“Non vedo l’ora che arrivi domani!” dice entusiasta Michael Rinaldi, 25 anni, riminese. Cosa lo aspetta di speciale tra poche ore? La griglia di partenza (nel weekend sarà tripla: alle due gare classiche si aggiunge la sprint, domenica mattina) del round iniziale della WorldSBK, che segnerà il suo debutto come pilota ufficiale tra le derivate. L’anno scorso il campione europeo della Superstock 1000 (2017) aveva partecipato alle tappe europee del Mondiale con l’Aruba.it Racing Junior Team, ma quest’anno sarà il rider (unico) del Barni Racing Team, la scuderia privata migliore della scorsa stagione. Non solo: guiderà la nuova, attesissima Ducati V4 R, la prima creatura di Borgo Panigale con motore a 4 cilindri.
Tu e la “rossa” siete entrambi all’esordio. Dalle tue parole, però, non sembri sotto pressione.
“Per niente, ho solo tantissima voglia di mettermi in sella. Durante i test abbiamo portato avanti lo sviluppo per capire come la moto rispondesse ai diversi assetti e come si adattassero le nuove sospensioni Showa. Il lavoro è lungo, ma i progressi ci incoraggiano e il feeling migliora: la V4 R è più potente e più dolce rispetto al bicilindrico al quale ero abituato, e la ciclistica è eccezionale. Gareggiare nel Mondiale, per di più su due ruote del genere, è un sogno che si avvera”.
Quando hai infilato il casco la prima volta?
“A 4 anni. È stato un colpo di fulmine, senza avere ereditato da nessuno la passione e con pochi mezzi. Ho iniziato per curiosità con una minimoto, all’epoca in Romagna le vendevano i benzinai, e mio padre me ne acquistò una. Sono andato subito forte e, più tardi, ho attirato l’interesse di sponsor generosi. Se sono arrivato qui, è merito loro: tanti chiedono un contributo economico, invece io correvo gratis. Però per uno sponsor ho lavorato”.
Cioè?
“Ho fatto l’operaio 12 mesi, per non pesare sulla famiglia e avere una certa autonomia: avevo 18 anni. In quel periodo ho capito quanti sacrifici comporti un mestiere ‘normale’. Quegli stessi sacrifici che i miei genitori hanno fatto a lungo per sostenermi”.
Il tuo idolo chi era, all’epoca?
“Valentino Rossi, avevo il suo poster in camera. Ancora oggi sono suo fan: è merito suo, se il nostro sport è così seguìto. Quando giro con lui al ranch è sempre un’emozione fortissima: “Vale” è una fonte di ispirazione per noi giovani, perché la sua passione lo spinge a dare il massimo”.
Siete amici?
“Non direi, ci vediamo troppo di rado. Invece con Andrea Dovizioso mi alleno spesso, anche in motocross, e abbiamo instaurato un ottimo rapporto. Ovviamente gli chiedo tanti consigli: corriamo tutti e due con la Ducati e approfitto della sua esperienza”.
Una dritta che ti ha dato “Dovi”?
“La più importante è che dare gas non basta: per vincere serve la testa”.
Il tuo punto forte in pista?
“La naturalezza: grazie all’istinto, non mi pongo problemi come affrontare una curva o un sorpasso”.
Il tuo punto debole?
“La costanza: negli ultimi giri accuso molto la stanchezza e la velocità cala. È una difficoltà che sto cercando di superare dall’anno scorso”.
L’obiettivo che ti prefiggi in questa stagione?
“Dare il massimo: la competizione con gli avversari non mi interessa, guardo ai miei risultati. Quando sventola la bandiera a scacchi, devo essere fiero di me. Ecco perché mi impegno al 100 per cento: niente è più importante della moto e il mio tatuaggio più caro me lo ricorda. È sulla caviglia: ho disegnato la sequenza delle marce, con i numeri dal più alto al più basso”.
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