Ci siamo finalmente, Wimbledon è alle porte. Come sempre, i verdi prati di Church Road catalizzeranno l’attenzione del mondo del tennis e dello sport in generale. Sarà un torneo senza russi e bielorussi per la discutibile decisione del board del torneo a seguito del conflitto con l’Ucraina e senza punti ATP in palio per la dura risposta di Gaudenzi e soci dell’ATP. In ogni caso, è sempre Wimbledon, l’appuntamento più sentito della stagione. Vale allora la pena voltarsi indietro a riguardare i migliori risultati degli azzurri, prima che Matteo Berrettini scrivesse la storia con la fantastica finale raggiunta l’anno scorso, unico italiano in 144 anni dei Championships. A partire dal passato più o meno remoto, quello di Nicola Pietrangeli, prima di Berrettini unico italiano a raggiugere la semifinale, persa solo 6-4 al quinto contro il mitico Rod Laver – che poi però quell’anno, 1960, perse da Fraser – e di Adriano Panatta, che centrò i quarti di finale mancando una grande occasione nel 1979 contro l’americano Pat Dupre (3-6 6-4 6-7 6-4 6-3). “Era un giocatore molto meno scarso di quanto si dica”, sostiene non a torto l’Adriano nazionale, ma quel match lo doveva vincere lo stesso!
Per poi arrivare al 1987 di Paolo Canè, che al secondo turno costrinse nientemeno che Ivan Lendl n.1 del mondo al quinto set (3-6 7-6 6-7 7-5 6-1), e al 1998 di Davide Sanguinetti ai quarti di finale, fermato dall’olandese Richard Krajicek, che due anni prima aveva stupito il mondo eliminando il dominatore di Wimbledon, Pete Sampras (che vinse le tre edizioni prima e le quattro dopo, dal 1993 al 2000). Nel palmares erbivoro di Sanguinetti anche una notevole semifinale al Queen’s nel 2000, persa proprio contro Sampras. Dopo di lui, alla veneranda età di 35 anni, Gianluca Pozzi raggiunse gli ottavi nel 2000, dove perse in quattro set da Byron Black (ma sfiorò il vantaggio di due set prima di perdere il tie-break del secondo 7-5. Impossibile non ricordare l’entusiasmo del grande Scriba Gianni Clerici: “E vai Pozzillo!”).
Poi, saltando avanti di ben tredici anni, arrivò la bellissima cavalcata di Andreas Seppi nel 2013, quando uno dei migliori erbivori azzurri – il primo ad aggiudicarsi un titolo ATP sul verde – riuscì a raggiungere gli ottavi di finale, persi in tre set (6-4 7-6(2) 6-3) contro un grande Del Potro (che si fermò solo al quinto set in semifinale contro Novak Djokovic). Quell’anno Seppi superò uno dopo l’altro Istomin, Llodra e il n.12 del mondo Nishikori, ma se contro il francese approfittò del ritiro dell’avversario dopo aver vinto il primo set 7-5, sia contro l’uzbeko sia contro il giapponese giocò cinque set tiratissimi. Contro Istomin la maratona finì 8-6 al quinto (6-7(2) 6-4 3-6 6-3 8-6) e contro Nishikori Andreas fu davvero grande a rimontare da due set a uno dopo aver perso il tie-break del terzo (3-6 6-2 6-7(4) 6-1 6-4). Già aveva fatto molto sui prati, vincendo il titolo di Eastbourne nel 2011, in finale su un ostico Tisparevic, che si ritirò al terzo set sul punteggio di 7-6 3-6 5-3 per l’azzurro. Altra perla di Seppi la finale ad Halle 2015 persa contro Sua Maestà Roger Federer per 7-6 6-4. Nel 2012, poi, sfiorò la difesa del titolo di Eastbourne, perdendo solo in finale da Andy Roddick (6-3 6-2), uno che se non avesse trovato sulla sua strada Roger Federer avrebbe almeno un trofeo di Wimbledon in bacheca.
Già, Andy Roddick, un grandissimo giocatore e specialista dell’erba, che però una volta stava per inciampare contro un altro azzurro, quel Daniele Bracciali, specialista di doppio, che nel 2005 al secondo turno, da n.120 del mondo sfiorò l’impresa sensazionale contro l’allora n.4 ATP e testa di serie n.2 a Wimbledon. Quel pomeriggio di secondo turno, il Centrale vedeva l’americano avanti due set a zero e nessuno poteva aspettarsi che l’aretino dal gran servizio rimontasse con un tie-break vincente nel terzo set, convincendo lo statunitense ad abbandonare il campo di sua volontà malgrado le proteste dell’italiano. Andy disse che non ci vedeva ma sugli altri campi si continuò a giocare e tutti si convinsero che il favorito fosse talmente in difficoltà da decidere di evitarsi un clamoroso ko. Il giorno dopo, Bracciali conquistò il quarto set, ma poi crollò. Per inciso, quell’anno Roddick arrivò in finale, sconfitto solo da Roger Federer, tanto per dare l’idea di chi stava per battere Bracciali. Un’impresa solo sfiorata, ma le emozioni quel giorno, specie perché del tutto inattese, furono talmente grandi nel cuore di appassionati e addetti ai lavori che valeva la pena chiedere di persona a Braccio un suo ricordo personale e una sua opinione sulla crescita degli azzurri su questa superficie.
Daniele Bracciali, dopo tanti anni com’è il ricordo di quel match? È più forte il rimpianto di non aver vinto o l’orgoglio di aver fatto comunque qualcosa di grande?
“Tutti e due, la gente si ricorda di me da giocatore per quella partita, è quel match che mi fa rimanere nelle menti degli appassionati e quindi averlo perso mi brucia ancora tanto, però c’è anche molto orgoglio per aver giocato sul Centrale di Wimbledon due giorni di fila alla pari contro uno che ha perso solo in finale contro Roger. Sai, quando ti ritrovi a giocare in eurovisione su campi così importanti contro avversari così forti inevitabilmente pensi ‘Speriamo di non fare brutta figura’, poi invece giocai alla grande e porterò con me il grande ricordo, quando lasciammo il campo alla fine della prima giornata lui venne un po’ fischiato mentre a me il Centre Court di Wimbledon tributò una standing ovation… Indimenticabile!”
Venendo al presente, Matteo Berrettini ha portato l’Italia in finale a Wimbledon, ma anche Sonego ha vinto ad Antalya nel 2019. È presto o si può dire che l’Italia sta diventando protagonista anche sull’erba?
“Matteo è la ciliegina sulla torta per l’erba, ma dietro ci sono molti giocatori che hanno alzato il livello su tutte le superfici, il movimento sta andando alla grande. Sonego, Sinner, Musetti, molti giocatori come non si vedeva da tempo, ma Berrettini sull’erba sta facendo qualcosa di fenomenale: non dimentichiamo che oltre alla finale a Wimbledon ha vinto due volte di fila il Queen’s,cosa capitata a pochi (nell’Era Open Murray, Roddick e Hewitt tre volte di fila, poi Becker, Connors e McEnroe, mentre prima ancora Roy Emerson – quattro volte consecutive -, Lew Hoad, Robert Falkenburg, Donald Budge, William Tilden e altri che appartengono all’elitè della storia del Grande Tennis, nda), poi altri due trofei a Stoccarda. Sull’erba le sue capacità tecniche, dritto e servizio, fanno molto male agli avversari”.
A cosa sono dovuti i grandi risultati del tennis italiano di questi ultimi anni, con tanti azzurri protagonisti e con molti margini di crescita?
“Il livello d’insegnamento è molto salito, ci sono tanti coach bravi e molta specializzazione, poi chiaramente sono nati i talenti su cui lavorare. Non dimentichiamo che Sonego era n.21 quando avevamo due top 10. È un periodo eccezionale per il tennis italiano, che ci riporta agli anni di Panatta ma forse anche meglio per la quantità di giocatori di alto livello. Sinner è giovanissimo, molti mi chiedono ‘quando arriverà’ ma non ci si rende conto che è già arrivato, alla sua età essere già entrato nei primi 10 del mondo… c’è solo da perfezionare”.
Berrettini è stato sorteggiato dall’altra parte del tabellone rispetto a Djokovic, potrebbe sfidare Tsitsipas ai quarti e Nadal in semifinale, credi che la finale sia ancora possibile? O addirittura qualcosa di più?
“Berrettini ha una buona parte di tabellone, ma chiaramente le occasioni vanno sfruttate, speriamo le sfrutti anche quest’anno, ma attenzione perché il giochino di fare le proiezioni su quarti e semifinali sulla carta va benissimo ma poi gli avversari devi batterli sul campo. Anche se giochi con giocatori dietro di te in classifica basta giocare solo un po’ al di sotto del tuo livello e sei fregato. Non bisogna sottovalutare nessuno”.
Ecco, Sinner sull’erba sta faticando molto e deve ancora vincere un match ATP (qualificazioni a parte), perché?
“Per le sue caratteristiche tecnico tattiche Jannik può dire la sua tranquillamente anche sull’erba. Poi è così giovane che ha margini di miglioramento alti. Deve fare ancora parecchia esperienza, ma l’unica pecca è il servizio, che deve migliorare perché sull’erba nei momenti difficili può darti una grossa mano. Non è detto possa fare una finale Slam perché dipende sempre da molte cose, ma anche lui può darci grandissime soddisfazioni”.
Tabellone alla mano, come vedi gli altri azzurri al via (Sonego-Fritz, Musetti-Kudla e Fognini-Griekspoor)?
“Beh, potevano avere sorteggi migliori. Sonego è certamente favorito contro Fritz ma non lo deve in alcun modo sottovalutare. L’unico che vedo sulla carta leggermente sfavorito è Musetti, perché Denis Kudla è un brutto “pesce”, Lorenzo avrebbe potuto essere più fortunato, però nel tennis ogni giornata è una cosa a parte, se si esprime al meglio ha ottime possibilità. Anche Sinner non ha avuto molta fortuna, contro Wawrinka sarà un match molto ostico. È vero che Stan ha molti più anni di lui, ma proprio per questo ha molta più esperienza e incontrarlo subito al primo turno quando uno è anche fresco non è certo l’ideale. Fognini poi sfida questo olandese che l’anno scorso ha vinto tanti Challenger, ma molto di Fognini dipende da lui, nei giorni migliori può battere chiunque ma nelle giornate storte può perdere da chiunque”.
Come vedi Rafa Nadal sull’erba?
“Per Rafa è molto più dura nelle prime giornate con i campi più veloci, nella seconda settimana con i campi più sciupati diventa molto pericoloso, poi è un “pesce” che vorresti non incontrare mai: non ti regala mai niente, ogni game te lo devi sudare, devi stare sempre concentratissimo e farlo per quattro-cinque ore non è facile”.
Pronostico secco, se devi puntare sul vincitore di Wimbledon chi sceglieresti?
“Spero lo vinca Berrettini, anche se punterei su Djokovic, però un anno anche lui dovrà pure perdere…!”.
Torniamo dunque agli italiani, e riallacciandoci alla generazione di Seppi, ci piace ricordare un azzurro di grande talento, purtroppo mai sfruttato appieno, che pur senza grandi risultati è stato uno dei migliori erbivori italiani. Stiamo parlando di Simone Bolelli, che a Wimbledon è arrivato due volte al terzo turno, ma nella seconda di queste (la prima era nel 2011 contro l’allora n.17 Richard Gasquet, 6-3 6-2 6-4), nel 2014 stava per superare il n.12 Kei Nishikori (ma era n.10 solo poche settimane prima, primo e unico giapponese della storia), perdendo 6-4 al quinto dopo essere stato avanti due set a uno (3-6 6-3 4-6 7-6(4) 6-4) e soprattutto per ben cinque volte a due punti dalla vittoria. Se lo ricordano in pochi quel grande match, perché fu disputato sul campo 8 allora non coperto dalle TV, ma venne davvero giocato magistralmente dal bolognese, che tirò da ogni posizione dritti al fulmicotone e rovesci sia coperti che tagliati. Per non parlare dei colpi vinti a rete (quasi tutti) e delle volée con cui deliziò il pubblico presente (soprattutto molti giornalisti nipponici che erano in grande maggioranza rispetto ai colleghi italiani). Simone perse perché anche Nishikori giocò una grande partita, soprattutto nei momenti in cui contava di più. Era questa la classe per Rino Tommasi, esprimersi al meglio quando è più importante farlo. Va ricordato che Bolelli non fu mai fortunato nel sorteggio di Wimbledon, affrontò sempre giocatori molto forti e fu capace di superare gente come Mano de Piedra Gonzales, Stan Wawrinka e lo specialista dell’erba Philip Kohlschreiber, a testimonianza del suo valore sui prati di Church Road.
E dopo Seppi e Bolelli, nel 2019 cambiò tutto e l’Italia cominciò a diventare protagonista dell’erba. Se Fabio Fognini raggiunse gli ottavi nel 2019 (dove strappò il primo set a Sascha Zverev, 3-6 6-2 6-2 7-6), Lorenzo Sonego alzò il trofeo sulla stranissima erba turca di Antalya, in finale su Miomir Kecmanovic, per poi centrare l’anno scorso la finale di Eastburne (sconfitto da de Minaur) e gli ottavi a Wimbledon (superò il portoghese Sousa, il colombiano Galan e l’australiano Duckworth, prima di perdere da Federer in tre set, 7-5 6-4 6-2). Quest’anno ha fatto i quarti a Stoccarda perdendo il derby con Berrettini.
E siamo arrivati proprio a lui, Matteo Berrettini, l’uomo che ha scritto la storia con la finale del 2021. Matteo ha vinto però anche due volte a Stoccarda, nel 2019 in finale su Auger-Aliassime, 6-4 7-6(11) e quest’anno sul redivivo Andy Murray in tre set (6-4 5-7 6-3) e due volte al Queen’s, l’anno scorso all’atto finale su Cameron Norrie (6-4 6-7 6-3) e quest’anno su Filip Krajinovic 7-5 6-4, senza dimenticare la semifinale del 2019 ad Halle (superato da Goffin 7-6 6-3).
Una svolta di risultati sull’erba talmente grande che non potevamo non chiederne le ragioni a un tecnico di fama indiscussa come Max Sartori.
Coach Sartori, l’erba sembrava una superficie quasi proibita per noi italiani, ma negli ultimi anni è cambiato tutto. Berrettini su tutti ma anche Sonego ha vinto nel 2019 ad Antalya. Cosa è cambiato?
“È cambiato il lavoro e l’approccio di allenatori e federazione, vengono trasmessi messaggi migliori nell’età giovanile: si fa passare l’idea che si deve giocare bene sin da piccoli su tutte le superfici. I ragazzini vengono fatti giocare subito su terra, su cemento e anche su erba. Poi crescendo, se anni fa era fondamentale vincere subito il più possibile per fare punti e andare avanti (la logica era fare arrivare i più promettenti nei primi 100, per cui ci si specializzava sul rosso e si giocava lì), oggi si accetta qualche sconfitta in più pur di far crescere gli under 16 su tutte le superfici. Investendo più tempo sul duro e sull’erba, vengono messe in moto macchine migliori sin dall’età giovanile. Se come coach ho un giocatore che serve male o risponde male, lo porto a giocare la stagione americana sul cemento. Così è costretto a lavorare sui suoi limiti… “.
Quando è partito questo cambiamento di mentalità?
“La vera svolta è arrivato con la dinastia Seppi-Bolelli-Fognini, che ha cominciato a giocare bene su tutte le superfici, prima avevamo giocatori da terra rossa con difficoltà sul veloce. Oggi l’Italia ha giocatori più forti proprio per tutto questo. Arrivando al nostro giocatore di punta, Berrettini, ha centrato la finale a Wimbledon, ma anche la semifinale a New York e i quarti a Parigi: quale esempio migliore c’è riguardo all’adattamento a tutte le superfici? Oggi abbiamo ragazzi più completi, quest’anno Matteo si è fatto male dopo l’Australia, ma lì aveva già fatto 1000 punti, così il rientro è stato più agevole. Dopo di lui, Sinner, Sonego e Musetti non rifiutano mai l’erba (a riprova del cambio di mentalità), superficie dove la strada l’ha aperta Seppi, ma Andreas è rimasto indietro sul cemento”.
Perché allora Jannik Sinner sta avendo difficoltà sull’erba?
“Il fatto che non abbia ancora vinto sul verde ci sta: ha giocato poco, è ancora in formazione, nel giro di due anni farà bene anche sull’erba. Sulle altre due superfici si esprime già molto bene”.
Con un occhio al tabellone di Wimbledon, quali sono i suoi pronostici per gli azzurri? È lecito sperare nella seconda finale per Berrettini?
“Certo che è lecito sperare nella seconda finale per Berrettini, dopo quello che ha fatto sull’erba fin qui, è alla sua portata. Poi è chiaro che la fortuna non deve mai mancare. Quest’anno sarà un Wimbledon molto particolare, con meno giocatori importanti per i noti motivi, mancheranno già due top 10 (Medvedev e Rublev, nda), ma è sempre Wimbledon!”.
E Sinner, quale obiettivo si deve porre?
“Beh ha un avversario, Wawrinka, che è un terno al lotto, può giocare benissimo come no, in ogni caso non sarà una partita facile. Per Jannik il problema non è fare un grande risultato ai Championships, ma giocare lì più partite possibili, oggi non gli cambia il risultato, ma più partite fa meglio è perché è tutta esperienza sull’erba che porta a casa”.
Gli altri azzurri come li vedi?
“Fognini incontra Griekspoor e per lui non sarà facile, dato che è all’esordio sull’erba quest’anno e che non gioca un match dal Roland Garros. Vavassori naturalmente è sfavorito contro Tiafoe, ma attenzione perché
è uno che va a rete spesso col servizio, può diventare pericoloso. Semmai potrebbe pagare l’inesperienza, visto che è all’esordio nel tabellone principale di uno Slam. Poi Musetti e Sonego affrontano due giocatori pericolosi, Fritz è fresco di erba (ha appena vinto a Eastbourne) e Kudla è un giocatore pericoloso, ma Sonego in particolare l’ho visto bene negli ultimi match sui prati”.
E le ragazze?
“Anche il movimento femminile è in salute, abbiamo due giocatrici nelle prime 30 (Camila Giorgi n.26 e Martina Trevisan n.27, nda) e quattro nelle prime 100 (Lucia Bronzetti n.72 e Jasmine Paolini n.73, nda). La Trevisan ha fatto benissimo, poi sull’erba, a parte la Giorgi da cui ci aspettiamo parecchio e la vedo bene, le altre hanno qualche chances di passare il primo turno, visto che oggi anche sul verde gli scambi non sono così brevi come in passato. Se le loro avversarie scambieranno tanto possono regalarci qualche sorpresa”.
E allora bentornato Wimbledon! Forza azzurri!