Quando Tadej Pogacar tira la cordicella della doccia presente nel Velodromo di Roubaix, la sua mente inizia a pensare “Cosa sarebbe successo se quella borraccia non avesse colpito Mathieu Van der Poel?”. La domanda è più che legittima perché nel pomeriggio di domenica 13 aprile 2025 la fortuna sembra avergli voltato completamente le spalle ed essersi seduta sul manubrio del collega olandese, capace poi di firmare una tripletta che mancava dai tempi di Francesco Moser.
La Dea Bendata, celatasi sotto le spoglie di un idiota giunto in Francia con il fan club di Matej Mohoric, ha deciso di dare un segnale al nipote di Raymond Poulidor con il più classico dei “bidon” facendogliela rimbalzare sul viso, fortunatamente senza lasciargli alcuna conseguenza. Probabilmente se al suo posto ci fosse stato chiunque altro, Pogacar in primis, la borraccia lo avrebbe fatto crollare a terra lungo un tratto di pavé, causandogli gravi lesioni, probabilmente, segnando l’esito della corsa e probabilmente dell’intera stagione.

Invece no, l’oggetto contundente frutto della stupidità umana lo sfiora senza colpo ferire e gli fa scattare qualcosa dentro, permettendogli di capire che, almeno per questa volta, la sorte è dalla sua e che all’interno del Velodromo André-Pétrieux potrà mostrare il numero tre delle dita come molti suoi predecessori in segno di trionfo.
A proposito, ma Pogacar, ce lo siamo dimenticato? Assolutamente no, il campione del mondo è sotto l’acqua tiepida che gli toglie ogni residuo di terriccio dal corpo un flash gli percorre la mente: una curva, presa troppo stretta, troppo forte, e l’improvvisa capovolta in un fosso. E’ un errore da nulla, già capitato alle Strade Bianche dove il campione del mondo si è ripreso più forte di prima tanto da riprendere e staccare Tom Pidcock.
Tadej Pogacar osserva Mathieu Van der Poel dopo un attacco
Eppure, per colpa forse di quella borraccia, la fortuna ha deciso di lasciarlo lì da solo, facendogli assaporare il sapore acre della sconfitta che raramente si è trovato a gustare. Come ha potuto, dopo aver conquistato nello stesso anno Giro d’Italia, Tour de France e Mondiale, sbagliare quella curva? Forse avevano ragione i suoi direttori sportivi che gli avevano intimato di saltare l’ “Inferno del Nord”? E’ stato tradito dal fascino delle pietre che Bernard Hinault aveva così tanto odiato, ma in maglia di campione del mondo era riuscito a domare?
Troppe domande per il giovane campione, sfinito e frustrato, che lì, nel bel mezzo degli antichi spogliatoi di Roubaix dove la privacy è praticamente inesistente, non può far altro che lasciarsi scorrere addosso ogni pensiero come l’acqua sul suo corpo. Per Pogacar non resta altro che inchinarsi al dominatore del Nord e imparare per i prossimi anni perché dall’amarezza della sconfitta non si può far altro che rinascere, soprattutto in una gara dove campioni e gregari sono tutti sotto lo stesso cielo.