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Tennis

Rivoluzione tennis, ma il limbo di tre anni per aiutare i giovani pro non è uno sprint alla cieca? 

Da Vincenzo Martucci 01/04/2017

La nuova presidenza dello statunitense Haggerty lancia un “Transition Tour” che dovrebbe portare i neo pro a crescere meglio e a non disperdere i talenti con spese troppo sostenute all’avvio dell’avventura, e i professionisti a diminuire di numero fino a 750 uomini e 750 donne. Ma il cammino non chiarissimo e i dubbi sono tanti

Detta così come l’abbiamo letta due giorni fa, la riforma della Federazione tennis mondiale (Itf) per aiutare il passaggio degli juniores al mondo dei professionisti riducendo il numero degli stessi sembrava una gran bella notizia. Caspiterina, che bella cosa! Finalmente il massimo organismo di questo sport interviene per rimuovere il tappo che blocca storicamente l’afflusso di nuovi giocatori dal basso. E questo, del resto, è stato il tenore dell’intervento di Jackie Nesbitt, executive director Itf che abbiamo interpellato sulla epocale decisione del Board, di cui fa parte: “Dobbiamo aiutare i giovani, soprattutto i talenti, che non vengono fuori, è questo il principale punto del nostro intervento. La spinta è venuta da tante parti, non da un solo settore, l’operazione è volta a ridistribuire meglio i montepremi”. Perché troppo alta è l’età dei professionisti, che sono troppi (14mila l’anno scorso) e troppo pochi di loro riescono ad andar pari fra entrate ed uscite (nel 2013, solo i primi 336 tennisti e le prime 253 tenniste della classifica mondiale hanno realmente guadagnato), con quasi la metà che addirittura non guadagna affatto premi. Mentre diventa sempre più lungo e significativo il tempo che ci impiegano i neo pro ad entrare fra i primi 100 del ranking. Da cui la decisione di intervenire modificando le norme di accesso alla professione, con l’obiettivo di portare il numero dei pro ad appena 750 uomini e 750 donne.

Ma se l’intento ci sembra positivo, ci lascia fortemente perplessi il limbo i tre anni che si verrà a creare. Cioé “il Tour di transizione”, nel quale i giocatori giovani potranno cimentarsi in tornei locali – gli ex tornei di Livello I da 15mila dollari Itf che usciranno dal livello pro -, cosicché ridurranno i costi dell’attività, ma non riceveranno punti Atp e Wta, e faranno sicuramente contenti gli organizzatori che non dovranno sostenere alcuna spesa. Solo al termine del trittico, i giocatori potranno sfruttare i punti Itf guadagnati, entreranno nel successivo circuito Itf pro, e usufruiranno dei primi punti del Tour professionistico vero e proprio, Atp e Wta.

Obiettivamente, il percorso disegnato dall’Itf ci sembra troppo lungo, complicato, farraginoso e anche nebuloso. E il fatto che nessuno dei campioni più affermati di oggi e di ieri abbia detto la sua sul progetto, lascia pesare che questo percorso immaginato della federazione mondiale per migliorare l’accesso al professionismo dei giovani tennisti quantomeno non sia stato compreso. Per accettarlo ci vorranno altri tre anni. Chissà se per allora si sarà affievolita e magari anche pacata la forte sensazione che l’avvento dello statunitense David Haggerty alla presidenza della federtennis mondiale sia troppo caratterizzata da uno spirito di cambiamenti a tutti i costi. A cominciare dalla coppa Davis per continuare con le regole del gioco. Forse il tennis è rimasto fermo troppo a lungo, ma adesso sembra voler correre troppo e troppo in fretta. Senza aver ben analizzato l’obiettivo e la strategia per raggiungerlo.

VINCENZO MARTUCCI

vincenzomartucci57@gmail.com

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Nota sull’autore: Vincenzo Martucci

Napoletano, 34 anni alla Gazzetta dello Sport, inviato in 8 Olimpiadi, dall’85, ha seguito 86 Slam e 23 finali Davis di tennis, più 2 Ryder Cup, 2 Masters, 2 British Open e 10 open d’Italia di golf. Già telecronista per la tv svizzera Rsi; Premio Bookman Excellence.

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