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La testimonianza

Mo e May, le ‘sorelle Williams’ del golf

Da Vincenzo Martucci 04/03/2019

Moriya e Ariya Jutanugarn sono thailandesi, rispettivamente numero 19 e uno del golf femminile mondiale. La somiglianza sportiva con le due campionesse del tennis è impressionante.

Le Williams Sisters fanno scuola. Nel golf, hanno gli occhi a mandorla di due ragazze thailandesi, Moriya e Ariya Jutanugarn, divise da appena 16 mesi, così come le sorellone afroamericane del tennis sono lontane 14 mesi e mezzo. E, come le ragazze americane, hanno vissuto da sempre la forte rivalità in famiglia, con la più giovane, sempre estremamente competitiva, in tutto, nei confronti della sorella maggiore, che alla fine l’ha avuta vinta: ha superato chi l’ha allenata e protetta, e le ha aperto la strada nel professionismo. Così, Ariya è salita due volte al numero 1 del mondo, Moriya è entrata fra le prime dieci – storico nel golf donne – e oggi è 19.

Moriya e Ariya Jutanugarn (Afp)

Le due Jutanugarn sono nate e cresciute a Bangkok, in Thailandia, dove i genitori gestivano un negozio di articoli da golf. Molto diverse, di fisico e dicarattere, Moriya ha impiegato ben 156 tornei (21 “top ten”, con 3 secondi posti) per sfatare, a 23 anni, il tabù sul circuito, ad aprile a Los Angeles, Aiya è un fenomeno precoce che ha sempre vinto tanto, già dagli 11 anni, a Pattaya, quand’è diventata la più giovane di sempre a qualificarsi a un LPGA, per firmare a 15, l’US Open junior e il primo titolo pro, al 65° tentativo, a 20 anni a Yokohama, l’8 maggio 2016.

L’anno in cui, guarito il problema alla spalla per un infortunio che si era procurata scivolando mentre giocava coi piedi con una bottiglietta d’acqua sull’erba umida, è esplosa con cinque successi, compreso il British Open, prima thai di sempre. Peraltro utilizzando un ferro 2, davvero insolito, in assoluto, per un professionista. Quindi, nel giugno 2017, con altri due titoli, è salita per la prima volta al numero 1 del world ranking, scalzando la famosa Lydia Ko e scrivendo una pagina storica nel golf del suo paese: “Ci ha fatto dimostrare che il popolo Thai può farcela. E per me non è stata la fine di una missione ma un inizio”.

Moriya e Ariya Jutanugarn (Afp)

Con questa motivazione, a giugno dell’anno scorso, s’è aggiudicata il secondo Major, l’Us Open, e quindi anche lo Scottish Open, risalendo al numero 1 del world ranking. E conquistando ogni premio di atleta dell’anno, come bonus dei 3.6 milioni di dollari de primo posto della money list, ma guadagnandosi anche il ruolo di campionessa aperta, disponibile, spiritosa: “Voglio solo essere me stessa, divertirmi e migliorare ogni giorno. Non ho mai imitato qualcun altro. A essere onesta, mi amo così tanto che non farò mai cose che non voglio fare”.

Che differenza fra le due sorelle. “Mo”, Moriya, è po’ come la Venus del tennis – cerca la perfezione e si strugge, scaricandosi spesso di testa ancor prima dell’impegno, serissima e compitissima sin di 7 anni quand’ha imbracciato il primo bastone: “Il golf dà tante motivazioni alla mia vita. Desidero soltanto continuare a far bene. E’ questa la ragione per cui mi alzo tutte le mattine”.

“May”, Ariya, somiglia alla terribile Serena, molto più rilassata e semplice, e molto meno formale: “Ho sempre avuto tante pressioni, di più adesso da numero 1, tutti si aspettano che giochi sempre bene. Io so che non sarà così. L’importante è star bene con se stessi, ritagliarsi degli spazi, capire che siamo esseri umani e facciamo degli errori. Alla classifica ci tengo, ma so anche che non posso congelarla, così come i risultati del 2018. Perciò, non ho paura di niente e, in campo, cerco soprattutto di divertirmi”.

Moriya e Ariya Jutanugarn (Afp)

Mo è più piccola e meno potente, usa molto la tecnica per arrivare alla buca, May è una delle più “lunghe” del circuito. Mo ha fatto tutto il lavoro per trovare ed acquistare la casa di famiglia a Orlando, May pensa solo a un posticino tranquillo dove guardarsi i suoi drammi ala tv thai. Mo dice di May: “Non è mai stata amichevole con me, sin dal primo momento che abbiamo preso in mano un bastone, io a 7 anni e lei a 5, abbiamo fatto tutto insieme e abbiamo sempre fatto a gara per qualcosa. Così siamo diventate più forti”. May dice di Mo (con la quale continua a dividere la stanza negli hotel sul circuito): “Mi ha ispirato tantissimo e mi ha insegnato la pazienza. Che gioia quando anche lei ha vinto il suo torneo Pga, non è stato solo un obiettivo raggiunto solo da lei, ma da tutta la nostra famiglia”.

*articolo ripreso da agi.it

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Nota sull’autore: Vincenzo Martucci

Napoletano, 34 anni alla Gazzetta dello Sport, inviato in 8 Olimpiadi, dall’85, ha seguito 86 Slam e 23 finali Davis di tennis, più 2 Ryder Cup, 2 Masters, 2 British Open e 10 open d’Italia di golf. Già telecronista per la tv svizzera Rsi; Premio Bookman Excellence.

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