perso una singola big, ma con la formula, con 16 squadre a girone unico, ha ottenuto risultati tecnici eccellenti premiati dal pubblico (+15% di spettatori nella stagione regolare arrivati a 8177 di media) e introiti sempre maggiori per i club. La Fiba ha perso anche la battaglia di retroguardia a colpi di diktat federali, che hanno costretto alcuni club a non partecipare all’Eurocup sottoponendoli a minacce medievali, che sono già evaporate nel nulla. I danni maggiori li hanno pagati le società italiane. Il paragone tra le Final Four di Champions League e quelle di Eurolega sarà impietoso e sancirà, almeno per qualche anno, la fine delle velleità della Fiba sulle competizioni per club.
Nella contrapposizione Fiba-Eurolega, come ai tempi della cortina di ferro tra Usa e Urss, è pericoloso per tutti quando una delle superpotenze stravince, perché senza equilibrio manca l’effetto deterrenza. La Fiba, sconfitta, resta comunque esclusivista di un’altra grande risorsa del basket mondiale, le squadre nazionali. Che dal prossimo autunno cominceranno una nuova era, basata su un calendario che interromperà due volte la stagione dei club, come accadeva nel secolo scorso, prima dell’ascesa di Euroleague e l’accordo per disputare le competizioni delle nazionali solo d’estate. Accordo rotto unilateralmente dalla Fiba. Tutti i tentativi di mediazione sono stati più o meno fasulli. E adesso che si parte davvero, Jordi Bertomeu, il Ceo di Euroleague, l’uomo che ha creato tra mille difficoltà la lega potente che è diventata oggi, pochi giorni fa ha ribadito in una intervista a Cadena Ser, in Spagna, che i club di Eurolega non daranno alla nazionale i propri giocatori durante la stagione, come ovviamente farà la Nba.
In realtà, nessuno vorrebbe davvero boicottare le nazionali, in primo luogo i giocatori, e neppure la maggioranza dei club. Certo, l’idea della Fiba di far giocare le nazionali senza i migliori giocatori sembra folle ma non esiste solo il nostro continente, l’unico con una vera lega europea per club. La Federazione Internazionale gestisce 215 nazioni, e riequilibrare le forze può essere un obbiettivo logico. Ma se gli Stati Uniti, utilizzando i giocatori della D-League, o se la Spagna, la Francia, la Grecia, la Turchia, presentandosi senza tutti i loro big, non si qualificassero, i vari Mondiali e Olimpiadi avrebbero l’appeal del Trofeo Lombardia. Alla fine, sarebbe peggio per tutto il basket, anche per l’Eurolega. L’Europa è sotto attacco della Nba: non può permetterselo. Chi si offre per tentare l’ultima mediazione?
L’Italia, che dal 2011 non si qualifica più ad una Final Four e dal 2004 non vince più nulla con la Nazionale, sarebbe una delle avvantaggiate dall’assenza dei giocatori Nba (ce ne sono rimasti soltanto due) mentre verrebbe pesantemente penalizzata se a mancare fossero anche chi, come Datome, Melli, Hackett oltre a quelli dell’Olimpia Milano, partecipano all’Eurolega, perché non abbiamo lavorato abbastanza sulla base dei nostri giocatori. L’evento di Istanbul sembra non appartenerci più, tanto è lontano il livello economico e tecnico delle squadre e la forza dei loro campioni. Così il cuore batterà soprattutto per Gigi Datome, unico italiano in campo col Fenerbahce, visto l’infortunio di Hackett. Ha vissuto momenti da big durante la stagione e playoff difficili, se non per i 10 punti in 11’ di gara-3 col Panathinaikos. Troppo poco un solo giocatore per appassionarsi? Ricordo come un grande momento della carriera, le Final Four giocate e vinte da Nando Gentile col Panathinaikos nel Duemila: vedere come un campione ormai 33enne fosse riuscito a stravolgere tutto il suo istinto per giocare un ruolo determinante dalla panchina completamente dedicato alla squadra, fu emozionante anche se segnò solo tre punti. E ricordo l’apprensione di quei 14’ disputati da Gianluca Basile, già 35enne, nella finale del 2010 con la maglia del Barcellona contro l’Olympiacos, dopo la semifinale opaca col Cska, e la gioia pura di vederlo alzare il trofeo più prestigioso prima che fosse troppo tardi, il coronamento di una carriera meravigliosa. Gigi è più giovane, ha più tempo davanti. Ma ha già disputato una finale strepitosa nel 2016, perdendola. Il tempo corre, lui si merita tutto il bene possibile. L’emozione di salutarlo campione renderebbe più lieve l’amarezza di vedere l’Italia, sempre più lontana dall’Europa che sogna, investe e sa vincere.