Novak Djokovic si lecca le ferite dopo il ko-maratona contro terremoto-Karatsev sul campo che porta il suo nome nella sua Belgrado e Rafa Nadal trema al pensiero di una sconfitta nella finale contro Stefanos Tsitsipas nella sua amata Barcellona, anche lui sul campo a lui intitolato. Parliamo di campioni e quindi di guerrieri orgogliosi di esprimersi davanti alla propria gente, che poi vuol dire parenti, amici, persone che li seguono da sempre e che spesso non frequentano perché sono sballottolati da anni nei tornei in giro per il mondo.
Quanto segnerà la sconfitta di Belgrado sullo spirito delicato e complesso del campione di gomma serbo nell’anno in cui tenta di sgambettare Nadal nel suo regno del Roland Garros e prendersi quel Grande Slam che lo imporrebbe nella storia come il più grande, sorpassando in un colpo solo gli odiati rivali “Roger & Rafa”? Quanto potrebbe influire su Nadal la sconfitta di oggi sotto il traguardo di Barcellona da parte di Tsitsipas l’emergente, il più brillante e il più concreto degli emuli di Federer, sulla strada del quattordicesimo urrà al Roland Garros e del sorpasso al solito Roger a quota 21 Slam?
Il volto del Maciste di Maiorca, con quell’insolito barbone incolto, gli occhi spiritati, i capelli arruffati, gli strani soliloqui, i gesti secchi verso la tribuna durante e dopo le partite, gli energici e ripetuti e sconfortanti scuotimenti di testa denunciano tutti che nell’anima di Rafa si agita una tempesta impetuosa e incontrollabile.
L’uomo forte ha forti dubbi su se stesso: non riesce a rimettere in sesto i due colpi che più ha migliorato, rovescio e servizio, e si vede falloso, si sente vulnerabile, si aggrappa più che mai al suo istinto guerresco e alla ferrea difesa. Chissà se ha chiesto aiuto a zio Toni, strappandolo per qualche ora all’Academy di Maiorca e al capezzale del nuovo allievo, Felix Auger Aliassime.
Chissà quante ore extra di allenamento sta sostenendo dalla settimana scorsa a Montecarlo, quand’è stato dominato a tratti da Rocky-Rublev, e poi in questi giorni in cui ha stentato contro il qualificato Iluya Ivashka, dopo aver perso il primo set, contro il redivivo Kei Nishikori, dopo aver ceduto il secondo set e aver stentato drasticamente all’inizio del terzo, e dopo aver superato il mancino da veloce Cameron Norrie, trovando ancora modo di affrontare qualche insolita difficoltà.
Al punto tale che, mentre si dirigeva a rete a stringere la mano a rete all’inglese ha chiaramente invitato il suo staff ad organizzargli subito un campo per rivedere tutti i colpi e le situazioni che non avevano funzionato. Nè è apparso poi così soddisfatto dopo aver piegato Pablo Carreno Busta in semifinale, ben captando, al di là del bugiardo punteggio di 6-3 6-2, che i margini di crescita sono ancora molto larghi ed evidenti.
Altre volte, infatti, Rafa ha cominciato lentamente la stagione sulla sua prediletta terra rossa per poi trasformarla in oro con l’ennesimo trionfo di Parigi. Ma mai aveva fatto tanta fatica per strappare un singolo “15”, mai era apparso tanto battibile davanti ai colpi degli avversari, mai aveva dato una così netta sensazione di vulnerabilità. Mai, soprattutto, aveva trovato davanti a sé un fronte così vasto di avversari capaci di metterlo in difficoltà e, quindi, di batterlo.
Ecco quindi che il confronto con Tsitsipas ha una valenza ancor maggiore nel percorso verso il Roland Garros: il 22enne greco è il più concreto della NextGen, è in fiducia perché ha vinto Acapulco, s’è distratto nella semifinale di Miami quand’era avanti un set e un break contro Hurkacs, ha vinto Montecarlo e sta dominando Barcellona coi successi netti contro Munar, De Minaur, Aliassime e Sinner, sfoderando un gioco efficace, senza fronzoli, con tanto servizio e tante scelte giuste anche verso la rete.
Del resto il numero 5 del mondo, acculturato e curioso figlio di Atene, è uno degli avversari che ha sempre mostrato tanto, sincero, rispetto per il numero 3, che è di Maiorca, ma potrebbe rappresentare legittimamente l’antica Sparta per il suo animo guerriero.
Stefanos, però, non ha mai negato amore ed ammirazione profonda per il gioco e la persona di Roger Federer, il rivale classico di Rafa. E, dopo aver sempre fronteggiato Rafa a viso aperto, individuandolo come il test supremo per conoscere il limite della fatica, l’ha finalmente sconfitto a gennaio proprio trasformando in una prodigiosa rimonta il 3-6 2-6 iniziale, aggiungendoci tre indimenticabili set a suo favore: 7-6 6-4 7-5.
Proprio quella semifinale, una battaglia di quattro ore contro l’avversario che “è bravissimo nel far giocare male gli avversari” ha messo le ali ai piedi a Stefanos moltiplicando la fiducia nelle sue possibilità e, di conseguenza, nel lavoro svolto e nella dedizione nell’allenamento per migliorarsi ancora.
Psicologicamente, con quella vittoria, due anni dopo la batosta rimediata da Rafa nelle semifinali sempre di Melbourne (6-2 6-4 6-0), Tsitsipas ha chiuso un circolo di negatività che aveva sviluppato nei confronti dello spagnolo dopo averci perso tante altre volte e sempre con punteggi vicini, disperdendo evidenti occasioni perché aveva sempre pagato a caro prezzo piccoli cali di intensità. Malgrado a Madrid 2019 gli avesse tolto un set, come anche alle ATP Finals sempre 2019 e 2020. Sempre schiumando rabbia e frustrazione.
Adesso, a Barcellona, Tsitsipas chiede un altro lasciapassare a Rafa, verso quella dimensione-tornei dello Slam cui ambisce autorevolmente fra i talenti della Next Gen messi in mostra alle Finals di Milano. Se infatti Daniil Medvedev ha già giocato due finali Majors agli Us Open 2019 e agli Australian Open di quest’anno, Stefanos aspira a quella di Parigi del 13 giugno.
Ma per prendere ancor più fiducia deve cominciare ad abbattere il totem Rafa sul rosso nei tornei preparatori di quel traguardo. Per cui, se oggi come oggi Atene sembra più sicura di Sparta, ha l’obbligo ancor più tassativo di dimostrare sul campo di essere anche più forte. Contro qualcuno che è così grande da ospitarlo sul campo a lui intitolato. Re Rafa I della terra rossa.
*articolo e foto riprese da www.supertennis.tv