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“Io Marc Gasol stella dell’Nba, non dimenticherò mai di aver salvato una vita. Aiutiamo questa povera gente” 

Da Vincenzo Martucci 18/07/2018

Il pivot spagnolo, volontario con una Ong, ha partecipato al salvataggio della povera donna del Camerum, ed è testimone oculare dell’abbandono di tante altre vittime innocenti in mare aperto. La sua denuncia è davvero dura, coì come il suo coinvolgimento è di esempio per tutti

 “Frustrazione, rabbia e impotenza. E’ incredibile come tante persone vulnerabili siano abbandonate alla morte in mare. Una profonda ammirazione per questi che chiamo i miei compagni di squadra in questo momento”. Freddi, cinici, traditi dal web di cui ci cibiamo siamo anche riusciti a dubitare di questo toccante tweet firmato Marc Gasol, fratello del più famoso cestista spagnolo, l’ex Los Angeles Lakers, Pau, ma anche lui professionista Nba nei Memphis Grizzlies e nazionale iberico.
    Qualcuno l’ha definita una fake news, drogato dai valori assurdi di questa nostra società e dai super soldi che accompagnano i campioni dello sport e i numeri 1 della società, prima ancora della loro umanità. Soprattutto in questo momento del super-trasferimento da 105 milioni di euro di CR7 dal Real Madrid alla Juventus. Invece è tutto vero: il pivot spagnolo è proprio uno dei soccorritori a bordo della nave della Ong catalana di Josephine, una migrante sopravvissuta per 48 ore, da sola, nel Mediterraneo. Ed è la voce disinteressata e sincera che si alza, insieme alle troppe voci, rumorose e interessate dei nostri inutili talk show televisivi, per denunciare l’inefficienza della Guardia Costiera libica accusandola di aver abbandonato Josephine e una mamma con il figlio piccolo, poi morti, al largo delle coste di Tripoli.
   Questo messaggio di umanità, questo comportamento da uomo qualunque, arriva da un protagonista del massimo sport professionistico americano, una star che guadagna 20 milioni di dollari a stagione, il quale, durante le vacanze estive, si è imbarcato come volontario sulla nave Astral, connessa alla Proactiva Open Arms. Cercando, a 33 anni, nel pieno della maturità, non certo altra notorietà, ma di restituire qualcosa alla vita che tanto è stata generosa con lui regalandogli, insieme al talento sportivo, fama e denaro. Un gesto bellissimo che ci riconcilia tutti col volontariato e con i sentimenti più puri di noi poveri uomini, troppo distratti dal lavoro e dagli affari.
Riportiamo alcuni stralci della intervista che ha concesso a El Pais: “Conosco da più di un anno Óscar Camps, fondatore e direttore della ONG Proactiva Open Arms, mi interessava la sua attività, l’anno coso l’avevo invitato come relatore al campus del mio club a Girona. Mi è piaciuto il suo messaggio, non avevo potuto imbarcarmi subito con lui, perché ero impegnato negli Europei, ma quest’anno l’ho fatto. Lunedì, abbiamo ascoltato conversazioni tra una motovedetta della Libia e una nave mercantile, la Triades, che chiedevano di impostare la rotta per una posizione specifica in cui una barca era in pericolo. Poi abbiamo appreso che la motovedetta libica ha riportato i naufraghi in Libia e distrutto la barca in cui erano stati due giorni e due notti. Ma hanno lasciato almeno tre persone abbandonate. Abbiamo seguito il protocollo di ricerca, verso le sei e trenta, abbiamo individuato un gommone semi-sommerso. All’inizio sembrava che non ci fosse nessuno vivo. Ma a cui siamo arrivati ​​un po‘ più vicini abbiamo visto che c’era una donna viva. E poi c’erano un’altra donna e un bambino morti. Io ero scioccato, spaventato. Abbiamo appreso che il suo nome è Josephine ed è del Camerun. Qui stiamo parlando di atti criminali disumani. Queste persone dovrebbero essere state salvate. La guardia costiera afferma di averne salvate 158…. Ma ci rendiamo conto che ci sono corpi lì, che hanno lasciato diverse persone in una situazione impossibile? Che frustrazione! Provo rabbia, impotenza. Mi porterò questa sensazione di aver contribuito a salvare una vita. Se non fosse stato per il nostro team si sarebbe detto che avevano salvato 150 persone, la realtà è che hanno lasciato la gente viva in mare. Se fossimo arrivati ​​prima, ne avremmo potute salvare di più. E quindici o venti minuti dopo, Josephine sarebbe morta.

… La fotografia del ragazzo siriano morto nella costa turca (Aylan Kurdi) nel 2015 mi ha provocato un senso di rabbia e mi ha fatto capire che tutti noi dobbiamo fare la nostra parte. Sono rimasto impressionato dalla convinzione di Óscar Camps, dal modo in cui ha messo a disposizione di questa causa tutte le risorse economiche, logistiche e personali. Ammiro questo tipo di persone, che fanno qualcosa, che non aspettano che gli altri lo facciano. Io ho due figli, Julia e Luca, e voglio essere un esempio per loro, in questo. Immagino la situazione di un padre che deve affrontare viaggi in cui abbondano estorsioni, omicidi, pericoli di ogni genere in cui rischiano tutto per raggiungere un paese dove possono vivere in pace e con dignità. Mi metto nella loro pelle e vorrei che qualcuno con il proprio tempo e il proprio denaro, mi desse una mano. Penso che dovremmo tutti contribuire con il nostro granello di sabbia. È molto diverso sentire o leggere che c’è un numero di morti qua o là. Ma tu vedi quella persona morta e sai che quella persona era il centro del mondo nella vita di qualcuno. Ed è andato. E vuole sottovalutare e disprezzare il lavoro delle organizzazioni umanitarie a lui dedicate. Lo trovo incredibile, una mancanza di umanità inaudita. A che noi atleti dobbiamo dare un esempio, dimostrare la serietà di ciò che sta accadendo. Voglio essere un testimone diretto e salvare le persone. Non c’è esempio migliore dei volontari che sono qui, con i quali vivo. Hanno una super squadra e vedi che tutto è fatto per il bene comune”.
VINCENZO MARTUCCI
Tags: Basket, immigrato, marc gasol, salvato

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Nota sull’autore: Vincenzo Martucci

Napoletano, 34 anni alla Gazzetta dello Sport, inviato in 8 Olimpiadi, dall’85, ha seguito 86 Slam e 23 finali Davis di tennis, più 2 Ryder Cup, 2 Masters, 2 British Open e 10 open d’Italia di golf. Già telecronista per la tv svizzera Rsi; Premio Bookman Excellence.

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