La ragione ci ha un po’ preso la mano (Edoardo Bennato, L’Isola Che Non C’è, 1980). Potrei citarne a decine di casi in cui la ragione ci ha un po’ preso la mano. Ne cito solo due tra i più recenti: il gol annullato a Malinovskyi in Fiorentina-Atalanta per un fuorigioco di Hateboer, forse oltre la linea dei difensori e forse no, forse in gioco e forse no, mandando su tutte le furie Gasperini (“Voi siete matti, non è più calcio!”). E il rigore dell’1-1 assegnato al Barcellona contro il Napoli, perché il pallone scagliato forte da distanza ravvicinata sfiora appena la mano di Juan Jesus. “Rigore inesistente per mignolo sfiorato!” ha sentenziato il caustico Spalletti.
Ha ragione chi vuole la tecnologia, la moviola e il Var (Video Assistant Referee) in campo. Per un semplice motivo, non siamo più ai tempi di Nicolò Carosio in cui la partita non la vedeva nessuno e te la raccontava solo ed esclusivamente lui per radio. Per cui adeguarsi ai tempi è il minimo, è doveroso. Oggi la partita la stravedono tutti e con un tale schieramento di telecamere che diventa/diventerebbe insopportabile la contrapposizione tra ciò che vedi tu alla tv o al computer e quello su cui l’arbitro deve decidere.
Non ha ragione chi tecnologicizza 90 minuti di partita, anzi, meglio, 5.400 secondi di partita. E anzi, secondo me, ha decisamente torto. Siamo finiti infatti esattamente agli antipodi del calcio immaginato dal radioascoltatore dell’EIAR di Nicolò Carosio. Siamo finiti al Grande Fratello che entra pure nelle mutande dei calciatori e scova cose che in campo mai nessuno ha visto. La scannerizzazione ad altissima frequenza della partita, frame per frame, porta alla luce una partita sottostante che nessuno di noi vede mai. Oserei dire che quasi non esiste. Succede per i fuorigioco di millimetri, per i falli scovati un quarto d’ora – parlo per assurdo ovviamente – prima che si arrivi al gol, per fatti di cui nemmeno i giocatori si rendono conto e semplicemente approfittano a seconda che convenga loro o meno, circondando l’arbitro e mettendogli pressione. Un altro calcio, non più solo televisivo ma da Grande Fratello appunto, da Minority Report, da Nemico Pubblico con una tale tecnologia intrusiva di livello militare che arriva ovunque. Fino a far diventare “reato” anche banalità assolute, che diventano oggetto di intervento dell’arbitro solo perché scovate in una parareale quinta dimensione.
Ma non è finita, detto che già l’individuazione in questa maniera dei “fatti” è discutibile e quasi addirittura di dubbia sportività – è davvero sport questo? – e indipendentemente da ciò che decidono Arbitro e Var, assistiamo poi alla spaccatura dei commentatori tecnici pro e contro. Nei casi succitati tra è rigore/non è rigore ed è fuorigioco/non è fuorigioco. Quindi, che cosa è stato fatto a fare? Che progresso è se poi distorciamo i vantaggi della tecnologia in maniera così esasperata? Vuol dire che siamo andati a cogliere con la telecamera e la tecnologia aspetti assolutamente normali, ordinari, che fanno semplicemente parte dello scorrere degli eventi di una partita di calcio, così come un dribbling, un allungo, un passaggio, un tiro in porta dentro o fuori.
Non si può rovistare maniacalmente dentro questa roba qui Non si può passare la partita continuamente a una TAC istantanea o quasi, andando a individuare dei semplici nei o banalissimi lividi e drammatizzando ogni secondo del match. Semplicemente perché non è più calcio. Se vogliamo che rimanga tale, bisogna solo evitarne le clamorose contraddizioni che la tv ovviamente ti scarica in salotto, ma per il resto dobbiamo accettarlo con i suoi piccoli difetti e imperfezioni, che fanno pure parte del gioco. Senza pensare di poter aggiustare e levigare tutto per una perfezione inesistente. E che nemmeno nessuno pretende. Insomma non si può accettare che la ragione ci prenda la mano.
Fabrizio Bocca (Bloooog.it)