“Per poter superare Federer, Nadal o Djokovic, i ragazzi che sono arrivati dopo devono migliorare molto, soprattutto fuori dal campo, dall’alimentazione alla tenuta fisica. Io ho allenato Zverev per otto mesi e ho visto da vicino che ha troppi alti e bassi durante la stessa partita: questo è il motivo per cui non può ancora vincere uno Slam perché la sua incostanza lo costringe a giocare spesso dei cinque set, dove è un po’ come a testa o croce. Eppoi telefonate, social network, amici che compaiono all’improvviso: li vedo divertirsi su Instagram e non pensare al tennis come facevamo noi. Sascha, per esempio, passava tre ore sul campo in allenamento ma non poteva sostenere un’ora e mezza di allenamento di qualità. C’erano sempre proteste, continue interruzioni, arrabbiature, distrazioni. A volte era in ritardo e mancava così di rispetto a tutto il team“. Queste dichiarazioni polemiche di Juan Carlos Ferrero, ex numero 1 del mondo spagnolo, poi super-coach di Sascha Zverev, hanno dato lo spunto al professor Mondoni per rispondere a una domanda: sono davvero così cambiati gli allievi e quindi i ragazzi di oggi rispetto a quelli di ieri? Hanno davvero meno capacità di concentrazione e di sacrificio e di rispetto?
……….
Il periodo che segue la fanciullezza inizia in genere per i maschi verso il dodicesimo
anno e verso l’undicesimo per le femmine. Le intense trasformazioni somatiche,
endocrine e psicologiche indotte dalla pubertà, comportano un ulteriore, anche se
transitorio, squilibrio motorio.
L’aumento del ritmo di sviluppo, soprattutto auxologico, durante questo periodo,
comporta una trasformazione dell’aspetto corporeo (corpo che si allunga e si
allarga) e la conoscenza dei movimenti del proprio corpo, che negli anni precedente
sembrava consolidata, si ristruttura e sfugge ad ogni controllo motorio.
Ragazzi e ragazze, che precedentemente erano dei veri e propri artisti, si ritrovano
nel giro di una stagione, privi di armonia e coordinazione, proprio a causa del variare
dello sviluppo fisico.
In questo periodo, definito “ristrutturazione delle capacità motorie”, insorgono
problemi di equilibrio (statico e dinamico) per l’aumentata statura, con conseguenti
variazioni del baricentro e della base di appoggio. Ed è qui che l’Istruttore e
l’Allenatore a volte sbagliano, perché non tengono conto di tutto ciò!
La crisi puberale
La crisi puberale è il periodo durante il quale i giovani iniziano ad assumere quelle
che presumibilmente saranno le loro proporzioni somatiche definitive e l’Istruttore a
livello giovanile dovrà essere consapevole di trovarsi di fronte ad individui
profondamente turbati nei loro equilibri psico-fisici. La pubertà è un periodo di reale
disarmonia, non solo somatica, ma anche funzionale e psichica, l’ansia regna
sovrana e l’incertezza nel prendere le decisioni “recita” un ruolo molto importante.
Questa è una fase in cui il giovane atleta inizia a vivere la sessualità e le situazioni
conflittuali che essa comporta, aumenta l’interesse per i coetanei di sesso diverso e
si registra un notevole sviluppo delle conoscenze relative alla vita sessuale (con
informazioni non sempre corrispondenti alla verità).
L’Istruttore dovrà comportarsi, in palestra e fuori, come un Istruttore-Educatore,
dovrà cercare di capire i propri atleti e aiutarli a superare i momenti difficili.
Secondo me gli allenamenti dovranno essere divertenti e gratificanti, pena il rischio
di un abbandono precoce.
Se gli Istruttori non ascoltano ed annotano tutti gli atteggiamenti dei propri
giocatori, sia in palestra che fuori, avranno clamorosamente fallito il loro compito,
che è quello di portarli progressivamente ad una pratica sportiva sempre più
specifica e tecnica e all’acquisizione di una corretta cultura sportiva.
Bisogna saper aspettare, bisogna avere pazienza, rispettare i ritmi di accrescimento
e di apprendimento e…….invece ora se un giovane non vince più lo si abbandona,
tante ne arriva un altro da sfruttare!
L’Istruttore a livello giovanile
L’Istruttore a livello giovanile non deve mai copiare gli atteggiamenti di un grande
allenatore, né deve allenare il “talento”, né far giocare la propria squadra con
schemi rigidi, in quanto significa chiedere ai giovani di interpretare una parte alla
quale non sono preparati e limitare le loro capacità di scelta.
I giovani a quest’età sono molto discontinui nelle loro prestazioni e nel rendimento,
si esaltano e si deprimono molto facilmente, vogliono socializzare, comunicare.
L'Istruttore a livello giovanile deve essere un modello di coerenza, di buon senso,
deve essere un leader, aperto e sicuro, non deve perdere nessuno per strada poiché
lo sport, per crescere ancora, ha bisogno anche di altri Istruttori, Allenatori,
Dirigenti, Arbitri, pubblico intelligente e corretto.
Gli allenamenti non devono essere faticosi e i metodi di insegnamento devono
essere graduali e attuati tenendo conto di chi ha già praticato una attività sportiva
negli anni precedenti e di chi non lo ha mai praticato.
L’Istruttore che ha un “campioncino” tra i propri allievi, spesso lo esalta,
considerando poco gli altri.
Sarebbe meglio che a 11-12 anni non ci fossero eccessive specializzazioni di ruoli
negli sport di squadra, in quanto tutti devono essere in grado di giocare in qualsiasi
ruolo, assumendosi le proprie responsabilità.
Quanto contano le Agenzie Educative in tal senso? Moltissimo: i genitori, gli
Insegnanti, gli Istruttori e gli allenatori che…………dovrebbero convogliare tutti gli
sforzi verso un’unica direzione e invece ognuno tira l’acqua al proprio mulino.
Allenamenti e tecnica esecutiva
La tecnica esecutiva dei fondamentali individuali e di squadra (che devono essere
patrimonio dell’Istruttore) deve essere somministrata a piccole dosi, anche al
talento!
Non si deve assolutamente pensare che aumentando il numero e l’intensità degli
allenamenti, si ottengano risultati migliori subito, poiché se a volte si verifica, altre
volte (molto più numerose) i risultati sono gli abbandoni precoci e i contrasti tra gli
atleti, i giocatori e l’Istruttore.
Ogni Istruttore, in relazione al materiale umano a disposizione, alla sua esperienza e
preparazione, cercherà di utilizzare i mezzi e i metodi più opportuni per migliorare la
capacità di prestazione individuale e della squadra con il suo stile personale di
lavoro.
E’ opportuno sottolineare che oltre a fenomeni ben visibili, quali l’aumento di peso
e di statura, il cuore, tra gli 11 e i 15 anni, raddoppia di peso e di volume, allarga i
suoi orifizi, aumenta il calibro dei vasi, diminuiscono le contrazioni. E’ questo il
periodo in cui, a seguito di uno sforzo anche leggero, il cuore cambia di ritmo nelle
frequenze, denuncia crisi di palpitazioni ed manifesta accelerazioni brusche:
attenzione a non caricare eccessivamente per ottenere subito risultati migliori.
La pubertà è il periodo degli affaticamenti inspiegabili, spesso tradotti dall’Istruttore
(impreparato) in scarsa volontà e fiacchezza, con giudizi pesanti e non
corrispondenti alle vere situazioni in atto.
Le capacità motorie e la tecnica esecutiva
Non si può insegnare una corretta tecnica esecutiva di un gesto o di un movimento,
se prima non è stata creata una base multilaterale su cui costruire successivamente.
“Se non si educano e non si sviluppano le capacità e le abilità motorie individuali non
si migliora la tecnica esecutiva”.
Dal giocosport allo sport
Il passaggio dal giocosport (5-10 anni) allo sport (dagli 11 anni in avanti), non deve
essere traumatico, in quanto questo è un periodo determinante per decidere di
continuare o meno la pratica di una disciplina sportiva!
L’Istruttore in palestra deve tener conto del fatto che molti giovani potrebbero aver
praticato una o più discipline sportive negli anni precedenti (chi poco, chi tanto),
che alcuni potrebbero aver iniziato a praticare lo sport da poco tempo e, quindi,
prima di iniziare un lavoro specifico bisogna vedere da dove cominciare (test
antropometrici, funzionali, motori generali e specifici, test psicologici e sociometrici)
per poter programmare correttamente.
Il giocosport e il passaggio allo sport devono essere due proposte simili ma non
uguali, con un passaggio “dolce”, senza sorprendere o sbalordire nessuno. Quanti
talenti sono scomparsi nel giro di un anno!
I talenti
E’ bene che un Istruttore a livello giovanile si accorga subito “del o dei talenti” che
ha nel proprio gruppo o in squadra.
Il talento registra subito prestazioni superiori alla media quando è sottoposto ai test
motori generali e specifici, è un atleta particolare, estroverso, a volte ingestibile, ma
se ad esempio lo rendiamo importante mettendolo al servizio della squadra per farla crescere, vedremo che miglioreranno entrambi.
Con i talenti occorre pazienza, qualche volta bisogna usare il pugno di ferro, qualche
volta la carota, però in linea di massima sono abbastanza riconducibili.
Purtroppo si vedono, a livello giovanile, squadre di calcio o di pallacanestro, di
pallavolo, di pallamano, etc. che eseguono schemi rigidi di gioco, giocatori che non
inventano niente e che eseguono meramente ciò che vuole l’Istruttore.
Così facendo, perdono di vista il loro compito principale che è quello di insegnare ai
giovani a giocare sempre meglio e ad allenarsi con serietà, passione ed entusiasmo.
Purtroppo i fondamentali sono spesso insegnati rigidamente e analiticamente
attraverso esercizi stereotipati, le correzioni sono continue, idem le punizioni e al
momento della verifica (la partita) ci si accorge che i giocatori eseguono alla
perfezione i fondamentali esteticamente ma non sanno usarli (essenzialità).
Conclusioni
Rispetto al passato, secondo me, non c’è nessuna differenza, sono solo cambiati gli
Istruttori e gli Allenatori che sono sempre meno empatici!