Match difficile da raccontare, si rischia di scivolare in un’analisi frettolosa che ingigantisce i meriti dell’uno e punisce ingiustamente l’altro. Diciamo la verità, ci aspettavamo tutti una veloce vittoria di Anthony Joshua, un ko rapido e spettacolare. E invece abbiamo dovuto attendere la decima ripresa perché la sfida si chiudesse.
Pensavamo che Carlos Takam finisse sotto la mannaia dell’inglese. Il franco/camerunense ha invece retto botta, portato avanti la battaglia, cercato dal quinto round in poi addirittura di fare un match in cui osare non fosse un sacrilegio. Si è mosso bene con oscillamenti sul tronco e ha tenuto a distanza per lungo tempo il campione che, mancando a mio avviso di una grande scelta del ritmo nell’esecuzione dei colpi, è spesso andato fuori misura.
E allora mi verrebbe da dire che lo sfidante ha limitato il campione, ne ha evidenziato alcuni difetti, ha saputo superare l’handicap di una doppia ferita alle arcate sopracciliari che ne hanno diminuito il rendimento.
Poi rivedo velocemente il film del match e mi accorgo che AJ ha vinto sicuramente nove delle dieci riprese (la settima potrebbe essere assegnata a Takam), la quarta addirittura di due punti avendo inflitto un kd allo sfidante in seguito a un preciso gancio sinistro. E allora mi chiedo se non siano state le aspettative a influenzare il mio giudizio, a farmi apparire la prova di Takam migliore di quanto non sia in effetti stata.
Forse la verità sta nel mezzo. Certo, si può pensare che Joshua sia stato paziente, che abbia di sua volontà scelto la strada dell’attesa, abbia deciso di non forzare evitando rischi inutili. Certo è che per lunghi tratti non mi è sembrato quel fulmine di guerra che avevo visto in altre occasioni, contro Wladimir Klitschko soprattutto. Ma allora sapeva di rischiare, stavolta era certo di non correre pericoli.
È andato spesso fuori misura. Non trovava la giusta distanza, i colpi bucavano l’aria.
Ha sempre fatto meglio dell’altro, lo ha tenuto sotto scacco per quasi l’intero match. Ma ha permesso a Takam di allungare il racconto, di piazzare qualche pregevole colpo, di accorciare la distanza nella fase finale del combattimento e di impegnarlo. Ha sempre e comunque tenuto in mano il pallino, ma è stato costretto a faticare più di quanto fosse lecito pensare.
È stato un guerriero coraggioso il franco/camerunense. Un pugile sempre dentro l’azione, rapido di braccia e deciso a giocarsi fino in fondo le sue carte. Si è lamentato quando l’arbitro ha fermato la sfida dopo due ganci di AJ andati a vuoto. Generalmente sono per la prudenza, meglio un secondo prima che un secondo dopo. Ma stavolta mi sembra che Phil Edwards abbia esagerato. Si è fatto influenzare dal montante destro che un attimo prima aveva centrato alla mascella Takam, ha ripensato alle due ferite e ha creduto fosse lecito chiuderla lì. Ma, in tutta onestà, non me la sento di seguirlo in questa decisione. Lo sfidante era ancora presente, schivava i colpi del campione e gestiva il momento in piena lucidità.
Se l’è cavata egregiamente Takam, è andato fino alla decima ripresa. Solo Klitschko ha fatto meglio di lui.
Onore a lui, un fighter che ha capito come il pugilato sia soprattutto sacrificio e capacità di sopportare il dolore. Applausi limitati per Joshua che ha vinto soffrendo il minimo indispensabile. Stavolta però, sinceramente, non mi ha entusiasmato. Ha faticato a trovare la distanza giusta per mettere a segno il suo colpo migliore, il montante destro. È finito affaticato, anche se ha dominato il match.
La chiudo qui, ma continuo a chiedermi se non abbia scritto l’intero commento seguendo una chiave di lettura errata. Pensavo finisse presto, è andato avanti fino alla decima. E allora ho forse scambiato per oro qualsiasi cosa brillasse. O forse no.
Ora Anthony sale a 20-0, 20 ko. Non male.
AAA Cercasi avversari.
Eddie Hearn, il boss di Matchroom, nei giorni che hanno preceduto il match con Takam ha parlato molto sul futuro di Joshua. Ha detto che il 3 febbraio 2018 il campione dei massimi potrebbe fare il suo esordio americano. E potrebbe farlo contro un pugile che non era mai stato nominato prima come potenziale rivale.
Parlo di Jarrell Miller (foto sopra), 29enne di Brooklyn (New York, Usa) con un record di 19-0-1 (17 ko). Ma soprattutto 1.93 di altezza per un peso medio di 125/130 kg. Nessun grande nome tra i suoi rivali, con l’eccezione di Gerald Washington (18-1-1) sconfitto per kot 8 il 29 luglio di quest’anno, dopo che cinque mesi prima lo stesso Washington aveva perso per kot 5 il mondiale Wbc contro Deontay Wilder.
Miller salirà sul ring l’11 novembre a Nassau per un match in dieci round contro Mariusz Wach (33-2-0). La sua scelta come sfidante al titolo mi sembra quantomeno discutibile.
Nel 2018 dovrebbe concretizzarsi la riunificazione delle sigle. In estate Joshua potrebbe infatti affrontare Deontay Wilder, sempre che questi superi Bermane Stiverne il prossimo 4 novembre e successivamente Dillian Whyte (come da proposta dello stesso Hearn per garantirgli la sfida della riunificazione).
RISULTATO – Massimi (titolo Wba, Ibf, Ibo) Anthony Joshua (20-0, 20 ko, kg 115,200, detentore, Ing) b. Carlos Takam (35-4-1, 27 ko, kg 106,800, Cam/Fra, sfidante) kot 10 dopo 1:34. Arbitro: Phil Edwards. Giudici: Michael Alexander (Ing), Pawel Kardyni (Pol), Ron McNair (Usa).
REPLICHE IN TV – Domenica 29 ottobre dalle 14:30 un’ora su FoxSports (canale 204 del bouquet di Sky); lunedì 30 dalle 13:30 un’ora su FoxSports (204); martedì 1 novembre dalle 22:00 un’ora su FoxSports (204). Telecronaca di Mario Giambuzzi, commento tecnico di Alessandro Duran.
Dario Torromeo (https://dartortorromeo.com)