I fuochi d’artificio accendono il cielo sopra la Torre dei Caduti. E’ il segnale che tutto è finito, il sogno si è spento per lasciare spazio alle certezze, quelle cercate per anni e ora improvvisamente diventate realtà. E’ così complicato da realizzare che quasi si fa fatica a festeggiare, fra le vie di Bergamo si respira un clima di incredulità misto a euforia che soltanto le grandi vittorie portano con sé.
Dopotutto l’Atalanta non ha mai vinto un trofeo in epoche recenti e per questo motivo realizzare che quel sogno si è spento per lasciare spazio alla gioia più sfrenata diventa difficile da comprendere. Passino gli abbracci poco dopo il triplice fischio finale, i baci degli amanti in un attimo di follia, le bandiere sventolate nell’aria ancora carica di pioggia. Per la consapevolezza serve altro, servono i fuochi d’artificio che accendono la città e fanno scatenare la festa perché l’Atalanta ha vinto per la prima volta l’Europa League.
A differenza di quanto accaduto per la finale di Coppa Italia, un evento divenuto tragicamente tradizionale sotto la gestione Gasperini, la sfida con il Bayer Leverkusen è qualcosa di così incredibile che nessuno vuol rimanere a casa perdendosi il riscatto di una provincia che negli ultimi decenni è salita alle cronache mondiali soltanto per la pandemia da Coronavirus.
Una pagina tragica che ha portato sì Bergamo nella storia, ma al prezzo di innumerevoli sofferenze e di migliaia di vite perse senza che nessuno potesse fermare un nemico tanto infido quanto mutevole. Quei momenti passano nella testa delle centinaia di orobici che per una sera si ritrovano in piazza per sostenere la squadra della propria città in una “mission impossible” contro un avversario stavolta sì pericoloso, ma al tempo stesso concreto.
E proprio per questo motivo non basta il gol di Ademola Lookman per far scattare la festa non appena, dopo solo dodici minuti, porta in vantaggio la Dea. Il pubblico rimane in silenzio, con lo sguardo fisso sui maxischermi e le lacrime agli occhi, sperando che almeno questa volta il destino non giri le spalle all’improvviso. Non bastano nemmeno il secondo e il terzo gol, questa volta il pubblico di Bergamo è in silenzio, assorto in un’adorazione mistica per quegli eroi che li stanno conducendo nell’Olimpo.
Non basta nemmeno il triplice fischio finale per rendersi conto che la coppa questa volta è loro, che, a distanza di sessantuno anni, questa volta si può festeggiare perché nessun papa è morto e nessun lutto potrà fermare la banda di Gasperini. Servono i fuochi d’artificio per far capire che qualcosa di eccezionale è accaduto. E poco importa se i figli della Dea Atalanta si trovino a … chilometri di distanza.
I fuochi d’artificio hanno confermato che l’Atalanta ha vinto l’Europa League e che Bergamo può finalmente festeggiare. E a questo punto tutti in strada con caroselli infiniti e finestrini abbassati per celebrare la propria squadra per tutta la notte. Perché per una volta i bergamaschi sono autorizzati a lasciare da parte quell’aplomb da serio lavoratore e glorificare quella serata in cui la Regina della Provinciali è diventata Imperatrice.