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Vari

Quel “5” che potrà cambiare tutto… In attesa di Kostornaia e Trusova…

Da Sport Senators 24/04/2018

Nuove regole e nuovi protagonisti per la prossima stagione, mentre spuntano due nuove stelle. Che per ora non hanno l’età!

Ghiaccio bollente nel futuro del pattinaggio artistico? I segnali non arrivano da Milano, sede dei recenti Mondiali, ma da altri posti e da altri atleti. E che ci sia stata una lunga serie di record personali al Forum di Assago non deve ingannare, questi sono dovuti soltanto alla generosità dei giudici, scatenati nel regalare valutazioni che nella grandissima maggioranza dei casi non avevano alcuna base realistica. Se si confrontano le prestazioni dei Mondiali con quelle dell’Olimpiade in Sud Corea è davvero difficile capire come sia possibile che i punteggi di Milano siano superiori a quelli di Pyeongchang, esclusi ovviamente i casi di singole prove disastrose, come nell’individuale maschile mondiale. E’ purtroppo una “deviazione” che falsa il significato tecnico non tanto di questi Mondiali ma dei valori assoluti storici. E’ ridicolo dire che questa o quella prestazione sono la terza o quarta della storia perché la realtà tecnica è diversa. Tanto per fare un esempio, la più grande pattinatrice di sempre (in attesa che le russe Medvedeva e Zagitova confermino in tutta la carriera le loro potenzialità di sorpasso), la sudcoreana Kim Yuna, nel programma corto ha un personale di 78,50 punti, ottenuto nel 2010.
    A Milano, nel corto, Carolina Kostner ha ottenuto 80,27, risultando così, da un punto di vista strettamente matematico, la terza di sempre dopo Zagitova (82,92) e Medvedeva (81,61). In teoria, ha fatto meglio di Kim Yuna. In realtà, basterebbe andare a riguardare i due programmi in questione per accorgersi che nemmeno possono essere comparati, sia per difficoltà tecniche, sia per contenuti artistici, a tutto vantaggio di Kim Yuna. La comparazione fra la sudcoreana e le due russe è meno traumatica, perché il livello delle loro prove record è simile, ma con evidente svantaggio di Kim nella parte artistica: delle 45 valutazioni complessive (5 voci per 9 giudici), prende solo 3 voti superiori al 9 (tutti e tre 9,25) e addirittura 4 voti sotto l’8! E nemmeno si può dire che sia ridicolo perché è la “gestione storica” dei giudici sotto accusa. Fino a un certo momento, all’incirca fino al 2012-13, i giudici sono di manica stretta soprattutto nella parte artistica, poi si allargano a dismisura dal 2014 in poi, fino ad arrivare agli spropositi attuali.
    Si può inoltre aggiungere che più di una volta i regolamenti sono cambiati e hanno comportato valutazioni diverse, in particolar modo nella danza, in cui gli attuali punteggi sono “drogati” dalle variazioni apportate all’inizio della scorsa stagione, e nelle coppie, in cui l’anno prima è permesso il sollevamento di gruppo 5 (il massimo) nel programma corto e l’anno dopo è consentito solo quello di gruppo 3 nel programma corto, con automatica diminuzione di punti, e via così con una serie di cambiamenti che non finiscono mai. A tutto questo si aggiunga la variabile più influente: la manica larga o stretta, a seconda dei giudici, del grado di esecuzione nella parte tecnica e del giudizio sulle singole voci nella parte artistica. Perciò, il discorso sulle “classifiche ogni tempo” non ha valore reale e contribuisce a creare una falsa prospettiva dell’evoluzione del pattinaggio artistico.
L’EVOLUZIONE “TRUSOVA”
E allora, se si deve parlare di autentica evoluzione il riferimento è alle componenti “fisse e precise”, vale a dire i salti. A prescindere dal giudizio se siano effettuati bene o no, è qui che c’è un aumento della difficoltà e quindi del valore base del salto. Fra gli uomini ormai la corsa è a chi fa più quadrupli nel programma, con il record fissato da Nathan Chen (statunitense con genitori cinesi emigrati negli Usa nel 1988) a Pyeongchang, addirittura 6 nel programma libero, e poi confermato ai Mondiali di Milano. Torniamo fra breve su lui, ma per il momento è più interessante passare al campo femminile perché è qui che il 2018 si presenta come uno spartiacque storico. Fra gli uomini, il primo quadruplo risale al 1988, un Toe loop eseguito dal canadese Kurt Browning ai Mondiali. Poi è diventato “normale”. Fra le donne, fino a all’inizio di quest’anno, era stato eseguito solo una volta, un Salchow, dalla giapponese Miki Ando nel 2002, quando era ancora junior. E proprio ai Mondiali junior 2018 è arrivata la svolta. La russa Alexandra Trusova, 13 anni e mezzo, ha vinto il titolo eseguendo addirittura due quadrupli nel programma libero, un Salchow, come quello della Ando, e subito dopo un Toe loop, prima volta assoluta. La conseguenza più evidente è nel punteggio tecnico del libero: 92,35! Il record assoluto (pur con tutte le riserve di cui ho parlato prima) è di 82,92 della Zagitova a Pyeongchang, seguita dalla Medvedeva, stessa gara, con 81,06. Quindi, quasi 10 punti oltre il massimo mai realizzato. E non stiamo parlando del punteggio artistico, dove pesano di più gli “incrementi” eccessivi delle valutazioni dei giudici, ma di quello tecnico, dove ci sono riscontri più obbiettivi. Anche volendo limitare l’influenza del “grado di esecuzione” (comunque non sbilanciato se si pensa che ha avuto “3”, il massimo, solo in 15 delle 99 voci totali), il punteggio tecnico della Trusova è spaventoso. Il totale è di 153,49, altissimo anche questo, ma “frenato” dal 61,14 nella parte dei Components, comprensibile perché una 13enne sconta l’immaturità nell’interpretazione e nelle qualità artistiche in generale, tanto che il voto più alto in questa parte di giudizi è stato di 8,25, a fronte dei punteggi dal 9 al 10 di Medvedeva e oltre il 9 di Zagitova all’Olimpiade. Comunque, il totale generale della Trusova è di 225,52, in teoria quarta all’Olimpiade e prima ai Mondiali, ai quali non ha potuto partecipare perché troppo giovane: il limite minimo è di 15 anni.
LA NUOVA ONDA
E ai Mondiali a Milano non poteva esserci nemmeno Alena Kostornaia, 14 anni e mezzo, arrivata seconda in quelli junior dietro la Trusova, con un punteggio notevole di 207,39, frutto di 73,65 nel tecnico e 62,11 nei components nel programma libero, un punto più della Trusova. E il loro punteggio tecnico nel corto è altrettanto importante: 42,49 la Trusova (sarebbe stato il terzo nel corto a Pyeongchang), 41,54 la Kostornaia (il quinto nel corto a Pyeingchang). La Kostornaia potrà partecipare alle gare senior dalla prossima stagione, la Trusova dovrà aspettare la successiva, quindi per lei il primo appuntamento mondiale, se resta a questi livelli, sarà nel 2020. In generale, dalla Russia sta arrivando una nuova ondata di pattinatrici che, a cominciare dalla Trusova, possono segnare sì il dominio della scuola russa, ma, aspetto più importante, una nuova era nel settore femminile. Senza dimenticare che la Zagitova ha appena 15 anni, più piccola addirittura della terza russa ai Mondiali junior di quest’anno, Stanislava Konstantinova, 17 anni, che ha poi partecipato ai Mondiali senior a Milano, senza brillare.
    Certo, qualcuna si perderà a causa di trasformazione fisica, come la Lipnitskaya, o di infortuni, come la Sotnikova, o di usura, come la Tuktamysheva, o di fragilità mentale, come la Pogorilaya, o di limiti tecnici, come la Radionova, ma la portata totale di questo movimento resta fenomenale e comporta un progresso tecnico che può arrivare all’esasperazione. Ha cominciato la Zagitova spostando tutti e 7 gli elementi di salto nella seconda parte del programma libero, contando così su un punteggio maggiorato del 10 per cento. Sta proseguendo la Trusova con l’inserimento dei quadrupli e l’ipotesi di ulteriori innovazioni, che dipenderanno anche dalle caratteristiche fisiche delle pattinatrici. La Trusova non mostra un fisico tale da tentare il triplo Axel, che peraltro non le servirebbe, visto che con due quadrupli nel programma prende un vantaggio incredibile, ma ci possono essere altre pattinatrici in grado di eseguirlo, soprattutto nel programma corto, in cui rappresenta un vantaggio, in termini di punteggio, superiore a quello che si avrebbe nel libero. Inoltre, il cambio della scala di valutazione del grado di esecuzione previsto nel nuovo regolamento potrebbe dare un’ulteriore spinta alla ricerca di performance tecniche. Finora l’esecuzione degli elementi era valutata con punteggio da meno 3 a più 3, includendo lo 0, quindi 7 possibili valutazioni. Adesso diventeranno 11, si partirà da meno 5 per arrivare a più 5. Un minor numero di valutazioni “appiattisce” la differenze tecniche, si può quindi verificare che un elemento eseguito molto bene venga giudicato col massimo, il 3, ma se poi arriva chi lo esegue in modo eccezionale il massimo resta sempre 3 e la differenza fra le due esecuzioni, chiaramente visibile, non risulta poi tale nel punteggio.
    E gli esempi concreti non mancano, soprattutto quando si tratta di giudicare trottole e layback, giudicati finora con il 3 anche quando c’erano differenze notevoli di velocità e di postura. Con il massimo (e il minimo) a 5 sarà possibile premiare maggiormente chi effettua prove più difficili, il che non significa risolvere i problemi che ancora ci sono, ma almeno è un passo avanti nel riconoscimento dei valori tecnici. E tutto questo, in teoria, dovrebbe costituire un’ulteriore spinta all’evoluzione avviata dalle russe fra le donne e da Yuzuru Hanyu e Nathan Chen fra gli uomini.
QUADRUPLI SENZA FINE
Il cambio di regolamento previsto dalla prossima stagione comprende anche la diminuzione dei salti nel libero maschile, dagli attuali 8 a 7 (le donne sono già a 7), il che comporta una maggiore incidenza dei salti quadrupli sulla prova totale e quindi apre nuovi scenari, col giapponese Hanyu che deve cominciare a preoccuparsi per le performance dello statunitense Chen. In realtà, avrebbe dovuto preoccuparsi anche se i salti fossero rimasti 8, perché Nathan Chen, che ha 5 anni meno di lui (18 contro 23), mostra maggior freschezza fisica e un potenziale enorme sui salti. A questo punto, il limite si sposta ai 7 quadrupli, il che significa che si deve tentare di arrivare al mitico quadruplo Axel. Un traguardo impossibile? Non direi. Credo che ci possano arrivare entrambi, magari ci riuscirà Nathan Chen per primo, perché ha mostrato una dose di coraggio e “incoscienza” che può essere decisiva nell’attacco a questo limite, e Hanyu a quel punto sarà costretto a tentarlo anche lui per non compromettere le possibilità di vittoria. Ma anche nell’ipotesi che l’Axel rimanga triplo è chiaro che gli uomini sono pure loro a un bivio storico, quello che porta ai 6 salti quadrupli obbligati per tutti se si vuole sperare nell’oro o addirittura solo nel podio. In questo senso, appare incomprensibile la riduzione degli elementi di salto da 8 a 7. Lo spirito del cambiamento è quello di ridurre il tempo di gara (riduzione di salti prevista anche per le coppie), ma questa novità arriva proprio nel momento in cui gli uomini stanno spingendo le prestazioni verso limiti giudicati incredibili e non fa altro che “frenare” questo progresso perché mette una barriera che alla fine provocherà l’appiattimento delle prestazioni, sia pure in alto.
    Quando tutti i migliori riusciranno a fare 5 o 6 quadrupli, le differenze tecniche saranno minime e tutto probabilmente si deciderà con i components, che sono comunque importanti ma sono soggetti ai capricci delle giurie e, per quanto riguarda gli uomini, non hanno quell’impatto artistico che caratterizza invece le prove femminili. Insomma, va bene il lato artistico, ma se gli uomini sono in grado di caratterizzare “atleticamente” la gara (e non parlo di pura potenza, tant’è che Hanyu e Chen hanno una struttura fisica non “muscolarmente ridondante”) non si capisce perché la loro classifica debba poi essere penalizzata a causa di valutazioni decisive sulla parte meno importante e spettacolare della loro prova.
COPPIE MOSTRUOSE
Per le altre due gare del pattinaggio artistico il futuro potrebbe apparire più semplice, perché non ci sono stravolgimenti regolamentari, a parte minime cose nelle coppie, e perché non si intravedono novità artistiche e tecniche che abbiano forte impatto sulla prestazione. Nelle coppie, purtroppo, si va avanti con una caratteristica che svilisce il contenuto artistico, vale a dire l’accostamento “mostruoso” di uomini giganti e donne minuscole, coppie create apposta in questo modo per sfruttare al massimo sollevamenti e lanci, col risultato di avere miseri elementi di salto, con l’uomo che traballa e fa tirare sospiri di sollievo ogni volta che riesce a rimanere in piedi dopo un triplo. L’unica coppia di alto livello che esce da questo schema è quella cinese Sui Wenjing-Han Cong, non presente a Milano dopo la delusione dell’Olimpiade coreana, con due atleti fisicamente “normali”, con differenza minima di altezza e con peso corporeo proporzionato, capace di eseguire perfettamente il quadruplo twist, frutto di tecnica e di tempismo, non di forza brutta dell’uomo che lancia in orbita la minuscola compagna! Ma è una coppia che in questa stagione è stata fortemente penalizzata dalle giurie, a tutto vantaggio dei “tedeschi” Aljona Savchenko (ucraina) e Bruno Massot (francese che ha preso il passaporto tedesco appena in tempo per la gara olimpica), spinti dalle giurie oltre ogni limite. E se è vero che il loro programma libero, a Pyeongchang come a Milano, è stato molto bello, è anche vero che, in Corea, hanno fallito il corto e hanno vinto l’oro solo perché i cinesi sono stati massacrati nel libero, e che a Milano hanno avuto voti esagerati da una giuria che, non essendoci avversari di pari livello, si è scatenata per assegnare loro un record mondiale di punteggio degno di coppie di ben altro livello tecnico e artistico.
    Tanto per andare sul concreto, due coppie russe: la grandissima Irina Rodnina in coppia con Aleksandr Zaicev, che si è fermata a 10 ori mondiali (e suona come una bestemmia che la Savchenko l’abbia superata, con 11), e quella che per me resta la coppia più forte di sempre, Ekaterina Gordeeva e Sergei Grinkov, moglie e marito, 4 titoli mondiali e 2 olimpici, lui scomparso nel 1995 per un infarto. E’ vero che i sistemi di punteggio erano diversi, ma quello che voglio dire è che certi paragoni sono assurdi. Tornando al presente, la sensazione è che si vada ancora sulla strada del “circo” con coppie della serie “il gigante e la bambina”, magari buone per qualche numero che abbaglia, ma dal ridotto significato sportivo.
DANZA SPETTACOLO
Concludiamo con la danza, che potrebbe diventare “noiosa” per un po’ di anni. Infatti, con il prevedibile ritiro definitivo dei canadesi Tessa Virtue e Scott Moir, il campo resta aperto per i francesi Gabriella Papadakis e Guillaume Cizeron, né si può intuire chissà quale sviluppo tecnico-artistico dei programmi, non che siano di basso livello, semplicemente non si scorgono grandi “invenzioni”. Lo stesso programma di Papadakis-Cizeron, perfetto ed elegante, a parte alcuni difficili e molto belli sollevamenti, non produce spettacolo scintillante. Tanto per capirsi, i sollevamenti di Virtue-Moir sono geniali, tecnicamente del massimo livello e spettacolari allo stesso tempo. E per andare a qualche esempio del passato, l’impatto emotivo dei fratelli francesi Isabelle e Paul Duchesnay o dei russi Maya Usova (la più grande di sempre) e Aleksandr Zhulin dava sensazioni ben più consistenti. Forse, una coppia che in questi ultimi anni avrebbe potuto regalare qualche brivido di questo genere era quella russa formata da Elena Ilinykh e Nikita Katsalapov, penalizzata da un errore banale nel corto ai Mondiali 2014 senza il quale avrebbe stravinto l’oro, ma sfortunatamente si è rotta proprio dopo quella gara e ha lasciato il dubbio su cosa avrebbe potuto rappresentare nella danza. Ad ogni modo, non ci sono in questo momento coppie che possano infastidire Papadakis-Cizeron e probabilmente non ci saranno fino alla prossima Olimpiade.
    A Milano, comunque, si sono confermati di alto livello gli statunitensi Madison Hubbell e Zachary Donohue, con l’argento dietro i francesi. Parlo di conferma perché ai Mondiali 2017 a Helsinki buttarono al vento il bronzo per un banalissimo errore nel programma libero, ma già allora mostrarono di essere di livello superiore agli altri statunitensi Maia e Alex Shibutani e nonostante a Pyeongchang siano arrivati quarti, alle loro spalle, stanno mostrando miglior tecnica e classe. Ci sarebbe spazio per qualche nuova coppia nei prossimi anni e qui potrebbero anche inserirsi gli azzurri Charlene Guignard e Marco Fabbri che comunque, a mio parere, sono stati penalizzati in maniera consistente dalle giurie.
    Purtroppo, soprattutto nella danza, le giurie riconoscono meriti “per fama”, vale a dire che una coppia nuova deve passare attraverso le forche caudine dei voti bassi, poi medi, poi medio-alti per arrivare infine a quelli alti. Puoi anche mostrare qualità tecniche e artistiche di rilievo, puoi presentare un programma bellissimo, ma il percorso è obbligato, una gara dopo l’altra, poco alla volta, fino a quando i giudici magnanimamente decidono di assegnarti un voto più alto che avresti meritato da almeno un paio di anni. E, allo stesso tempo, coppie “più conosciute” vivono di rendita. Il discorso è delicato, ma davvero non si capisce perché Guignard-Fabbri siano stati ingiustamente penalizzati (a parte pochissime occasioni in cui c’è stato qualche loro errore, come a Pyeongchang nel corto) e non siano stati loro riconosciuti meriti evidenti.
DANZA POLEMICA
Ma non è un discorso campanilistico perché, allo stesso tempo, i giudici sono stati fin troppo generosi con l’altra coppia italiana, Anna Cappellini e Luca Lanotte. In proposito, è stata del tutto fuori luogo la polemica sollevata dall’allenatrice Paola Mezzadri ai Mondiali di Milano, in cui sono stati preceduti di 27 centesimi dai canadesi Kaitlyn Weaver e Andrew Pojie nella corsa per il bronzo. La Mezzadri ha detto: “Perdere per 27 centesimi è un insulto ma questo accade perché ci sono federazioni che hanno molto potere e altre meno. Sono anni che non abbiamo un giudice italiano nella danza a livello internazionale e questo credo sia sufficiente per capire quello che accade nella danza”. E allora, se vogliamo davvero capire quello che accade nella danza dobbiamo ricordare che ai Mondiali del 2014, in Giappone, Cappellini e Lanotte hanno vinto l’oro con soli 2 (diconsi DUE) centesimi di vantaggio proprio su Weaver-Pojie, argento, e soli 6 (diconsi SEI) centesimi di vantaggio sui francesi Pechalat-Bourziat, bronzo. Se per 27 centesimi si parla di insulto, di cosa si dovrebbe parlare con differenze di 2 e 6 centesimi? E se c’è questa congiura internazionale a vantaggio delle altre nazioni, com’è possibile che l’Italia, senza giudici in giuria, abbia potuto vincere addirittura l’oro, mica il bronzo, a Saitama 2014?
     Il punto è che Cappellini e Lanotte, dopo quell’oro, hanno sempre contestato i giudici, in ogni gara, dicendo di essere penalizzati. Addirittura, a Pyeongchang, dopo il programma corto, hanno dichiarato ai giornalisti di voler andare a chiedere spiegazioni ai giudici per il punteggio da loro ritenuto basso. E alla vigilia del programma libero hanno detto, di nuovo ai giornalisti, che avevano parlato con i giudici, che c’era stato un chiarimento e avevano avuto rassicurazioni sul metro di giudizio. Tant’è che nel libero hanno avuto punteggi più alti, insufficienti comunque ad andare sul podio. Ora, vorrei chiedere: avete mai visto una competizione, di uno sport qualsiasi, in cui i giudici accettano di parlare con gli atleti a proposito del metro di giudizio mentre la gara è in corso? Fra il corto e il libero, anche se c’è un intervallo di una giornata o di due, quello che volete, i giudici non dovrebbero parlare con alcun atleta o allenatore, con nessuno. E nessun atleta o allenatore o dirigente dovrebbe chiedere di parlare con i giudici. Eppure, i giudici si mettono a parlare con Cappellini e Lanotte. E meno male che c’è un complotto contro l’Italia.
   Ma allora, se davvero si vuole parlare di giurie e di punteggi, si deve dire, con la massima chiarezza possibile, che il programma di Cappellini-Lanotte non è fra i migliori, che i loro sollevamenti sono i più facili e banali di tutte le altre coppie di vertice e anche non di vertice, senza una pur minima variazione della posizione della donna durante il sollevamento, che sia rotatorio o no, che la coreografia è la più semplice e povera fra tutte quelle delle coppie di vertice e, infine, che Guignard e Fabbri hanno più fantasia di loro e che il loro programma è più bello e coinvolgente. E questa non è solo la mia opinione, ma anche di tanti addetti ai lavori. Ovviamente, l’allenatrice Mezzadri, Cappellini e Lanotte hanno tutto il diritto di sostenere che quanto ho scritto è sbagliato, nessun problema, io invito semplicemente chiunque voglia farsi un’idea della situazione a rivedere i sollevamenti di tutte le coppie del programma libero di danza dei Mondiali, o dell’Olimpiade, e poi a esprimere un suo giudizio.
Gennaro Bozza
Tags: pattinaggio sul ghiaccio, Quel "5" che potrà cambiare tutto… In attesa di Kostornaia e Trusova…

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Nota sull’autore: Sport Senators

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