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Pugilato

“Io, Benvenuti, 80enne felice. Dall’oro olimpico a quello della vita: non posso chiedere di più”.

Da Vincenzo Martucci 26/04/2018

Il re di Roma 1960 e del mondiale dei medi, il protagonista dei match contro Griffith e Monzon è già pronto “alla prossima tappa!”

Auguri, Nino Benvenuti: come sono questi 80 anni?
“A quest’età non puoi star male, devi star bene per forza, è una tappa importante. Un momento che, da ragazzo, vedevo come un traguardo difficile e lontano, ma che poi vivendolo oggi è una tappa di passaggio. Mi sento pronto per andare ancora avanti”.
La tappa della saggezza?
“Beh, quella o ce l’hai o non ce l’hai, l’età ti può avvicinare, ma puoi averla anche da prima o non averla imparata mai. Io sono stato fortunato: fin dall’asilo, sono stato indirizzata verso certi valori dai miei genitori ed accompagnato nei primi passi, per cui la saggezza me la sono portata avanti, negli anni. Partendo dall’educazione e dal rispetto per gli altri, dalle cose che cui potevano e non si potevano fare. Per me è stato fondamentale l’esempio di papà, che mi ha voluto pugile, e mi ha indicato la strada”.
Sembrano parole strane in bocca a un pugile, a un campione come Benvenuti.
“Anche il pugilato, per chi non lo conosce, è uno sport di violenza. Invece c’è una componete umana bellissima, come l’abbraccio sincero e la vicinanza fra i due contendenti subito dopo il match. E c’è la preparazione, fisica e mentale, per lo scontro fisico. Che non è fine a se stessa, aiuta a vivere l’esperienza, è una peculiarità dello sport stesso. Che resta noble art”.
Il pugilato allena alla vita.
“Esattamente. Anche nella vita non p tutto bello e, se sei preparato, puoi sostenere le situazione più negative”.
Però i cazzotti fanno male, e Benvenuti di cazzotti ne ha saputi prendere meno di altri.
“Ne ho presi anch’io e non ho protestato. Che è un’altra legge del pugilato. Ma certo, sin da ragazzo, ho capito che ero nato per questo sport, che avevo il dono di stare sul ring. E quindi poteva schivare e vedere prima i colpi, anticipare i pensieri e le mosse dell’avversario. Non è uno sport che possono fare tutti!”.
Qual è il ricordo pugilistico più bello di Nino Benvenuti?
“Volevo tantissimo indossare la maglia azzurra e rappresentare l’Italia, e non solo ho partecipato, ma ho addirittura vinto l’oro all’Olimpiade di Roma nel 1960, da peso welter. E quello rimane il top della mia carriera. Rimarrò entusiasta di me stesso per quel risultato, ho toccato il cielo con un dito. Anche se poi sono diventato campione del mondo dei pesi medi. Anche perché il titolo olimpico lo mantieni per sempre, quello mondiale pro lo perdi”.
Il pugilato dilettantistico è più bello di quello professionistico?
“Non più bello, diverso, perché da dilettanti fai quello che è nelle tue possibilità, esprimi quello che hai dentro, non c’è la spinta all’eccesso. Ed è meno violento”.
Il pugilato è in crisi perché i pugni fanno male?
“Certo che sì. In questa società ci si abitua ad ottenere il massimo col minimo sforzo. Nel pugilato non è possibile, il pugilato è fatica. Rimane uno sport stupendo, da consigliare, uno sport che nobilita chi lo pratica”.
Il pugilato è esprimere se stessi: come Monzon e Griffith i suoi due avversari più famosi.
“Addirittura sembravano far parte di uno sport diverso. Carlos era una forza della natura, pieno di potenza e cattiveria agonistica di chi vuole arrivare all’apice, a qualsiasi costo, Emile era la tecnica, ha insegnato tanto a tutti, anche a me. E sicuramente dei due è stato quello al quale sono stato più vicino, come persona”.
Nino Benvenuti è felice?
“I miei traguardi sportivi mi hanno reso felice fino al punto di piangere, ma ci sono gioie anche più importanti, quelle che ottieni nella vita di tutti i giorni, con la famiglia, da uomo. Io sono stato fortunato, non posso domandare niente di più, altrimenti il buon Dio mi punirebbe. Mi va bene tutto quello che ho e che ho avuto. Non desidero niente di più”.

 

VINCENZO MARTUCCI
Tags: 80 anni, boxe, nino benvenuti, pugilato, vincenzo martucci

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Nota sull’autore: Vincenzo Martucci

Napoletano, 34 anni alla Gazzetta dello Sport, inviato in 8 Olimpiadi, dall’85, ha seguito 86 Slam e 23 finali Davis di tennis, più 2 Ryder Cup, 2 Masters, 2 British Open e 10 open d’Italia di golf. Già telecronista per la tv svizzera Rsi; Premio Bookman Excellence.

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