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Che giovani: Polledri fa sperare noi italiani, Larmour accende una super Irlanda!  

Da Carlo Gobbi 25/06/2018

Aspettando la Georgia, gli azzurri rialzano la testa con una bella terza linea. Intanto All Blacks sempre fenomeni e il pack boero fa sempre spavento…

Finiti i test-match nel sud Pacifico con l’appendice azzurra in Estremo Oriente. Ora il grande rugby lascia spazio al Four Nations, in attesa di riaccendere le polveri a novembre. Il clou sarà la calata degli All Blacks, a Twickenham contro gli inglesi e, più modestamente, all’Olimpico contro di noi. Ma vediamo com’è andata.
   Per l’Italia, che pareva sul podio dei condannati, principale imputato il suo head coach, l’irlandese Conor O’Shea, un brodino di speranza e di illusioni. Bel successo contro il club, netta sconfitta al primo test, addirittura doppiati nel punteggio dai giapponesi. Poi successo convincente nel secondo. Una bella prestazione collettiva di una squadra ormai talmente infarcita di giovani virgulti da non poter quasi più contare sui veterani. Parisse non c’era, lasciato giustamente a casa per un periodo di riposo attivo. La fascia di capitano è toccata a Leonardo Ghiraldini, rimasto con Alessandro Zanni a tenere alta la stecca dei senatori. Leo è stato autore di una straordinaria seconda partita, davvero da grande capitano.
   Aspettiamo a illuderci. Tante volte abbiamo già preso tranvate dure sui denti con disillusioni anche amare. Però ci pare di avere visto un buon gioco, sufficiente tenuta, carica, entusiasmo, pur con i consueti errori in difesa e la tradizionale insopprimibile indisciplina. Inutile segnalare i migliori. Lo ha già fatto la Gazzetta con l’inviato Andrea Buongiovanni, bravo, preciso, attento, competente, appassionato. Però ci sembra utile sottolineare la crescita di alcuni ragazzi come Allan all’apertura, ormai stabilmente preferito a Canna, di Minozzi nel reparto allargato, di Castello vero propulsore di una linea trequarti che ha recuperato dopo un anno di stop il miglior Campagnaro. Ma soprattutto di una terza linea dove brillano puledri freschi quali Negri, Licata e soprattutto il giovanissimo Polledri, entrato da esordiente come un ariete in maglia azzurra. Se son rose….! Intanto è stata interrotta la lunga serie di sconfitte consecutive. Per il morale, conta parecchio in vista del test molto significativo di novembre. Importantissimo quello con la Georgia. Per noi ben più pericolosa delle inavvicinabili Australia e Nuova Zelanda.
    E veniamo alle tre serie di tournée. Gli All Blacks non hanno avuto difficoltà con la Francia. Senza brillare nei primi due, specialmente il secondo, sfavorito da una troppo elegante espulsione dell’estremo francese su un placcaggio alto che probabilmente non meritava questa punizione severa. Risultato: i neozelandesi si sono disuniti, tutto troppo facile, hanno giochicchiato e pur vincendo da lontano, non hanno brillato. Salvo poi a Dunedin in chiusura, travolgere i malcapitati ospiti con la consueta tariffa (sfiorati i 50 punti) e un gioco spumeggiante. Da rilevare l’assenza di Kieran Ried, il capitano, che a novembre ci sarà. In leggero progresso la Francia di Brunel. Alcuni giocatori interessanti (Atonio, Camara), davanti e dietro, un gioco più alla francese, ma ancora tanto lavoro da compiere. Se noi siamo al capezzale, loro pure non sono certo guariti.
    Spettacolo puro in Australia dove Wallabies e Irish hanno giocato tre partite di altissimo livello, tecnico e spettacolare. Un successo di misura per l’Australia nel primo test, due punti appena, due nette vittorie degli ospiti negli altri due. Australia in progresso, soprattutto davanti con alcuni errori non usuali per la scuola australiana. Ma alcune sicurezze, come la terza linea dove brillano Pocock e il capitano Hooper. Dietro il solito preciso ragionier Foley, l’estremo Folau, poco utilizzato in offensiva, come ha rimarcato David Campese, gli spunti del pericoloso saettante Beale. Ma l’Australia c’è. Tutto bene nell’Irlanda. Linea arretrata spumeggiante, ficcante,  pericolosa, imperiosa, solita mediana di lusso con l’eccellenza di Morris e Sexton, tra i migliori al mondo, una terza linea di grande efficacia, dove brilla la stella O’Mahoney, una prima linea devastante dove ormai Furlong, pilone sinistro, emerge tra i più forti del pianeta ovale. E tra i giovani, fortissimi, dopo Stockdale, emerge Larmour. Segnatevi questo21enne…
  ccSarà l’Irlanda la grande avversaria degli All Blacks, come annuncia Francesco Pierantozzi, elegante suggestiva voce di Sky? E’ possibile. Ma staremo a vedere. Perchè sulle rive dell’Indiano a cavallo con l’Atlantico, sta riemergendo la stella degli Springboks. Toh, chi si rivede. Già, il Sudafrica sembra avere ritrovato il suo gioco caratteristico, tutto potenza, forza fisica, abnegazione, sacrificio, coraggio, determinazione, avanzamento devastante fino all’esaurimento del’avversario. Sorretto da una mediana che ha scoperto nel piccolo sgusciante ispirato Declerk, reduce da un anno di utile apprendistato in Inghilterra, quel motorino che serviva per unire la cerniera degli avanti con la linea trequarti. Il caso dei neri pare risolto. Kholisi, terza linea ala, ha debuttato come capitano, il primo nella storia degli Springboks. Ben accettato da tutti, si è dimostrato valido interprete del new deal sudafricano. Dopo due belle vittorie sugli inglesi, il Sudafrica è caduto nel terzo test, regalando una vittoria salvavita a Eddie Jones, che ha così evitato la sesta sconfitta consecutiva. Ciò che avrebbe fatto molto male all’orgoglio inglese e al suo contratto fino al mondiale in Japan del prossimo anno. Ma qui Jones ha avuto graziosi regali dagli avversari. Erasmus, nella foga di rispolverare vecchi giocatori, ha riportato titolari Rarepelle tallonatore al posto di un bravissimo Boonambi (il colossale Marx, titolarissimo, è infortunato) e l’oggetto sconosciuto Janties all’apertura. Proprio lui é stato il tallone d’Achille degli Springboks, infilando una serie infinita di errori, tattici, tecnici, di passaggio, di scelte digioco, difensivi. Che, uniti all’indisciplina, costata la bellezza di sedici punizioni, ha portato il punteggio nettamente a favore dell’Inghilterra. Troppo tardi è stato richiamato Pollard all’apertura. Tuttavia il lancio di alcuni giovani neri nella linea arretrata ha giovato alla squadra. Twararira ha festeggiato a Johannesburg il centesimo cap, primo nero sudafricano, entrando sul prato dell’Ellis Park con i due figlioletti in braccio. Il pack boero fa sempre spavento: Vermeulen n.8, Du Toit terza-seconda, l’esordiente Snyman, colosso di 206 cm in seconda, di fianco a Monster (e mancavano i due titolari), rappresentano il ritorno a quel classico gioco di sfondamento, emblema del Sudafrica. Vedremo altri progressi nel Four Nations? A Capetown, Erasmus ha portato in formazione di partenza sette neri su quindici, seguendo le disposizioni del governo. Escludendo l’orrido Jantjes e il tallonatore, gli altri sono ad hoc. Da segnalare la sicurezza che offre alla squadra Willie LeRoux schierato estremo. Oggi tra i è più forti del mondo. Meglio perfino dell’irlandese Kearney. Ed è tutto dire.
   L’Inghilterra con gara3 ha salvato la serie. Ma i problemi rimangono. L’asse Ford-Farrell ha ciccato nei primi due match. Così Cipriani, sì il discusso eterno rincalzo di lusso Cipriani, ha meravigliato giocando una gara intelligente, al servizio della squadra. Un recupero importante per un’Inghilterra che ha palesato pause, cali di concentrazione, errori in difesa, molto nervosismo e perfino indisciplina. Si può comprendere la grande pressione dei media inglesi sulla squadra. Da noi, il rugby frega gnent alla stampa. Il giorno dopo il match, nisba.Ma sull’isolaè ben diverso. L’assenza di Hartley, tallonatore e capitano, non  basta a spiegare questa defaillance. Ma l’Inghiterra deve riprendersi dall’incubo di un Sei Nazioni da vera disfatta. Servirà il brodino di Capetown?
   E adesso, via col Sei Nazioni e grazie a Sky che ci regala emozioni e divertimento ad ogni sabato. In attesa di una importante ripresa a novembre. Vera anticamera al mondiale giapponese del 2019. Forza azzurri…!
   Ieri sera, in chiusura di giornata, da Buenos Aires è giunta la luttuosa notizia della scomparsa a 79 anni di Rodolfo O’Reilly. Fu importante allenatore dei Pumas negli anni 80. Conosciuto al club di San Isidro, periferia della capitale, nell’ottobre 1982, durante la nostra permanenza nel Paese per i mondiali di pallavolo, fu con noi e il collega Loris Lolli del Corriere dello Sport anfitrione perfetto. Invitandoci all’allenamento, rilasciandoci una lunga esauriente intervista sul fenomeno Pumas. Con lui era presente il capitano, Travaglini, seconda linea. Un grande tecnico che ha costruito la nazionale argentina del dopo Hugo Porta. Ma anche un vero signore. Dal rugby passò a incarichi governativi al ministero dello sport. Ci è sembrato giusto ricordare un personaggio autentico di quel mondo ovale che fu.

 

Carlo Gobbi
Tags: dopo il 6 nazioni, rugby, situazione

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Nota sull’autore: Carlo Gobbi

È il giornalista più poliedrico del panorama nazionale. Oltre a 7 Olimpiadi, 6 Mondiali e 15 Europei di pallavolo, e 139 test match di rugby, ha seguito oltre 20 Mondiali ed altrettanti Europei di ginnastica, judo, hockey, ghiaccio, pallamano, pesi, tiro.

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  • 12 mesi a contatto con lo Sport. Nei dintorni del rugby con Vanni Zagnoli

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