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Giuseppe è in fuga sul Passo del Bracco quando all’improvviso le energie finiscono. La maglia nera del Casale Calcio si riempie di sudore come raramente gli è successo prima e la speranza di giungere a Firenze in totale solitaria svanisce insieme alle possibilità di conquistare una tappa al Giro d’Italia. Sono i tempi degli “eroi”, dove le ammiraglie non esistono, i rifornimenti sono praticamente autonomi e in caso di incidenti meccanici o crisi di fame è necessario arrangiarsi. Moltissimi corrono senza il supporto di una squadra come accade per Giuseppe Ticozzelli, professione calciatore.
Primo e unico in grado di prendere sia parte alla Corsa Rosa che al tempo stesso vestire almeno una volta la maglia azzurra della Nazionale di calcio, il terzino alessandrino raggiunge il ciclismo quasi per gioco dopo aver solcato i principali campi di Serie A. 1,87 per 95 chilogrammi e un giro-coscia di ben 84 centimetri, il pavesino classe 1894 si avvicina al calcio in realtà molto tardi, quando il pallone inizia a rotolare in giro per l’Italia e raggiunge la Lomellina dove cresce nella Sartiranese.
Diplomatosi come ingegnere ad Alessandria, il “Tico” pone le basi proprio sulle rive del fiume Tanaro dove nel 1912 dove fonda insieme a Enrico Badò, Amilcare Savojardo e di Alfredo Ratti il Foot Ball Club Alessandria dando così vita al mito dei “grigi” che faranno grandi calciatori del calibro di Gianni Rivera. Con la formazione piemontese gioca per sette stagioni disputando 35 partite e segnando tre reti prima di approdare nel 1921 alla Spal. Nel mezzo un conflitto mondiale a cui farà seguito la partecipazione alla Guerra d’Africa che lo vede raccogliere tre croci al valor civile e una medaglia di bronzo.
Proprio al termine della Prima Guerra Mondiale Ticozzelli tocca il punto più alto da calciatore venendo convocato per la sfida con la Francia in programma il 18 gennaio 1920 al Velodromo Sempione di Milano dove arriva giustappunto in bicicletta, confermando la passione per le due ruote. Dopotutto la passione per il ciclismo non è un mistero, soprattutto per la squadra Maino tanto da spingere l’Alessandria a utilizzare per la nuova divisa il grigio della maglia e il nero dei pantaloncini, colori della formazione di Costante Girardengo.
Nonostante la bicicletta non sia comodissima, si conferma comunque un mezzo migliore dei treni scelti da francesi che rischiano di non arrivar in tempo e costringono gli azzurri a rimandare di un giorno la sfida dopo che gli ospiti si erano fermati senza avvisare per una notte in Svizzera. In mezzo a tutto questo trambusto, Ticozzelli non passa comunque inosservato come dimostrato dall’impossibilità di trovare dei calzoncini adatti alle misure spropositate dei suoi arti. Non essendoci altra soluzione, invece di scendere in campo con quelli bianchi della Nazionale, è costretto a puntare su quelli neri dell’Alessandria.
La questione dei colori sociali non interessa soltanto “Tico”, ma l’intera squadra tricolore che, complice la similitudine con la casacca della Francia, è costretta a sfruttare le maglie bianche della “Nazionale Lombardia” messa a disposizione Luigi Maranelli, fondatore dell’ULIC. La situazione è talmente disperata che per distinguere il portiere Angelo Cameroni dagli altri giocatori è necessario cucire sul petto il simbolo dei Savoia, tuttavia gli azzurri non si fermano davanti alle difficoltà e scendono in campo per dare vita a una sfida senza precedenti.
Le squadre sono ferme nel migliore dei casi da cinque anni tant’è che sono in cinque i reduci dalla sfida con la Svizzera andata in scena il 31 gennaio 1915: Renzo De Vecchi detto “Il figlio di Dio”, Luigi Cevenini III noto anche come “Zizì”, il centromediano Carlo Carcano, l’ala destra Felice Berardo e il mediano Guido Ara. La sfida è veramente vivace con Cevenini che va a segno per due volte nei primi diciannove minuti accompagnato da Ermanno Aebi nel mezzo. La Francia non si arrende e va al contrattacco realizzando due reti in cinque minuti fra il 23’ e il 28’ grazie a Paul Nicolas e Henri Bard. In un roteare continuo l’Italia chiude il primo tempo sul 4-3 con il gol di Guglielmo Brezzi al 38’ e la doppietta di Bard al 42’.
Al rientro in campo l’Italia dilaga: Brezzi raddoppia al 52’, Aebi completa la personale tripletta con le reti al 62’ e al 70’, Carcano realizza l’ottavo gol al 72’ prima che Brezzi completi l’opera al 84’ e Raymond Dubly fissi il punteggio sul 9-4 all’87’. E’ la festa del gol, un secondo “esordio” per un’intera generazione cresciuta sotto le bombe come Ticozzelli che vive soltanto quella giornata di gloria prima di tornare a solcare i polverosi campi di Serie A e diventare celebre anche per quel gol realizzato su calcio di rinvio da ben 75 metri, diventando la rete più lontana mai realizzata nella storia del calcio italiano.
Alla Spal vive tre anni da vero protagonista tanto da svolgere il ruolo di giocatore-allenatore fra il 1923 e il 1924 e prendere parte nel 1922 alla semifinale per lo scudetto persa per 2-1 contro la Sampierdarenese. Per chiudere il cerchio passa al Casale dove rimarrà fino alla fine della propria carriera nel 1931 giocando al fianco dei futuri campioni del mondo Umberto Caligaris e Eraldo Monzeglio, ma al tempo stesso dando vita a quel mito che lo ha reso celebre nel mondo del ciclismo.
Proprio con la maglia nera stellata partecipa all’edizione 1926 in qualità di indipendente. In una “gara al massacro” dove le tappe sfiorano e talvolta superano i 300 chilometri, le strade si presentano come sentieri pieni di buche e le biciclette rappresentano più dei pesi da trascinarsi che dei mezzi in cui muoversi, Ticozzelli sopravvive alle prime due tappe tentando la fuga nella terza tappa, 312 chilometri da Genova a Firenze. L’atleta pavese va in fuga, guadagna un’ora sugli avversari quando sul Bracco va in crisi. Come abbiamo anticipato all’inizio non ci sono i confort attuali per cui “Tico” decide di appoggiarsi all’arte di arrangiarsi. Entra in una trattoria, sistema un tavolo a bordo strada e si rifocilla per bene in attesa che arrivino gli inseguitori. Quando il gruppo sopraggiunge, rimonta in sella come se nulla fosse.
Il Giro di Giuseppe Ticozzelli termina però proprio a Firenze a causa di una caduta nei pressi dell’arrivo causata da “un motociclista” come riportato da “La Gazzetta dello Sport”. Le ferite sono più gravi del previsto e il rappresentante del Casale Calcio deve alzare bandiera bianca. Poco importa perché la passione per la bicicletta e per il pallone continueranno ad andare di pari passo, anche dopo la Guerra d’Africa nella quale perde la vista e quindi la possibilità di osservare da vicino i suoi due sport preferiti. Per ovviare al problema compra un tandem con cui pedalare in compagnia del figlio e si fa accompagnare allo stadio dai parenti per farsi raccontare le fasi di gioco.
Il tutto senza mai dimenticare quella celebre sfida con la Francia in cui l’Italia impose una lezione ai cugini d’Oltralpe con ben nove gol realizzati in soli novanta minuti.