Cinque settimane fa, il nuovo che avanza perdeva in lacrime contro Kiki Mladenovic, frustrata dal non aver difeso il titolo al Roland Garros e dai dubbi sulla sua tenuta nervosa, sulla sua cattiveria agonistica, sul suo reale bagaglio offensivo, su tutto. E invece ora è riesplosa, senza l’allenatore che, appena a marzo, a Miami, mandava platealmente a quel paese, facendolo platealmente arrabbiare in diretta via microfoni in campo, e che a Londra – ufficialmente – è assente perché assiste il primo bimbo che sta per nascere. Invece ora gioca due settimane da favola sull’erba di Wimbledon e una partita perfetta contro Venus Williams, firma il secondo Slam e si ripropone alla massima ribalta con credenziali indiscutibili come davvero la più accreditate fra le eredi di Serena Williams.
Benedetta sia Muguruza che cambia totalmente pelle sull’erba che prima non amava. “E’ dura mettere insieme tutte le cose, fisico, tecnica, mentale, finalmente ci sono riuscita dall’inizio di questo Wimbledon, e sono migliorata di match in match”. Benedetta sia Garbine che si nutre dei consigli basic di Conchita Martinez: “Non pensare, gioca solo a tennis”. Consigli di chi vinse un Wimbledon miracoloso – unico Slam – perché almeno una volta non pensò che stava abbattendo il totem Martina Navratilova negandole il decimo urrà, anche lei giovanissima, 22enne, contro una 37enne come la mancina ceca. “E’ stata una combinazione importante che ci ha unite in quest’avventura, c’erano tante coincidenze fra noi”.
Benedetta sia la ragazzona che picchia servizio, dritto e rovescio, e reagisce da leonessa sul 4-5 15-40, ed annulla dopo 37 minuti due set point contro la ben più esperta avversaria, Venus Williams. Che ha troppi anni più di lei, addirittura quattordici: “Sono cresciuta guardandoti, è incredibile che giochi ancora in finale, è così eccitante battere un modello così, qualcuno che ammiri, non so se sarà così alla sua età, probabilmente no, perché continua a vincere, quest’anno ha giocato due finali Slam, è unica”. Chissà se sa che la prima finale Slam, Venus l’ha giocata agli Us Open 1997, vent’anni fa, quando debuttava sul Tour! E la prima delle nove a Wimbledon l’ha disputata nel 2000! Di certo, vince la partita in quei minuti: “Mi aspettavo che Venus giocasse così bene, l’avevo seguita in queste due settimane, sapevo che mi avrebbe fatto lottare e soffrire, e così, davanti ai set point, mi sono detta: “Niente panico, è normale, sto giocando contro Venus, la finale di Wimbledon è Venus o Serena…”. E ho continuato a lottare e a giocare come nelle due settimane, sono rimasta calma, anche se avessi perso il primo set ne avrei avuti altri due, non dovevo comunque darne un dramma”.
Benedetta Garbine, perché troppe volte le giovani e le seconde della classe negli ultimi anni si sono liquefatte davanti alle Williams e a Sharapova. Mentre la venezuelana-spagnola invece di abbassare la testa e le braccia, invece di disunirsi, reagisce “molto composta”, cambia marcia, spara la pallina gialla a più non posso, sbaglia pochissimo, sforacchia il serbatoio già a metà della povera statunitense – un calo di zuccheri? la sindrome di Sjogren che si riaffaccia? – e infila nove game di fila, trasfigurando il punteggio nel 7-5 6-0 finale, dopo un’ora 17 minuti. “E pensare che ad inizio di carriera stavo sul fondo e giocavo i lob, poi sono cambiata, ho imparato a spingere e a seguire i miei colpi, e l’erba sembra fatta apposta per essere aggressivi. Ma ho imparato ad accettarla e ad amarla solo dopo la finale di due anni fa”.
Evviva il nuovo che avanza. Ma pure la 23enne Muguruza, dovendo puntare su un vincitore maschile, non si distacca della massa, dalla folla, dalla tradizione, anzi: “Dico Roger. Mi piace Cilic, dico sul serio, ma voglio vedere se Roger è elegante anche quando danza”. Con lei, alla Cena dei Campioni. “La gente tifava Navratilova nel 1994 e tifava Venus ora per motivi nostalgici? “Ma vogliamo nuovi nomi e nuove facce, dai”. Con la 23enne spagnola che torna fra le top 5, da regina di Wimbledon, lunedì la nuova numero 1 sarà la 25enne Karolina Pliskova.
Vincenzo Martucci