Da pilota della MotoGP a pilota della WorldSBK: quest’anno Jonas Folger, 27 anni, si è preso il posto (che merita) da titolare in un Mondiale. Dopo essere stato costretto ad abbandonare la classe regina nella fase finale del 2017 per problemi di salute (la rara sindrome di Gilbert), il pilota tedesco è il rider unico del Bonovo MGM Racing. “Il mio obiettivo per la stagione? Entrare nella top ten: sarebbe un grande risultato per due rookie. Sia io sia il team (satellite BMW, ndr) siamo all’esordio”.
Tuo zio Alexander ha gareggiato nella MotoGP: è stato lui a trasmetterti la passione per le moto?
No, quando io ero piccolo, mio zio si stava ritirando: l’amore per le due ruote è nato in Italia, per caso.
Ci racconti com’è andata?
Ero in vacanza nel vostro Paese – come tutti gli anni e come tutti i tedeschi – e ho visto una minimoto nella vetrina di un negozio. È stato un colpo di fulmine e ho chiesto subito a papà di comprarmela. Ho scoperto poi che l’aveva acquistata: me l’ha “consegnata” per Pasqua o un altro giorno speciale. Non ricordo bene, avevo circa 3 anni.
Dove l’hai provata la prima volta?
In un campo vicino all’officina di mio padre: a lungo è stato il mio terreno di prova.
Zio Alex, però, ti avrà dato qualche consiglio.
Sì, la posizione corretta e le traiettorie, per esempio. Ma, soprattutto, a non arrendermi mai. Mio zio è caduto tante volte e si è rotto un sacco di ossa, eppure, è tornato in sella subito dopo ogni incidente.
Hai mai pensato di fare altro nella vita?
No, quando andavo a Elementari, dicevo già a tutti che sarei diventato un pilota professionista.
Un lato negativo del tuo lavoro?
Il distacco continuo dagli affetti e dal mio habitat. Vivo in Bavaria, non lontano da Monaco, in campagna. Un posto tranquillo, con le montagne a un passo, dove mi rigenero e mi sento connesso alla natura. Ho visto molti luoghi incantevoli nel mondo, ma nessuno è paragonabile a casa mia.
Perché porti il numero 94?
Non per mia scelta, a dire la verità. Ho cominciato la carriera con il 25, nel campionato spagnolo e nella MotoGP Academy; quando sono passato nel Motomondile, ho dovuto lasciarlo perché c’era già qualcuno che l’aveva, forse Maverick Viñales. Allora ho pensato alla mia data di nascita, peccato che il 93 era “proprietà” di Marc Márquez, che è della mia classe. Quindi ci ha pensato la Dorna – al debutto nel Mondiale, nel 2009 – a trovarmelo. Adesso, però, non cambierei con nessuno: mi identifica, lo sento mio.
Sei stato compagno di squadra di Andrea Iannone, Takaaki Nakagami e Johann Zarco: se dovessi descriverli in due parole?
Andrea: il soprannome “Maniac” dice tutto. È matto, davvero matto, ma è un bravo ragazzo. “Taka” lo ricordo focalizzato e un gran lavoratore. Joann mi piace molto: è spirituale e gentile.
*Credito: Bonovo action MGM Racing