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Tennis

Krejcikova, nel nome del doppio, nel nome della povera Novotna

Da Vincenzo Martucci 10/06/2021

Barbora Krejcikova è la prima semifinalista del Roland Garros 2021. Ha sconfitto Cori Gauff 7-6(6) 6-3 al termine di una sfida con tanti colpi di scena. Nel primo set la ceca ha rimontato da sotto 0-3, ha salvato due set point, ha allungato al tiebreak e vinto gli ultimi quattro punti da 4-6. Nel secondo ha mancato i primi cinque match point prima di festeggiare la decima vittoria di fila e la prima semifinale Slam. Al Roland Garros, finora, ha perso solo un set. Questo il ritratto che Vincenzo Martucci le aveva dedicato dopo il successo nei quarti, per scoprire la sua storia e il legame speciale con Jana Novotna.

Segni particolari: un tennis completo e ordinato figlio della scuola ceca e di una vita da doppista, con un servizio affidabile, un rovescio salvifico, buon fisico. Barbora Krejcikova, 25enne di Brno, alta 1.78 si è nascosta dai riflettori con un pedigree modesto anche se la sua mentore ha un nome e una storia fulgidi come l’ex, sfortunata, campionessa Jana Novotna. A Parigi ci si trova bene: l’anno scorso è arrivata al quarto turno, adesso ha messo in fila la sorella mancina di Pliskova, Kristyna, Alexandrova, Svitolina e Stephens. Cedendo un set solo a primo ostacolo ed esibendo poi freddezza e straordinaria adattabilità alle situazioni di ua protagonista ben più forte del numero 33 che le assegna la classifica.

Del resto, quando ripresentata sul circuito ad agosto dopo il lock-down, era appena  114 del mondo ma, già raggiungendo il quarto turno proprio al Roland Garros (ko con Podoroska) e poi le semifinali a Linz (battuta da Sabalenka sempre in tre set) aveva lanciato il guanto della sfida anche al pianeta singolare dopo aver primeggiato in doppio insieme all’amica del cuore Katerina Siniakova con la quale ha firmato Slam già dal 2018 ed è salita al numero 1 del mondo della specialità. Così, a marzo, sul cemento di Dubai s’è spianata la strada verso la finale battendo fra le altre Sakkari e Ostapenko, arrendendosi sotto il traguardo alla Muguruza. Così come successivamente ha trovato la strada sbarrata da giocatrici più forti, agli IBI di Roma è stata particolarmente sfortunata perché, dopo Zheng e Kenin, ha perso di un soffio contro Iga Swiatek per 3-6 7-6 7-5, dopo due ore 50, con la campionessa in carica del Roland Garros e futura vincitrice del torneo italiano che ha salvato due match point col servizio e ha regalato formidabili smorzate.

Quando però Barbora ha avuto un sorteggio un po’ più fortunato, s’è imposta sulla terra rossa di Strasburgo piegando in finale la veterana Cirstea e  collezionando il primo titolo WTA, che le ha moltiplicato la fiducia accumulata durante la forzata sosta del circuito.

Sì, perché, mentre i tornei ufficiali erano fermi, Krejcikova ha disputato una serie di esibizioni nel suo paese. “Ho affrontato le giocatrici di casa più forti, ho avuto occasione di osservarle da vicino anche in allenamento e nella preparazione delle partite. E’ stata un’esperienza che mi ha aiutato molto, perché ero fuori dalle top 100 e ho cominciato a capire che potevo giocare con queste avversarie, dovevo solo riuscire alzare la mia classifica per potermi commentare con loro negli stessi tornei”.

Krejcikova è ottima allieva della sensibilissima Jana Novotna: ricordate il suo pianto affranto e irrefrenabile sulla spalla della duchessa di Kent dopo la sconfitta nella finale di Wimbledon 1993 quando fece harakiri avanti 4-1 del terzo set  contro Steffi Graf? Anche lei ha sempre avuto problemi nel gestire le sue paure, le insicurezze, il contrasto fra un animo gentile e la durezza dello sport professionistico, lo sforzo di trattenere e nascondere qualsiasi emozione.

Una battaglia contro il suo io in parallelo con quella con le avversarie che ancora non riesce a dominare: “Lunedì mattina quando mi sono svegliata mi sentivo malissimo, ero molto stressata, non sapevo perché. Fino a un’ora prima del match non avevo nemmeno voglia di scendere in campo. Mi sono dovuta chiudere nella stanza del fisioterapista insieme al mio mental coach, mi sono messa a piangere, mi sentivo male, ma proprio male, senza sapere davvero perché. Ne abbiamo parlato molto, e lei mi ha detto: ‘Sai, se riesci a superare quello che senti in questo momento sarà una grande vittoria. Non importa se poi in campo vincerai o perderai, sarà comunque una vittoria personale’”.

Di certo, ancora una volta è riuscita  a mascherare tutto, anche grazie alla giornata-no della Stephens, l’ennesimo talento a corrente alternata.

“Quando sono andata in campo, so che non sembrava, ma mi sentivo davvero, molto male. Poi, però, è stato un crescendo: dopo il primo punto, le cose sono andate un po’ meglio, mi sono liberata, mi sono sentita felice di aver iniziato bene, le ho fatto il primo break, tutto mi è sembrato più facile e ho avuto la sensazione che avrei potuto davvero giocare. Ero solo stressata perché temevo che non sarei stata all’altezza”.

Così, per il secondo anno di fila, firma il poker di debuttanti promosse ai quarti insieme a Elena Rybakina, Tamara Zidansek e Paula Badosa, facendo eco a quello dell’edizione 2020, Iga Swiatek, Martina Trevisan, Nadia Podoroska e Laura Siegemund.

Segni particolari di Barbora che fa impazzire le avversarie chiamandole a rete con la smorzata e beffandole col lob? Un suono gutturale che le sale dall’anima nei momenti più delicati della battaglia. Somiglia tantissimo a quello che emetteva la povera Jana Novotna, già numero 2 del mondo, regina di 12 Slam di doppio e di un indimenticabile Wimbledon 1998, morta di cancro ad appena 49 anni.

Testo e foto tratti da supertennis.tv

 

Tags: Krejcikova, nel nome del doppio, nel nome della povera Novotna

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Nota sull’autore: Vincenzo Martucci

Napoletano, 34 anni alla Gazzetta dello Sport, inviato in 8 Olimpiadi, dall’85, ha seguito 86 Slam e 23 finali Davis di tennis, più 2 Ryder Cup, 2 Masters, 2 British Open e 10 open d’Italia di golf. Già telecronista per la tv svizzera Rsi; Premio Bookman Excellence.

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