Viaggi spaziali come imprese sportive, astronauti come campioni. Il mito si ripropone a 50 anni dal primo uomo sulla luna proprio quando una nuova impresa, sia pure solo tecnologica, almeno per il momento, viene realizzata: lo sbarco sull’altra faccia del nostro satellite. Allora gli americani con l’Apollo 11 e Neil Armstrong, Buzz Aldrin e Michael Collins, adesso i cinesi con la sonda Chang’e 4. E anche qui, come alle Olimpiadi, la grande sfida per il dominio è diventata quella fra Stati Uniti e Cina.
Ma se questo confronto a distanza può apparire sorprendente per molti, considerato che la Cina è partita in netto ritardo rispetto al resto del mondo nella corsa verso lo spazio, è anche vero che nella tradizione culturale, nel mito, sono i cinesi a detenere la primogenitura del “viaggio sulla luna” ed è proprio il nome che hanno dato alle loro missioni spaziali a ricordarlo, Chang’e, leggendaria donna che per prima lasciò la terra per arrivare sulla luna e lì rimanerci per sempre.
Meglio però andare con ordine, cominciando dal tributo che un grandissimo scrittore di fantascienza, Arthur Charles Clarke, dedicò a uno scienziato cinese nel secondo dei quattro romanzi del ciclo dell’Odissea. Dopo il più famoso di tutti, “2001 Odissea nello spazio”, conosciuto nel mondo grazie al film di Stanley Kubrick, ecco “2010, Odissea due” (cui seguiranno “2061, Odissea tre” e “3001, Odissea finale”). In questo secondo episodio, Clarke costruisce un colpo di scena con un’astronave cinese, la Tsien, che sorprende gli americani (in questo episodio alleati con i russi) nella corsa verso Giove a caccia del monolito nero e dei resti dell’astronave Discovery. E nell’introduzione al romanzo ne spiega il motivo, citando Tsien Hsueshen (Qian Xuesen secondo il nuovo sistema di trascrizione dei caratteri cinesi), scienziato nato in Cina, ad Hangzhou, ma poi trasferitosi a 24 anni negli Usa, dove studiò nella Caltech (California Institute of technology) per poi lavorare nell’agenzia aerospaziale statunitense.
Clarke così ne parla: “Nel 1936, insieme al grande Theodore Von Karman e a Frank j. Malina, Tsien fondò il Laboratorio Aeronautico Guggenheim dell’Istituto di Tecnologia della California – il diretto antenato del famoso Jet Propulsion Laboratory di Pasadena -. Egli fu inoltre il primo professore Goddard al Caltech e contribuì in vasta misura, nel corso degli anni Quaranta, alle ricerche americane sui razzi. In seguito – e fu uno degli episodi più vergognosi del periodo McCarthy – venne arrestato per false accuse di spionaggio quando voleva tornare nel suo paese. Negli ultimi due decenni è stato uno dei massimi esponenti del programma missilistico cinese”.
Un cinese fra gli scienziati che avviarono la corsa degli Stati Uniti verso lo spazio, l’avreste mai immaginato? Perciò, non sorprendiamoci più di altro, anzi, scopriamo qualcosa di altrettanto interessante, partendo dalla donna che dà il nome al programma cinese di conquista della luna, con l’obbiettivo dichiarato di portarci di nuovo un uomo, dopo che lo statunitense Eugene Cernan, il 14 dicembre 1972, fu l’ultimo a lasciarci un’impronta, con la missione Apollo 17.
Chang’e (si pronuncia cianghé, con la “é” quasi muta) è un personaggio leggendario della mitologia cinese, è la moglie di un altro mitico personaggio, l’arciere Hou Yi. Secondo questo racconto, la terra era circondata da 10 soli che stavano per bruciarla. Hou Yi scagliò 9 frecce contro altrettanti soli e li distrusse, così che la terra fu salva. L’imperatore gli regalò come ricompensa l’elisir dell’immortalità, lui aspettò a berlo perché voleva farlo insieme a Chang’e, che però fu costretta a prenderlo da sola per evitare che fosse rubato da un giovane apprendista del marito.
Così, cominciò a fluttuare nel cielo e scelse la luna come nuova casa. Portò con sé solo un coniglio. E proprio Chang’e col suo coniglio diventa gioco divertente nelle parole che si scambiano Houston e l’Apollo 11 poco prima dello sbarco sulla luna. Dalla base di Houston, un altro astronauta, Ronald Evans, dice a Michael Collins: “Fra i tanti titoli dei mezzi di informazione riguardanti la vostra missione, ce n’è uno che dice di cercare una bella ragazza con un grande coniglio. Secondo una antica leggenda, c’è una bella cinese chiamata Chang’e che sta sulla luna da quattromila anni. E con lei c’è un grande coniglio cinese”. E Collins dall’Apollo 11 risponde: “Ok, daremo un’occhiata per cercare la ragazza col coniglio”.
Infine, Chang’e prende forma reale in un film magico e straordinario di Joris Ivens, regista olandese che nel 1989 presenta “Io e il vento”. Lui stesso ne è protagonista, va in Cina per tentare di catturare il vento nella cinepresa e per farlo ripercorre la storia reale e quella dei miti della Cina. Così, finisce per andare anche lui sulla luna e incontrare Chang’e. E questo alternarsi di Ivens fra sogno e realtà appare come lo scenario giusto per l’avventura nello spazio, lì dove ciò che era ritenuto impossibile diventa concreto e all’impresa tecnologicamente più avanzata e difficile viene dato il nome di una leggenda.
Gennaro Bozza