Al maschile era già successo. Altri yankee s’erano fatti strada nel tennis pro dopo aver chiuso gli studi all’università, facendo palestra nell’Ncaa. Al femminile ci ha pensato Danielle Rose Collins, 24enne di San Pietroburgo della Florida, laureata alla University of Virginia, e targata appena numero 117 del mondo, prima di siglare il suo personalissimo Sunshine Double. Perché i risultati conseguiti nell’accoppiata Indian Wells-Miami valgono come un doppio trionfo: in California, da wild card, ha superato Townsend, Keys e Zhuk e ha perso con Suarez Navarro nei quarti; in Florida, ha battuto Smitkova, Cepelova e Begu nelle qualificazioni e poi in tabellone, Vandeweghe, Vekic, Puig e Venus Williams (“Un personaggio che ho idolatrato per tutta la vita”) conquistando un posto in semifinale contro la rediviva regina del Roland Garros, Ostapenko.
L’ultima bionda sulla ribalta, racconta che da bambina non giocava a tennis perché in casa non c’erano tanti soldi, giocava ai campi pubblici di Tampa con chi trovava e faceva anche coppia con ottantenni, non poteva permettersi i tornei del circuito junior, e perciò è passata per la strada del college. Così, ci ha messo più degli altri e, due anni dopo la laurea, tre settimane dopo aver vinto il primo match Wta Tour, è in semifinale a Miami, serena, sicura, matura come poche colleghe della sua età: “Non voglio essere soltanto una giocatrice di tennis, voglio essere preparata per il mondo, non voglio dipendere solo dal tennis. Una laurea ti dà la pace della mente sapendo che non è fare o morire. Se il tennis non funziona, se avrò un infortunio, andrà comunque bene, potrò cercarmi un lavoro, un buon lavoro. Sono tranquilla, anche in questa che è la mia miglior settimana di sempre, nel tennis. Che vinca o che perda, in realtà non ho proprio niente da perdere. Devo solo fare il meglio che posso”.
La campionessa Ncaa – settima di sempre ad aggiudicarsi due volte il prestigioso titolo – aveva fatto capolino agli Us Open 2014, aveva strappato il primo tie-break a Simona Halep, per poi tornarsene al college e ai piccoli tornei Itf, senza intascare i 45mila dollari di premio. Le avrebbero fatto comodo ma automaticamente l’avrebbero privata della borsa di studio, facendola passare professionista. Un salto che Danielle non poteva ancora finanziare. Il replay del 2016 nello Slam di casa era andato anche peggio, col ko d’acchito ed appena tre games raccolti contro Rodina. A quelli dello scorso settembre c’era arrivata con maggiori credenziali, avendo vinto l’American Collegiate Invitational, ma aveva vanificato la wild card nelle qualificazioni perdendo subito con l’inglese Katie Boulter. Era ancora numero 160 delle tenniste professioniste e si vedeva ancora sbattere la porta in faccia, malgrado le tante positive verifiche alla Img Academy di Nick Bollettieri. Malgrado gli insegnamenti e le convinzioni di papà Walter, ex giocatore di college.
La svolta per la Collins è arrivata solo quest’anno, grazie ai 100mila dollari dell’Oracle Us Tennis Award, il fondo per sostenere i campioni universitari nei primi passi nel professionismo. Danielle ha vinto il torneo del circuito B della Wta, a Newport Beach, e poi ha toccato i quarti nel torneo minore di Indian Wells, dov’ha infilato Zvonareva e Linette, cedendo a Sara Errani, ma s’è guadagnata la wild card per il torneo maggiore. E lì s’è finalmente fatta un nome, usando quel risultato come volano per l’impresa di questa settimana sull’altra costa degli Stati Uniti. “Giocando più tornei, ho fatto esperienza, così ho migliori sensazioni sulle avversarie e sono salita di livello, in tutto, perché mi muovo e penso più veloce, copro tutti gli angoli, sono stata più sollecitata e mi sono più abituata a risolvere i problemi. Mentre al college dominavo molto le avversarie. Eppoi, nell’Oracle Challenger, ho preso un po’ di fiducia, sento che, di tennis, posso giocarmela anch’io a questi livelli. E ho imparato a tener duro: succede che perdi al primo turno, te ne vai con solo 180 dollari in tasca e ricominci, da un posto all’altro, settimana dopo settimana. Non è una bella sensazione, ma questa è la strada per la vetta, cercando di migliorare ogni giorno”.
La bionda ha testa: “E’ da tutta la vita che ci metto tanto lavoro per poter dire alla fine della giornata che mi sono messa nelle condizioni ideali. Così, se vinco la partita è bello, ma se la perdo è bello lo stesso perché non ho niente da rimproverarmi”. La bionda non ha un talento sopraffino, ma ha un tennis solido: servizio, dritto e anche rovescio da fondo, e soprattutto varietà, con tagli diversi della palla, contropiede, lob alla Williams, copertura di tutto il campo. “Continuo a ripetermi: ‘Se serve, devi giocare un milione di palle, ma se puoi, approfitta della prima palla corta o vai a rete!'”. La bionda ha fisico: “E’ sempre stato uno dei miei punti di forza: ho resistenza, agilità ed esplosività naturali”. La bionda ha messo giù 18 vincenti ed ha rifilato un umiliante 62 63 alla numero 8 del mondo, la mitica Venus. La bionda non se l’aspettava nessuno, invece, due anni dopo essere diventata pro, appena sette giorni dopo l’ingresso fra le top 100 (n. 93 del mondo), ha messo la freccia ed ha superato tutte le speranze di casa Usa, ed è già sicura del numero 66 Wta. La bionda è talmente diversa dalle altre tenniste del circuito che fa pensare a un futuro importante: “Papà è il più grande lavoratore che conosca, ai miei genitori non è stato mai garantito niente, le loro opportunità, crescendo, sono state diverse dalle mie e gli sono grato perché per me hanno fatto tutto quello che hanno potuto”. Attenti alla bionda Danielle Rose Collins. Cenerentola è andata al ballo, e le è piaciuto.
Vincenzo Martucci
(Tratto da federtennis.it)