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Tennis

A.A.A. papà-Fabio, contro il gigante di Tandil servono i famosi Fognini-moments. Per l’ultimo scatto in cielo!

Da Vincenzo Martucci 05/10/2018

La semifinale di Pechino contro il numero 4 del mondo, Del Potro, può lanciare il numero 1 italiano (13 Atp) verso più obiettivi storici: dai top ten al Masters…

Fabio Fognini ha cercato in tutti i modi, negli anni, di mascherare timidezza e paura dietro atteggiamenti istintivi, anche autolesionistici. Al di là della simpatia naturale, dell’antica conoscenza, della frequentazione con la sua bella famiglia (papà e sorella troppo tifosi, certo, ma umanissimi e simpatici, mamma molto dolce e premurosa) e dell’amore che abbiamo sempre avuto e sempre avremo per il talento che si coniuga con un po’ di – intrigante – follia, ci è sempre piaciuto.
Andando al di là di certe reazioni negative generalizzate verso i media e il mondo esterno. Anche perché abbiamo sempre saputo che il Fabio fuori dal campo, senza racchetta, è un ragazzo davvero gentile e carino, e quello dentro il campo risente delle inevitabili pressioni, delle aspettative, della natura stessa un po’ schizzofrenica del suo sport.
Da quando è padre e marito, poi, ha sicuramente fatto un decisivo passo avanti, si gestisce meglio in tutto, ha una motivazione in più nel raggiungere obiettivi professionali assolutamente alla sua portata.
Come l’ingresso dei “top ten”, come uno Slam memorabile con cui esaltare la carriera propri come la signora Fognini, già Flavia Pennetta, regina degli Us Open 2015.
La dedica, “Piccolino, mi manchi”, al suo Federico, di un anno e quattro mesi è l’ultima carezza che regala nella nuova versione. Quella del giocatore più maturo che fissa a 43 partite il record di successi stagionali, superando l’ungherese Marton Fucsovics, già campione di Wimbledon juniores 2009, oggi 45 Atp Tour, fresco castigatore sia del veterano azzurro Andreas Seppi che del rampante Marco Cecchinato. Un risultato che conferma il primato non solo in classifica, ma anche di valori di Fabio, in Italia, e gli dà molta fiducia, perché arriva ancora sul cemento, il campo che lo ha frenato tanto in passato per via del servizio.
Cioè il colpo sul quale sta mostrando i progressi migliori, tanto da promuoverlo alla sesta semifinale sulla superficie, l’ottava dell’anno, la 37ª in generale. Numeri di professionista continuo, concreto, solido e affidabile. Tutti aggettivi coi quali Fabio ha dovuto lottare. Ahilui, gli esami nel tennis non finiscono mai, e al prossimo incrocio trova quel Juan Martin Del Potro, numero 4 del mondo, finalista degli Us Open, neo qualificato al Masters di Londra dove torna dopo cinque anni e tre operazioni al polso, forte degli appena tre games che ha lasciato al 36 della classifica, Filip Krajnovic. Fra l’altro il gigante di Tandil gioca Pechino bello riposato, e conscio delle qualità di Fognini, avendoci perso ad agosto nella finale di Los Cabos, in Messico, su un cemento simile. Quand’ha subito la rivincita del primo, lontanissimo, precedente Atp Tour vinto nel 2015 a Sydney. Perché il 2-1 dell’argentino nei Challenger del 2005 e 2007, peraltro finiti due volte per ritiro, hanno davvero poco senso. A “papà Fognini” manca proprio il successo di prestigio che mette le ali. Perché quest’anno ha battuto sì Thiem a Roma (targato numero 8 del mondo), ma ha perso poi nei quarti con Rafa, pur strappandogli un set, ha lottato sì, e strenuamente, fino al quinto set, ma si è arreso a Cilic, 4 del mondo, nel quarto turno del Roland Garros. E sicuramente è ingelosito dal tabellone di Pechino che, dall’altra parte, si è liberato di Sascha Zverev il presuntuoso, lasciandogli intravedere un’altra finale, per riscattare quella sfortunatissima di Chengdu, coi quattro match point appena smarriti contro il redivivo Bernard Tomic. Questo obiettivo, più del quarto titolo stagionale – che sarebbe il record di un italiano – stuzzica moltissimo le ambizioni di Fabio e impegna ulteriormente le arti di tranquillizzatore di Corrado Barazzutti, il capitano di coppa Davis che l’ha seguito nella trasferta asiatica. Perché un nuovo successo gli aprirebbe tutte insieme le porte del paradiso, portandolo per la prima volta fra i “top ten” – riaprendo un capitolo che per gli italiani rimane chiuso da ben 40 anni, proprio con Barazzutti -, e promuovendolo al Masters dell’11-18 novembre a Londra coi primi 8 del mondo di quest’anno. Sarebbe una consacrazione importante per lui, il motivo di un sorriso in più, quando tornerà a casa e ritroverà gli occhi del suo Federico e della sua Flavia. Sarebbe la dimostrazione che può sostenere le importantissime pressioni legate a queste mete, perché la maturazione è completata. Sarebbe un compito arduo, ma più leggero di prima, perché oggi Fabio ha la consapevolezza, comunque, di essere già realizzato, come tennista e come uomo, ed è conscio del fatto, con quel talento tecno-fisico e quei progressi mentali, che avrà comunque presto un’altra chance per riprovarci.
Oggi gli serviranno di sicuro quei  ”Fognini moments” che diventano imparabili per tutti. Deve abbattere il gigante di Tandil, più alto dei suoi 198 centimetri ufficiali, molto più alto.

                                                                            
Tags: Fognini, tennis

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Nota sull’autore: Vincenzo Martucci

Napoletano, 34 anni alla Gazzetta dello Sport, inviato in 8 Olimpiadi, dall’85, ha seguito 86 Slam e 23 finali Davis di tennis, più 2 Ryder Cup, 2 Masters, 2 British Open e 10 open d’Italia di golf. Già telecronista per la tv svizzera Rsi; Premio Bookman Excellence.

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