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Dal 9 alla Norvegia allo zero a bob, freestyle e skeleton azzurri. Un’Olimpiade senza 10…

Da Sport Senators 03/03/2018

Dietro la cultura sportiva die vichinghi brilla più la compattezza del Canada del salto della Germania rispetto a Sochi 2014. Insufficienza alla Cina, l’Italia vale 6,5

Insieme alle analisi tecniche di qualsiasi manifestazione, che possono anche apparire un po’ troppo specialistiche, un modo più immediato per dare l’idea di cosa è accaduto è quello delle pagelle. Perciò, dopo aver esaminato il medagliere generale, passiamo al giudizio sulle nazioni che più hanno inciso sui risultati e sullo spettacolo. Per l’Italia, c’è una sezione a parte, che prevede anche “voci” in più per singoli sport e atleti. Cominciamo quindi con le nazioni protagoniste, con un avvertimento generale: non ci sono 10 in pagella, anche se, tanto per fare un esempio, la Norvegia lo meriterebbe. Il motivo è semplice: il 10 potrebbe anche andar bene per descrivere il comportamento e i risultati di Pyeongchang, ma non darebbe un’idea esatta del vero significato tecnico di questa Olimpiade, perché l’assenza della Russia ufficiale e quindi di tanti atleti potenzialmente vincitori di medaglie ha comunque falsato il valore assoluto dei Giochi. Non ha falsato, come già spiegato nel precedente articolo, l’ordine della classifica finale di tutte le altre nazioni, ma ha inciso sulla difficoltà di arrivare sul podio.

9 – NORVEGIA
Con 39 medaglie totali (14 ori, 14 argenti, 11 bronzi) stabilisce il record assoluto delle Olimpiadi, superando le 37 degli Stati Uniti nel 2010. Una prova, quella dei norvegesi, degna di rispetto, che conferma, al di là del numero delle medaglie, la posizione tornata predominante negli sport invernali dopo l’intervallo negativo del 2002. In una squadra estremamente compatta, con ori conquistati in 6 discipline, è il fondo, naturalmente, a costituire il blocco di granito per i norvegesi, non solo con i campioni già famosi, come Marit Bjorgen, 38 anni, la donna con più medaglie invernali, 15, ma anche con le matricole come il 21enne Johannes Hoesflot Klaebo, 3 ori all’esordio olimpico. E’ il segno di una scuola che dà garanzie. Posto d’onore, ovviamente a Marit Bjorgen (voto 9), alla quinta Olimpiade: cominciò con un argento a Salt Lake City 2002 e uno a Torino 2006, per poi esplodere con 3 ori, un argento e un bronzo a Vancouver 2010, con 3 ori a Sochi 2014 e concludere con 2 ori, un argento e 2 bronzi a Pyeongchang, stabilendo il record di 8 titoli e 15 podi totali olimpici (stacca la russa Lyubov Yegorova, ferma a 6 ori e 9 podi presi nel 1992 e 1994), che si aggiungono ai 18 ori mondiali tanto per capire di chi stiamo parlando. Inoltre, con quegli 8 ori, diventa l’atleta più vincente dei Giochi invernali pareggiando due maschietti norvegesi, Ole Einar Bjørndalen e Bjørn Dæhlie, che però hanno meno podi di lei (13 e 12 rispettivamente). E per l’eredità della Bjorgen ecco le candidate Ragnhild Haga (8,5), 27 anni, 2 ori a Pyeongchang, e Maiken Caspersen Falla (7), 27 anni, un argento e un bronzo. Giovani e meno giovani anche gli uomini, ma tutti di alto livello. Detto di Klaebo (9), 21 anni, che si è presentato con i 3 ori dei Mondiali junior del 2016 e il bronzo di quelli Assoluti del 2017, il bottino norvegese è assicurato anche da Simen Hegstad Kruger (8,5), 25 anni, 2 ori e un argento, e da Martin Johnsrud Sundby (8,5), 33 anni, 2 ori e un argento. Insomma, una compattezza incredibile. E per chiudere con la Norvegia, ricordando il biathlon, “cugino” del fondo, il pattinaggio di velocità e il salto con gli sci, tutti d’oro, non va sottovalutato il contributo, anche se senza ori, dello sci alpino. Kjetil Jansrud (7,5), oro a Sochi nel supergigante maschile, qui retrocede al bronzo nella stessa gara e avanza nella discesa libera, dal bronzo del 2014 all’argento 2018. Ma la vera sorpresa è Ragnhild Mowinckel (8), 25 anni, che dopo una carriera fin qui non esaltante, prende l’argento nel gigante e anche in libera, qui facendo prendere uno bello spavento a Sofia Goggia, finendole dietro ad appena 9 centesimi. Del resto, da una nazione che ha organizzato la migliore Olimpiade invernale della storia, nel 1994 a Lillehammer, ci si aspetta un rendimento che è figlio non solo della tecnica, ma dell’intera cultura sportiva di un popolo.
8,5 – CANADA
Anche se si ritrova alle spalle della Germania nella classifica finale, il Canada merita un voto più alto per più di un motivo, a cominciare da quello, fondamentale per valutare un’intera squadra nazionale, della compattezza. Il Canada vince l’oro in 7 sport diversi, più di chiunque altra nazione: Norvegia, Germania e Stati Uniti si fermano a 6. E, come già fatto notare nell’articolo precedente, prende medaglie in 9 sport, come la Germania e preceduta solo dagli Usa con 11, davanti alla Norvegia con 8. La discriminante dei titoli olimpici, però, non è l’unica causale della preferenza per i canadesi. A parte lo sci acrobatico, che porta 4 ori, le altre discipline sono praticamente alla pari nei successi. In negativo, come per la Germania che in queste pagelle metto un gradino sotto, c’è l’assenza dello sci alpino, vecchio tallone d’Achille (un oro nel 1992 con Kerrin Lee-Gartner nella discesa libera femminile, appena due bronzi da allora in poi). A parte il pattinaggio artistico, mancano magari le icone, gli atleti con tanta esperienza e medaglie sulle spalle, ma il Canada presenta una squadra giovane, in grado di puntare a Pechino 2022. Se si vuole citare un nome su tutti, nello sci acrobatico, è quello di Mikaël Kingsbury (voto 8), già esperto a 25 anni, che si prende l’oro nei moguls, dopo l’argento di Sochi 2014. Diverso il discorso nel pattinaggio artistico, in cui il Canada presenta nomi di rilievo, a partire dalla coppia di danza, Tessa Virtue e Scott Moir, semplicemente favolosi (10 a entrambi, qui anche i russi più forti non sono alla loro all’altezza, quindi il 10 si può dare), che si riprendono il titolo conquistato a Vancouver 2010 e perso (argento) a Sochi 2014, quando furono penalizzati non poco dai giudici. Il fatto, come messo in evidenza dai mezzi di informazione, che siano stati avvantaggiati dalla disavventura della coppia francese Papadakis-Cizeron per un problema al costume di lei è assolutamente di rilievo insufficiente a spiegare la loro sconfitta, sarebbe stato scandaloso il contrario. Detto che il Canada vince anche la gara a squadre in questa disciplina, è da menzionare il bronzo di Kaetlyn Osmond (8,5) nella gara femminile, dietro le “impossibili” russe Zagitova e Medvedeva.
8 – GERMANIA
I tedeschi fanno un gran balzo in avanti rispetto a 4 anni fa, dal sesto posto con 8 ori e 19 podi al secondo con 14 ori e 31 podi. Il miglioramento è dovuto in gran parte al bob, un fallimento a Sochi, neanche una medaglia, un trionfo a Pyeongchang con 3 ori e un argento, e al biathlon, solo 2 argenti nel 2014, 3 ori, un argento e 3 bronzi adesso. Ma proprio questo, pur nel giudizio molto positivo, è un po’ il limite della Germania, che non mostra una base certa di pretendenti alle medaglie e si lega in più di un caso a condizioni favorevoli o a singoli campioni che vengono fuori nel periodo preolimpico. Sicuramente, il personaggio di rilievo è Laura Dahlmeier (voto 8), 24 anni, alla sua seconda Olimpiade, vince 2 ori nel biathlon (prima atleta a conquistare sprint e inseguimento negli stessi Giochi) e un bronzo (15 km). Il voto non è più alto solo perché si presenta a Pyeongchang da campionessa mondiale in carica in 5 gare, staffette comprese, ma non conferma totalmente i pronostici, restando comunque in prima linea nel successo globale tedesco. Fa il bis olimpico invece Natalie Geisenberger (8,5), 30 anni, nello slittino, 2 ori come a Sochi. Ma il vero segnale della riscossa arriva da Francesco Friedrich (8,5), 27 anni, nel bob. A Sochi, nel bob a 2, con Jannis Bäcker, è ottavo, nel bob a 4, con Jannis Bäcker, Gregor Bermbach e Thorsten Margis, è decimo. Gli altri equipaggi tedeschi, in entrambe le specialità, non arrivano al podio. Soprattutto nel bob a 2 per Friedrich è uno smacco, visto che è il campione mondiale in carica, titolo vinto nel 2013. Dal 2015 comincia la rimonta: vince l’oro nel bob a 2 ai Mondiali 2015, 2016 e 2017, in quest’ultimo caso è primo anche nel bob a 4. A Pyeongchang, quindi, si presenta come il favorito e non fallisce, anche se nel bob a 2 (insieme a Thorsten Margis) l’oro va ex-aequo anche al Canada. Nel bob a 4 (con Margis, Candy Bauer e Martin Grothkopp) si impone con 53 centesimi di vantaggio su un altro equipaggio tedesco (Walther, Kuske, Roediger, Franke). In tema di bis olimpici, spazio anche alla coppia di slittino Tobias Wendl-Tobias Arlt (8,5), doppio oro a Sochi e Pyeongchang. Infine, l’oro sempre sfuggito, nelle coppie del pattinaggio artistico (due bronzi nel 2010 e 2014, entrambi con Aliona Savchenko e Robin Szolkowy) arriva grazie alla Savchenko (8) e al suo nuovo compagno Bruno Massot (7), francese fino al 2014, naturalizzato tedesco, come lei del resto, visto che è ucraina. Un oro, però, che stona e che mette ancora una volta in evidenza i problemi del pattinaggio artistico, troppo in balia dei giudici. I tedeschi fanno una gran prova nel programma libero e superano i cinesi Sui Wenjing-Han Cong, campioni mondiali in carica, che sbagliano qualcosa nel libero e questo dà la sensazione che il risultato sia giusto. In realtà, i tedeschi hanno sbagliato più di loro nel programma corto, quindi i punteggi “tecnici” quasi si compensano. Il problema è che c’è anche il giudizio artistico e qui i giudici fanno quello che vogliono, discorso che si allarga anche ad altre situazioni, premiando con voti altissimi anche atleti che magari sono caduti su un salto, ma che sono stati giudicati “belli” sul piano artistico. E qui i tedeschi sono stati iperpremiati e i cinesi penalizzati dai giudici, perdendo l’oro per soli 43 centesimi.
7,5 – STATI UNITI
Non c’è il gran personaggio vincente, ma la squadra statunitense si mantiene stabile in alta quota come ori e argenti, perdendo terreno solo nei bronzi, il livello comunque è alto. L’impressione negativa è data più dal mancato oro di Lindsey Vonn (voto 5,5), che prende solo il bronzo nella discesa libera, e dal mancato trionfo di Mikaela Shiffrin (7), oro nel gigante e argento nella combinata, che dal comportamento generale della squadra. La Vonn paga un po’ l’età, un po’ la sfortuna, un po’ la voglia di strafare. La Shiffrin, data per favorita in slalom (campionessa mondiale e olimpica in carica), gigante (argento mondiale) e combinata, non va a segno perfettamente, confermando comunque le difficoltà già mostrate in questa stagione. Ad ogni modo, un oro lo prende. I personaggi però non mancano. Nello snowboard, riecco Shaun White (8), oro nell’Halfpipe a Torino 2006 e Vancouver 2010, solo quarto a Sochi 2014 e adesso di nuovo oro; e nello Slopestyle donne, conferma di Jamie Anderson (8,5), di nuovo oro come a Sochi, con l’aggiunta dell’argento nel Big air. E il bis dopo l’oro a Sochi lo concede anche David Wise (8) nell’Halfpipe dello sci acrobatico. Le donne dell’Hockey (7,5) tolgono lo scettro al Canada, ma è la squadra maschile di Curling (10) la favola più bella: dilettanti che si qualificano al posto della squadra designata ufficialmente dalla Federazione e alla fine vincono l’oro olimpico. Infine, una menzione per Mirai Nagasu (7), che nel pattinaggio artistico esegue il triplo Axel, il salto più difficile, e contribuisce al bronzo nella gara a squadre. Peccato, di qui il voto meno alto del previsto, che lo stesso salto le riesca male nella prova individuale.
7,5 – OLANDA
Confermato il quinto posto di Sochi, sia pure con 4 medaglie in meno, ma anche qui la differenza la fanno i bronzi perché gli ori restano 8 e gli argenti da 7 passano a 6. Quella dell’Olanda è una situazione particolare, visto che, in ossequio all’altro nome con cui è conosciuta, Paesi Bassi, gli sport di montagna e di neve sono un po’ difficili da praticare. Quindi, tutto si riduce al ghiaccio e qui gli olandesi vanno alla grande, soprattutto nella velocità, cui si aggiunge stavolta, un oro anche nello short-track, grazie a Suzanne Schulting (voto 8) nei 1000 metri, che contribuisce anche al bronzo nella staffetta. Nella pista lunga, molti i campioni. Fra le donne, di rilievo Ireen Wust (8,5), che a 31 anni vince un oro (1500) e due argenti e arriva a 11 medaglie in 4 Olimpiadi; Jorien ter Mors (7,5), 28 anni, due titoli a Sochi e adesso oro nei 1000; e la 22enne Esmee Visser (7,5), oro nei 5000 e bella promessa. Fra gli uomini, posto d’onore per Kjeld Nuis (8,5), che dopo il doppio oro ai Mondiali 2017 proprio a Gangneung, sulla stessa pista dell’Olimpiade, si conferma con le vittorie su 1000 e 1500.
6,5 – RUSSIA
Decimata dalle squalifiche, quelle giuste e purtroppo anche quelle ingiuste, la Russia, pur sotto l’ipocrita dicitura “Atleti olimpici dalla Russia”, si è comportata con onore, vincendo anche due ori, nell’Hockey e nel pattinaggio artistico, oltre a 6 argenti e 9 bronzi, per un desolante ma orgoglioso 13° posto finale. In molte altre gare non aveva atleti in grado di vincere medaglie, in tante altre è stata penalizzata dai giudici, che si sono “sfogati” sui “cattivi russi”, con valutazioni negative o squalifiche ridicole. Voto 10 all’Hockey, che sarebbe 8 per la vittoria, ma con due punti in più per aver avuto il coraggio di cantare il bellissimo inno nazionale russo sul podio, cosa vietata dal Cio che poi non ha avuto il coraggio di punire gli hockeisti. E poi, nel pattinaggio artistico, 10 ad Alina Zagitova, oro a soli 15 anni, prima atleta a eseguire tutti e 7 gli elementi di salto nella seconda parte, il che comporta un punteggio più elevato; e 9 a Eugenia Medvedeva, 18 anni, campionessa mondiale 2016 e 2017, che si impone nelle componenti artistiche, ma paga il fatto di eseguire 2 salti nella prima parte del programma e 5 nella seconda, perdendo preziosi decimi di punto che alla fine decidono l’assegnazione dell’oro. In ogni caso, Zagitova e Medvedeva a livelli stratosferici, con punteggi mai raggiunti da alcuna pattinatrice in precedenza.
6,5 – SUD COREA
I padroni di casa si dimostrano “padroni” in ogni senso, non tanto perché passano dalle 8 medaglie di Sochi (3 ori, 3 argenti, 2 bronzi) alle 17 di Pyeongchang (5-8-4), piazzandosi settimi, quanto perché nel loro sport preferito, lo short-track, i giudici si inventano le decisioni più assurde per favorirli. Scandaloso l’oro nella staffetta femminile, che dovrebbe essere squalificata, scandalosi alcuni ripescaggi sia fra gli uomini che fra le donne, per portare avanti atleti “designati” per l’oro. Alla fine, gli ori nello short-track sono “solo” tre. Il 6,5 alla squadra è dovuto alle belle prove in altri sport: a Yun Sung-bin (voto 7,5), oro nello skeleton maschile; a Lee Seung-hoon (8), oro nella mass start di velocità maschile; al bob a 4 maschile (8) e alla squadra di Curling femminile, entrambi argento.
5,5 – CINA
Solo il 16° posto per la Cina, che retrocede di 4 posizioni rispetto a Sochi 2014, ma vale comunque la pena inserirla nelle pagelle perché fra 4 anni l’Olimpiade invernale va a Pechino (gare del ghiaccio) e Zhangjiakou (sci), quindi vale la pena vedere come i cinesi si preparano ad affrontarla. Al netto di alcuni furti subiti nello short-track e nel pattinaggio artistico, la Cina comunque continua a non fare progressi e si limita a essere competitiva solo negli sport del ghiaccio e nello sci acrobatico, troppo poco per le aspettative del presidente Xi Jinping, che punta tutto sul calcio sì, ma ci tiene ai successi olimpici. Anche andando al massimo, la Cina “invernale” non mostra di poter prendere più di 4-5 ori se tutto va bene. A Pyeongchang, comunque, conferma le 9 medaglie di Sochi, ma con una distribuzione peggiore: 4 anni fa, 3 ori, 4 argenti e 2 bronzi, adesso un solo oro, 6 argenti e due bronzi. Gli ori, senza gli interventi anomali delle giurie nello short-track e nel pattinaggio artistico, sarebbero potuti essere 3, ma il discorso generale non cambia. Quindi, menzioni per Wu Dajing (voto 8,5), oro nei 500 metri dello short-track, e Sui Wenjing-Han Cong (8,5) nelle coppie del pattinaggio artistico, oltre alla giovanissima Li Jinyu (8), soli 17 anni, argento nei 1500 dello short-track, grande promessa.
ITALIA
VOTO SQUADRA: 6,5
Il presidente del Coni, Giovanni Malagò, dà un 7 all’Italia di Pyeongchang, giustificandolo con i 3 ori e le 10 medaglie totali. Dal punto di vista strettamente numerico, il ragionamento è giusto, soprattutto in considerazione di quanto ottenuto nelle due precedenti edizioni delle Olimpiadi invernali: a Sochi 2014, nemmeno un oro, 2 argenti e 6 bronzi; a Vancouver 2010, un solo oro, un argento e 3 bronzi. Una medaglia d’oro solamente in due edizioni dei Giochi, fra l’altro frutto di un miracolo sportivo, perché Giuliano Razzoli in carriera ha vinto solo quell’oro olimpico in slalom speciale, oltre a 2 gare di Coppa del Mondo, una nel 2010 e una nel 2011 (più 5 secondi posti e 3 terzi posti). Se però si entra un più nella sostanza del movimento olimpico invernale italiano, si deve amaramente constatare che siamo rimasti alle singole imprese, anche se per la maggior parte dovute ad atleti “abituati” al podio, quindi non sorprendenti ma sintomo di rendimento continuo ad alto livello. Molti settori sono praticamente desertificati, in particolare alcuni che hanno regalato gloria all’Italia, come il bob. Né si intravede una rinascita di queste discipline, anzi, si percepisce una rassegnazione totale. Bisognerebbe fare la media dei voti, ma gli “zeri” (intesi come voto, non come medaglie vinte) di alcune discipline porterebbero la media nettamente sotto la sufficienza e questo non sarebbe giusto per quei settori che faticosamente “reggono la baracca” e competono con realtà più evolute e più ricche, riuscendo a superarle tante volte. Di qui, il riconoscimento di una sufficienza più che piena, che però non può spingersi fino al 7 perché stonerebbe col quadro generale.
VOTI DISCIPLINE E ATLETI
8 – Sci alpino donne
Sofia Goggia (9) non riesce a dare il massimo in tutte le sue gare, ma dimostra ugualmente di essere una campionessa, soprattutto perché si riscatta dopo un errore, come quello che le rovina il Supergigante, che potrebbe far crollare i nervi di chiunque. Non i suoi. La parte centrale della sua discesa libera è da consegnare ai libri di storia, ai trattati di tecnica e alle favole pure e semplici. Rendimento elevato per Federica Brignone (7,5), bronzo nel gigante, sesta nel supergigante, sempre in lotta per una medaglia. Brave Marta Bassino (6,5), quinta nel gigante, Johanna Schnarf (6,5) quinta nel supergigante, e anche Manuela Moellg (6), solo ottava alla fine nel gigante dopo una prima manche piena di speranze, ma capace di darci emozioni.
8 – Short-track
Arianna Fontana (9) si costruisce il suo podio personale e arriva a 8 medaglie totali in 4 Olimpiadi, record per le donne e assoluto, insieme ad Apolo Ohno e Viktor Ahn. L’oro nei 500 metri è il suo capolavoro, parte in testa e vi rimane fino all’ultimo metro, unico modo di battere la vincitrice designata dai sudcoreani, Choi Mingjie. Nei 1000, è altrettanto brava a resistere all’attacco di due sudcoreane e a costringerle all’errore per chiudere terza. In staffetta, il miracolo lo fa in qualificazione, quando inventa un’azione incredibile per tenere dietro la favoritissima Olanda e piazzarsi alle spalle della Cina, guadagnando la finale. E in finale, insieme a Martina Valcepina (8), Lucia Peretti (8) e Cecilia Maffei (8), regala all’Italia un argento forse insperato, ma meritatissimo. Poco spazio per gli uomini, ma questo è un settore da rinnovare.
7 – Snowboard
Michela Moioli (10) merita il voto più alto perché arriva a Pyeongchang da favorita, condizione psicologica più difficile, e mette in mostra una determinazione d’acciaio, oltre a un eccezionale sangue freddo in finale quando la statunitense Jacobellis, con una manovra scorrettissima, le taglia la strada e sta per buttarla fuori pista. Lei rallenta quel tanto che basta per evitare lo scontro, perde due posizioni, ma poi dà una accelerata da Formula 1 e schianta tutte le avversarie. Peccato che in questo settore ci sia solo lei, il che fa abbassare il voto totale.
6 – Pattinaggio artistico
Se si considerano semplicemente i piazzamenti degli azzurri nelle singole gare, il voto può apparire basso. La realtà tecnica, però, è diversa. Il quarto posto nella gara a squadre arriva solo perché il Giappone non schiera i migliori negli individuali maschile e femminile, visto che sa di non poter arrivare a medaglia e quindi schiera le secondo linee. Comunque, la medaglia è irraggiungibile per l’Italia. Passiamo alle gare vere. Carolina Kostner (6) è quinta nella classifica finale, ma è un piazzamento viziato da fattori particolari. Il voto è costituito da una parte tecnica, vale a dire quello che si dà all’esecuzione dei salti e degli elementi come i passi, le trottole. Poi c’è il voto alla parte artistica, come le qualità di pattinaggio, l’interpretazione della musica e via così. Sulla parte tecnica, non si possono fare giochetti strani, il salto riesce o non riesce, si rivede al rallentatore, si decide se la rotazione è completa. Insomma, lì i punti sono praticamente obbligati. Nella parte artistica i giudici fanno quello che vogliono. Così, la Kostner ha un programma tecnico che non va oltre il decimo posto, ma recupera punti con quello artistico per il quale i giudici le assegnano una “quota fissa” di 37-38 nel corto e 74-75 nel libero, che faccia bene i salti o cada sul ghiaccio, che esegua gli elementi programmati o no, comunque lei ha 112-113 punti assicurati. E questi punteggi sono superati solo dalle russe Medvedeva e Zagitova, che staccano di 20 punti la Kostner nella parte tecnica. E a volte, come nel libero a Pyeongchang, nemmeno la Zagitova, che ha trionfato con un punteggio incredibile, prende più di lei. Ne consegue che il valore vero dell’intera prova non è reale, la Kostner si ritrova con punteggi più alti di quanto meriterebbe, cosa che più di una volta ha provocato le proteste delle avversarie. Quindi, il 6 è il voto che più rispecchia il suo valore totale. Non vanno meglio Anna Cappellini e Luca Lanotte (6) nella danza, il sesto posto è già oltre i loro meriti. Più bravi appaiono, sempre nella danza, Charlene Guignard e Marco Fabbri (6,5), che però sono penalizzati dalle giurie. Molto bella la prova, nelle coppie, di Valentina Marchei e Ondrej Hotarek (7,5) che superano i loro limiti e si piazzano al sesto posto.
6 – Curling
L’impresa era stata fatta in qualificazione, poi c’è stato un avvio di torneo brillante, infine un assestamento in basso, ma nel totale è stata una buona prova degli azzurri (6).
5 – Pattinaggio velocità
Un bronzo a sorpresa, ma meritato, per Nicola Tumolero (6,5) nei 10.000, poi il buio, con Francesca Lollobrigida (5), che attua una tattica suicida nella mass start.
5 – Fondo
L’argento di Federico Pellegrino (7) nello sprint non può coprire il vuoto di questo settore.
5 – Biathlon
A dispetto delle due medaglie, bronzi, non si può essere soddisfatti. L’unico degno di un buon voto è Dominik Windisch (6,5), con prove soddisfacenti nello sprint e in staffetta. Lukas Hofer (5) non brilla. Ma la grande delusione è Dorothea Wierer (4) che, al di là dei risultati negativi, non convince con le spiegazioni al suo cattivo rendimento: jet-lag, difficoltà a dormire, il vento che disturba i tiri al poligono. Ma la realtà è che va male anche sullo sci, al contrario di Lisa Vittozzi (5,5) che va meglio di lei, non si lamenta e va ammirata per l’impegno che mostra.
4 – Salto
Tentativi di ricostruzione, ma con scarsi risultati.
3 – Sci alpino uomini
E’ così tanta la differenza fra donne e uomini che non si possono accomunare le loro prestazioni in un unico voto. Disastro totale, con Innerhofer (3) e Moellg (3) del tutto sbiaditi, timidi segnali di vita da Fill (4), un po’ di luce da Paris (5) e un grazie di stima a Tonetti (5,5) e De Aliprandini (5,5) che hanno fatto sperare in qualcosa di meglio.
3 – Combinata nordica
Quasi inesistente, sarebbe ingeneroso dare voti ai singoli azzurri.
3 – Slittino
Dominik Fischnaller (4) butta via la medaglia con errori imperdonabili nelle prime due discese, Erik Fischnaller (6) si comporta dignitosamente, ma è il quadro generale che preoccupa.
ZERO – Bob, Freestyle, Skeleton
Lo zero è ai settori, non certo agli atleti, incolpevoli di fronte a situazioni in cui, in certi casi, è impossibile persino allenarsi. E vedere il Bob in queste condizioni fa piangere chiunque ricordi le grandi imprese di una volta.
Gennaro Bozza
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