Grande, grandissimo, unico nel riscrivere – 77 anni dopo – la storia del tennis brit firmando due ori olimpici, Wimbledon, US Open e Masters, e riportando un suddito di Sua Maestà al numero 1 del mondo. Fantastico difensore, meraviglioso rovescio a due mani, formidabile risposta e gioco da fondocampo, riformulato da coach Ivan Lendl con un nuovo dritto e più propensione a rete, Andy Murray sarà ricordato come un grande tennista, ma ancor di più come un vero uomo. Dentro e fuori dal campo. Per come, per pura passione, è tornato alle gare dopo la sostituzione dell’anca nel 2019 e s’è preso altre soddisfazioni, e per come, ha sempre detto la sua smascherando i colleghi e caratterizzandosi come uno dei pochi atleti di spicco, in assoluto, ad aprirsi alle problematiche sociali.
VIALE DEL TRAMONTO
“Probabilmente non mi resta molto tempo, ma farò del mio meglio in questi ultimi mesi. Amo ancora competere e amo ancora il gioco, ma diventa sempre più difficile competere man mano che si invecchia, per mantenere il corpo in forma e fresco”.
Davanti a queste parole, qualcuno dirà che è facile parlare spassionatamente quando sei ormai praticamente fuori dai giochi, con una carriera che a fine stagione molto probabilmente si concluderà ufficialmente. Ma Sir Andy s’è sempre distinto nettamente, sin da quella bandiera scozzese che ha sempre sbandierato con discrezione ma anche orgoglio.
L’ULTIMA CROCIATA
L’ipocrisia, ancor più dei colleghi, ha sempre stimolato Murray davanti ai microfoni. E l’ultima sparata fa il rumore della prima: “I giocatori si lamentano del calendario ma per due soldi volano per le esibizioni. Cosa cambierei nel tennis se mai fossi una sorta di commissioner? Il calendario. Accorcerei la durata delle gare, per avere una off-season più lunga. Potrebbero servire delle restrizioni sulle esibizioni: a volte i giocatori siano un po’ ipocriti rispetto alla programmazione annuale, è un parlare continuo sul calendario troppo lungo, ma poi volano in tutto il mondo nella off-season e non solo per fare esibizioni, e questa è una loro scelta. A me sembra semplicemente una scelta ipocrita: le esibizioni non sono obbligatorie, così come non lo sono tutti i tornei dell’ATP Tour. Possono per esempio decidere di saltare Dubai o una delle prossime tappe sul cemento americano. Ne risentirebbero in classifica ma ne guadagnerebbero sotto tanti altri aspetti, a cominciare dallo stress psico-fisico e dalla qualità degli allenamenti”.
Ogni riferimento alle passerelle di marzo a Las Vegas – a ridosso del Sunshine Double, Indian Wells-Miami — con Rafael Nadal e Carlos Alcaraz e poi di ottobre in Arabia Saudita, nel mezzo dello sprint i fine anno per qualificarsi al Masters, con Nadal, Alcaraz, Djokovic, Medvedev, Sinner e Rune. Mentre è chiarissimo l’appello a un equilibrio fra le star e i secondi: “I migliori del mondo possono giocare dove guadagnano ancora un altro sacco di soldi, oltre quelli che prendono sul Tour fra premi, sponsor, inviti e tutto il resto. Mentre quelli di livello inferiore non hanno queste opportunità e chiedono più tornei”.
FEMNMINISTA
Legatissimo a mamma Judy, mamma sponsor, motivatrice e coach, Murray è stato il primo dei big nel 2014 a farsi allenare da una donna, l’ex numero 1 del mondo, la francese Amelie Mauresmo, oggi direttore del Roland Garros. Da sempre vicino alle donne e dichiaratamente femminista, è stato l’unico dei Fab Four a schierarsi apertamente per la parità di premi con le colleghe.
In una conferenza stampa del 2017, corresse il giornalista che aveva finito Sam Querrey il primo giocatore americano a raggiungere la semifinale dal 2009. “Male player”, precisò, ricordando le imprese delle sorelle Williams e meritandosi il plauso del mondo femminile, tennistico e non.
LEGALISTA
È stato l’unico dei più forti a non dimostrare mai fastidio per i controlli antidoping, anche a sorpresa, anche fuori dalle competizioni, magari nella quiete della sua vita familiare. Sostenendo che i test sono la garanzia migliore di uno sport pulito e di una serenità anche nei rapporti con i colleghi. Da sempre grande appassionato di cani, si è schierato accanto a Kevin Spacey nella campagna del WWF contro i crimini di natura, soprattutto contro il bracconaggio e il commercio illegale di specie selvatiche. E’ anche l’unico che ha ufficializzato di supportare l’Unicef nella campagna di aiuti ai bambini ucraini devolvendo tutto il prize money che riuscirà a conquistare nel 2022, dando l’ennesimo segnale di sensibilità e moralità ai compagni di spogliatoio.
Semplicemente Andy Murray, un uomo prima che un tennista. Un ego proporzionato, un eroe politically correct. Un leader amato da tutti.
tratto da Supertennis TV