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Tennis

Grazie, Roma. Grazie, Djokovic. Il tennis non è tutto potenza. Anzi, è intelligenza e tocco

Da Vincenzo Martucci 21/05/2017

Due match perfetti del campione serbo, contro Del Potro e Thiem, riallacciano il suo rapporto col suo sport dopo dodici mesi difficili. L’austriaco dimostra di essere ancora acerbo tatticamente e mentalmente

E’ tutta e sempre questione di tempo. Incroci, clic, flash che scattano si sincronizzano oppure no. Venerdì, Dominic Thiem aveva imposto il proprio ritmo a tutto braccio a Rafa Nadal strappandogli quasi la racchetta di mano insistendo addirittura sulla diagonale sinistra, col rovescio a una mano che scagliava missili gialle, bassissimi, profondissimi e vicinissimi alla riga, impedendo al più forte “terraiolo” di sempre di attuare le sue famose, ampie, sbracciate. Sabato, contro un Novak Djokovic molto simile al “cannibale” degli ultimi anni, il 23enne austriaco non ha incontrato invece più la palla al momento giusto e nel modo giusto, e così non ha potuto spingere a sua volta sulle gambe, scatenando il massimo della potenza del suo straordinario motore. Così, schiumante rabbia e frustrazione, è uscito di scena in un’oretta appena, sepolto da un umiliante 6-1 6-0. Come ha commentato Dominic l’inattesa sconfitta, salutata dal pubblico anche con qualche fischio? Esattamente come Rafa il giorno prima ha chiamato in causa la stanchezza, le tante partite disputate sulla terra, e la bravura dell’avversario. Eppure fra i due esiste una grande differenza: l’allievo di Toni Nadal ha dimostrato di saper imparare dalle sconfitte e di sapersi adeguare agli avversari, cambiando tattica e trovando le soluzioni, mentre il novello “Bum Bum”, non a caso allievo di quello stesso Gunther Bresnik che aveva allevato Boris Becker, denuncia proprio nel gioco a una dimensione il maggior limite verso i quartieri alti, come confermano i risultati nei grandi tornei.

Ma c’è di più. Nadal adora la sfida, soprattutto contro i più forti, ed indigesti, mentre Thiem confessa candidamente: “Non mi piace proprio giocare contro Djokovic perché ha uno stile che non mi si adatta affatto”. Non è ancora pronto: “Era la prima volta che giocavo a livello così alto per tre settimane e più”. E, con quel gioco di continue sbracciate a mille, si stanca troppo. Mentalmente non ero al livello in cui sarei dovuto essere”. Il “nuovo Muster” può attendere.

Con Djokovic che, invece, non sta più nella pelle: “E’ stata la miglior prestazione dell’anno e forse anche di più, un match perfetto, ho fatto tutto quello che volevo, ho aspettato e ho lavorato a lungo per riuscirci”. Nulla succede davvero per caso: “L’anno scorso al Roland Garros, contro Dominic, gli avevo tolto il tempo, l’ho sloggiato dalla sua confort zone, gli ho cambiato profondità e ritmo. E ha fatto tanti errori”. Così, dopo aver dominato Del Potro nei quarti diluiti per pioggia fra venerdì sera e sabato mattina, Djokovic vede la fine del tunnel dopo dieci mesi difficili. A prescindere dalla finale contro Sascha Zverev : “Non cambierà la sensazione che ho adesso con me stesso e il processo che sento dentro, è esattamente quello che voglio: avevo un po’ perso la soddisfazione e la gioia di giocare a tennis e negli ultimi due mesi ho ritrovato un equilibrio, sono nella giusta direzione”.

Grazie, Roma, la sua atmosfera, il suo meraviglioso pubblico.

Vincenzo Martucci (Foto by Paolo Pizzi)

Tags: Djokovic. Il tennis non è tutto potenza. Anzi, è intelligenza e tocco, Grazie, internazionali bnl d'italia, Roma. Grazie, tennis

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Nota sull’autore: Vincenzo Martucci

Napoletano, 34 anni alla Gazzetta dello Sport, inviato in 8 Olimpiadi, dall’85, ha seguito 86 Slam e 23 finali Davis di tennis, più 2 Ryder Cup, 2 Masters, 2 British Open e 10 open d’Italia di golf. Già telecronista per la tv svizzera Rsi; Premio Bookman Excellence.

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