Dramma, anzi Drama, come si dice in inglese. Ultimamente da Netflix (“Break point”) ad Amazon (“Fifteen-Love”) il tennis viene esaltato solo e soltanto se c’è di mezzo un delicato percorso psicologico, meglio ancora se sfiora la tragedia, oppure se riguarda miti, risultati eccezionali, prestazioni uniche e inimitabili che entrano nella storia.
Mentre, tutti i giorni, la bellezza delle racchette esplode nella sua normalità. Che, evidentemente, è difficile da captare e da vivere insieme ai gesti più classici ma mai uguali di questo sport perché cambiano continuamente i soggetti, i momenti e le superfici. Evidentemente, chi si occupa di tennis non è un tennista vero o comunque non è così amante dell’essenza di questa disciplina. E tende quindi ad estremizzarne le forme massime, nel bene e nel male, interiorizzando, analizzando e scarnificando pur di scoprire qualcosa di più da dare in pasto ad un pubblico allevato per essere sempre più curioso ed esigente.
PENALIZZAZIONE
Così facendo si minimizzano e si penalizzano i tornei ATP e WTA che non portano l’etichetta a 4 stelle come i Masters 1000 o a 5 come gli Slam, parliamo dei tornei “250” e “500”, ma che mettono comunque in palio centinaia di migliaia di euro e centinaia di punti nella classifica mondiale dei tennisti professionisti.
Sono quelli che costituiscono lo zoccolo duro del circuito stagionale, non di 13 tappe quanto sono i super-tornei, ma di 12 mesi pieni di attività in ogni parte del mondo. Senza contare l’universo Challenger, sempre più importante e di livello, al punto da proporre sempre più inediti protagonisti anche negli Slam.
Quante storie “normali” di percorsi anche impervi e complicati, si potrebbero raccontare saccheggiando quelle realtà? Quanti messaggi positivi di resilienza se ne potrebbero ricavare come esempi per giovani e meno giovani?
EFFETTO THRILLER
Tv ed editoria sono invasi dagli investigatori privati o ufficiali, e mettono in evidenza soprattutto sangue e sesso. Lasciando sempre meno all’immaginazione dell’utente pur di lasciarlo a bocca aperta. E il tennis, per arrivare sulle mega piattaforme dell’intrattenimento si adegua.
Ma pensate quante cose stanno succedendo solo in queste due settimane d’erba che preludono a Wimbledon e quanto sono importanti per gli atleti questi test per trovare il tennis giocato e il ritmo partita. Ma, soprattutto, per salire nella scala della fiducia, la parola magica che spesso fa la differenza fra la palla importante che tocca o non tocca l’ultima.
Non parliamo di drammi, anche se il nuovo tentativo fallito da Matteo Berrettini che tanti interrogativi apre sul futuro è sicuramente inquietante. Così come colpisce e fa filosofeggiare l’insistenza dei prigionieri di un sogno, Venus Williams, Milos Raonic, Dominic Thiem e Feliciano Lopez che non desistono, a dispetto dell’età e degli acciacchi, e subiscono anche lezioni umilianti per il proprio nome e per il proprio corpo.
Parliamo anche solo dell’erba, di quanti lunghissimi discorsi si sono fatti sull’appiattimento delle superfici, mentre poi la stagione sulla terra rossa europea appena conclusa e quella ora sul verde sottolinea tutti i giorni quanto il fattore tecno-tattico influisca sui risultati.
MOTIVI EXTRA
Quale fattore è più drammatico di un giocatore come Lorenzo Musetti, un braccio d’oro che però da sempre tende ad esaltarsi nel gioco di rimessa, nel contrattacco, magari con un solo colpo sensazionale, mentre sull’erba deve snaturarsi, forzarsi ad attaccare e a farlo con continuità cercando il servizio vincente e la discesa a rete? Quale curiosità può essere più intrigante dei problemi d’attitudine della numero 1 del mondo Swiatek e della potente Sabalenka sul verde?
Se Naomi Osaka stacca la spina perché non regge la pressione e decide piuttosto di metter su famiglia, se Nick Kyrgios non ha risolto i problemi personali che si trascina da bambino e vive con frustrazione le sconfitte sul campo, quelle storie non rappresentano la normalità dell’atleta. Così come non è stato il parrucchino di Agassi e i suoi problemi col papà nella fortunatissima biografia “Open”.
Gli estremi eccitano, le “drama stories” scatenano i social? Noi ci teniamo stretti l’esempio di Rafa Nadal, il simbolo della normalità che esprimeva concetti all’aspetto banali ma fondamentali nella vita di un atleta, di un tennista e, soprattutto, di un uomo. A cominciare dalla massima: “La normalità non è la vittoria, ma la sconfitta”. Che poi è la fotografia di quel che sta succedendo adesso nel tennis, dopo i Favolosi Fab Four, appunto, favolosi. Oggi gli eroi perdono spesso e sono meno eroi. Ma non per questo sono meno interessanti, anzi.
Articolo e foto ripresi da SupertennisTv