Due delle semifinali migliori possibili, sulla carta. The King of clay contro il finalista di Roma e vincitore – nel match clou del torneo- su Thiem. Dall’altra il numero uno del mondo contro il finalista di Amburgo.
Il sole tanto agognato da Nadal, e dal pubblico sofferente al gelo per giorni e giorni, fa capolino.
Ed è un Rafa decisamente più sereno, quello che dopo aver perso il break di vantaggio, va a riprenderlo e se lo tiene stretto fino a chiudere 6/3 il primo parziale.
Non cambia la sceneggiatura del secondo, ma la tranquillità con cui Nadal progressivamente gestisce il vantaggio, lasciando andare i colpi, è aumentata.
Le fa da contrappeso lo scoramento di Schwartzman, che pur lottando come suo solito su ogni palla, generosamente, sembra consapevole di non avere di fronte la versione romana del 12 volte campione del Roland. Quella che aveva messo in campo il 43% di prime, contro il 69% di oggi.
E forse, dopo la battaglia epica di cinque ore contro Thiem, non ha energie mentali, più che fisiche, per controbattere al gioco di Rafa. Sono 29 i suoi errori non forzati. Doppio 6/3 per lo spagnolo.
Nadal in vantaggio due set a zero è un treno ad alta velocità: difficile da arrestare. In ogni torneo. Figuriamoci qui, dove su 100 match disputati ne ha persi, in 15 anni, solo due.
Eppure il terzo set è clamoroso, perché smentisce tutto quanto ha fatto vedere Nadal a Parigi in tanti anni.
Ogni volta che toglie il servizio a Diego, lo perde subito dopo giocando in modo pessimo persino per un qualsiasi tra i top 50.
Inspiegabile il calo, forse mentale, forse fisico, mostrato dal maiorchino, che si fa riprendere sul 5 pari. Tenendo un game di servizio infinito, riesce ad arrivare al tie break.
Vinto 7/0 grazie a un po’ di ritrovata e un po’ di errori di Diego.
Nelle ultime 4 edizioni, Nadal ha perso 3 set in totale.
Tre set in 27 partite.
Che altro dire?
Si chiede a gran voce il ricambio generazionale, c’è chi non ne può più di vedere slam in tasca ai soliti tre.
Ma se i giovani sono Tsitsipas e il suo alter ego biondo, Zverev, forse è meglio attendere rassegnati il ritiro dei Fab.
Qualcuno ha ipotizzato che Stefanos si sia involuto, a livello di qualità di gioco messa in campo, proprio come accaduto a Sasha.
Nella sua prima semifinale, in Australia contro Nadal, non ci capì nulla. A distanza di un anno e mezzo ( vogliamo fare lo sconto Covid? Un anno) cambiato avversario, la prestazione è ben diversa.
È partito malissimo, per usare un eufemismo, perdendo troppo rapidamente i primi due set. Ci si aspettava un veloce epilogo.
Invece con orgoglio ha tolto il servizio a Nole che era a 4 punti dal match, ed ha vinto persino il set, togliendolo una seconda volta.
Del resto, non è lo stesso che due settimane fa ha buttato la vittoria ad Amburgo contro il buon principe Rublev.
Il quarto set è stato equilibrato, fino quando Novak, sotto 4/5, ha subito il break fatale. Un Djokovic apparso nervoso, senza gesti eclatanti, il che non è un buon segno per lui. Quando si arrabbia davvero, è davvero quasi imbattibile. È parso soprattutto stanco. Peccato che Tsitsipas fosse più stanco ancora. Certo, l’incontro approdava al quinto set dopo 3 ore e mezza di gioco, e la differenza di dodici anni avrebbe potuto essere indicativa.
Il greco invece perde il servizio nel terzo game. E di nuovo nel quinto. Stavolta è davvero finita, come la benzina di Stefanos.
Che vincesse con un Nole non più acciaccato dal colpo di vento era chiedergli troppo.
Ma ha dimostrato carattere, merce rara di questi tempi, e non solo in un campo da tennis. Ci riproverà il prossimo anno, o quello dopo, forse coi Fab 3 in pensione o in procinto di ritirarsi.
Rafa versus Nole, finale annunciata, scontata, alla faccia del Roland Garros dalle mille incognite e grosse sorprese. I campioni vengono sempre al pettine.
Silvia Aresi
(Foto tratta da il post.it)