La scelta di Arianna Fontana di fermarsi è stato un duro colpo per lo short track italiano, uno di quelli che rischiano di metter k.o. l’interno movimento. Fortuna che alla spalle c’è una colonna portante come Martina Valcepina, in grado di resistere a ben altro urti.
Vincitrice di quattro titoli europei e tre medaglie olimpiche, nel corso degli anni la 31enne di Sondalo ha dimostrato come il ruolo di mamma e quello di atleta ad alto livello possano coesistere tranquillamente. Fra zainetti da preparare, pattini da indossare e compiti da seguire, la portacolori delle Fiamme Gialle segue con attenzione Camilla e Rebecca, le due gemelle di nove anni nate poco dopo le Olimpiadi di Sochi 2014 e decise a diventare delle atlete provette.
Così come in casa, anche in Nazionale Martina è chiamata a gestire le compagne più giovani, soprattutto dopo i due podi conquistati a Montreal in Coppa del Mondo.
Partiamo da Arianna Fontana. C’è l’opportunità di rivederla in pista nei prossimi mesi?
Purtroppo non lo so dire. Negli ultimi mesi non sono rimasta più in contatto con Arianna, motivo per cui, non solo non conosco le sue intenzioni, ma non so nemmeno di cosa stia occupando in questo momento.
La stagione è iniziata con un doppio podio a Montreal sui 500 metri. Quanto conta la preparazione estiva per ottenere questi risultati?
La condizione è importante anche se non mi sarei aspettata di riuscire a centrare subito questi obiettivi visto che avevo da poco finito la preparazione. In estate lavoriamo molto a secco, puntando per esempio sul ciclismo per allenarci oltre alla palestra. Si torna poi sul ghiaccio molto presto e da lì non è scontato mantenere la condizione per lungo tempo, anche se ciò che conta è quanto fatto in estate per proseguire con il ritmo gara.
Nel 2014 è diventata mamma di due gemelle. Come ha gestito la maternità e il ritorno alle gare?
Non è stato scontato anche se devo ringraziare la Federazione che mi ha sostenuto quando ho scoperto di essere incinta. Avevo soltanto 22 anni, stavo affrontando le Olimpiadi a Sochi e avevo paura. Per fortuna lo staff tecnico, i medici e le mie compagne di squadra mi sono stati subito vicini tranquillizzandomi e consentendomi di chiudere la rassegna con la medaglia in staffetta. Inoltre è stato fondamentale l’apporto dei miei genitori che, durante la stagione, spesso si prendono cura delle mie figlie quando sono in trasferta.
Nonostante siano ancora piccole, le sue figlie seguono le sue gare?
Assolutamente sì, anche perché in realtà già pattinano. Motivo per cui quando non sono sul ghiaccio per gare o allenamenti, sono lì ad accompagnarle.
In Nazionale condivide la passione con sua sorella Arianna. Quanto influisce quello che succede in gara sul vostro rapporto fuori?
Siccome abbiamo per certi versi un’impostazione di gara un pochino diversa, spesso ci troviamo ad avere visioni opposte, ma ciò è particolarmente utile perché ciò ci sprona reciprocamente. Arianna mi ha poi dato un aiuto importante con le mie figlie visto che è una zia fantastica.
Lei è una dei capisaldi dello short track femminile. Quanto è cambiato da quando ha iniziato lei?
Se considerate che sono arrivata nel 2008 a sedici anni e ancora gareggiava Fabio Carta, è cambiato moltissimo. All’inizio Fabio è stato fondamentale perché mi ha offerto alcuni consigli preziosi per la mia carriera. Alle mie prime Olimpiadi, a Vancouver 2010, ero la più giovane dell’intera spedizione e ora sono una delle più esperte. Ora provo a guidare le mie compagne più piccole affinché possano seguire il mio esempio.
Nel corso della sua carriera ha conquistato medaglie sia alle Olimpiadi che ai Mondiali. Cosa le manca per vincere l’oro?
Le Olimpiadi sono ogni quattro anni, mentre i Mondiali e la Coppa del Mondo si svolgono molto più frequentemente. Un po’ la pressione dovuta alla competizione e un po’ la sfortuna non mi hanno concesso di poter ottenere quei risultati, ma ora guardo a Milano-Cortina 2026 che credo proprio rappresenterà la mia ultima partecipazione ai Giochi.