Una settimana dopo la fine del Mondiale di calcio gli animi, almeno quelli dei francesi, non si raffreddano. Sembra quasi di risentire “i francesi che si incazzano”, con “le palle che ancora gli girano” dalla voce di Paolo Conte che canta Bartali. Magari, se esaminiamo più analiticamente la finale, va a finire che scopriamo qualche verità in più, non solo su quella partita, ma anche su altre cose: i voti squilibrati, i veri protagonisti e soprattutto il paragone fra Messi e Maradona, che tutti dicono di non voler fare perché “sono epoche diverse” e “il calcio si è trasformato”, bla, bla, bla, e invece alla fine lo fanno!
PAGELLE E PROTAGONISTI
In realtà, la questione dei voti si riduce a un solo particolare: il 10 che molti commentatori hanno dato sia a Messi che a Mbappé. Se il voto massimo è giusto per Messi, non vedo proprio come possa essere riconosciuto al francese, che anzi viene indicato come grande protagonista e trascinatore della Francia nel momento più delicato, autore di 3 gol e poi anche del quarto ai calci di rigore. E allora, proviamo a guardare meglio la prestazione di Mbappé, partendo da una premessa sul record dei gol in una finale. Eguagliato quello dell’inglese Geoffrey Hurst nella finale del 1966, 4-2 alla Germania Ovest. Il paragone è esatto nei numeri, completamente sbagliato nel significato tecnico. Hurst segnò tre gol su azione, anche se il secondo, quello del 3-2, come hanno sempre dimostrato tutte le immagini, le moviole e le contromoviole, era fasullo perché il pallone non era entrato e ancora non si capisce perché tanti giornalisti e commentatori parlino ancora di “gol fantasma del quale non si è mai capito se la palla fosse entrata o no”: non era entrata, mettetevi gli occhiali e piazzatevi a due centimetri dalla Tv, magari riuscite ad accorgervene. In ogni caso, i gol di Hurst sono tutti su azione, Mbappé ne fa solo uno su azione, comunque con un tiro bellissimo, e due su rigore.
Si dirà, ma i rigori li ha propiziati lui. E anche qui non ci siamo. Il primo rigore viene fuori da una rimessa laterale della Francia, Mbappé la riceve e allunga il pallone, sembra volerlo inseguire, ma lì davanti c’è il suo compagno Kolo Muani che lo prende A DIECI METRI DALL’AREA e lo porta avanti finché, entrato in area, viene atterrato da Outamendi.
Qualcuno vorrebbe dire che questo è un assist di Mbappé? Per favore, siamo seri. Il secondo rigore, nei supplementari, scaturisce da un fallo di mani di Montiel su tiro, da fuori area, di Mbappé che riprende una respinta della difesa su calcio d’angolo. Quindi, non c’è alcuna azione costruita, ma solo una respinta della difesa e un tiro da fuori area, non c’è un dribbling di Mbappé per crearsi uno spazio per tirare, niente di tutto questo, la palla gli arriva dopo la respinta e lui tira. Un po’ diverso, tanto per fare un esempio, dal rigore procurato da Di Maria, che controlla la palla, si ferma, aggira l’avversario, entra in area e viene atterrato, questo è un rigore il cui merito è indiscutibile. E anche sulle esecuzioni dei tre rigori, c’è da discutere. In due su tre il tiro di Mbappé è intuito da Martinez che riesce a toccare il pallone ma senza fermarlo. Mbappé ha comunque segnato, ma ha rischiato molto, non è il modello di rigore che tira un campione, come i due che invece ha eseguito Messi nella finale, in entrambi i casi con il portiere completamente spiazzato. E lasciando da parte gli episodi, ma guardando alla prova generale di Mbappé, il quadro per lui è sconfortante: per più di 70 minuti quasi non tocca palla, poi si distingue per un tiro dal limite deviato al 4’ del primo tempo supplementare, un cross dalla linea laterale al 15’ del secondo supplementare e un tentativo di dribbling fermato appena entrato in area al 18’. Tutto qui? Tutto qui. Ma la narrazione, invece, è da leggenda.
E’ come un canovaccio che deve essere rispettato a tutti i costi, perché così era stata presentata questa sfida, i due più grandi campioni in questo momento e così via. Poi, vai a vedere i voti di altri argentini decisivi per la vittoria e a malapena arrivano all’8,5, come Di Maria, autentico campione protagonista del 2-0 più di Messi, una prova di ben altra caratura rispetto a quella di Mbappé, con dimostrazione di tecnica e sensibilità del piede al livello dei più grandi di sempre. E poi il portiere Martinez, autore di tante parate fra cui quella monumentale all’ultimo minuto dei supplementari su Kolo Muani, solo davanti a lui, con riflessi spaventosi che gli consentono di stendere la gamba per respingere il tiro, oltre al rigore parato e a quello fatto sbagliare nella cinquina finale. Se poi gli si rimprovera comportamenti scorretti è giusto ammettere le sue colpe, ma allora bisogna guardare a tutti i portieri, cominciando da quello dell’Olanda che prima di ogni rigore andava a provocare gli argentini mettendo la sua faccia a pochi centimetri da quella degli avversari. O vale per tutti o per nessuno.
IL PIU’ GRANDE DI SEMPRE
E passiamo a Messi, che finalmente ha tirato fuori il carattere del vero campione. L’immagine più significativa del suo Mondiale, a mio parere, non è fra quelle della finale, pur importanti, ma un’azione prolungata nei minuti finali del primo tempo contro la Croazia. Messi perde palla in un contrasto, i croati vanno via, ma lui li insegue e, come un mastino, strappa loro il pallone, lo difende contro tre avversari e se ne va in dribbling. Mai visto così. E’ in quel momento che si capisce la sua ascensione al rango di vero capitano e trascinatore, tutto il resto viene di conseguenza. E anche se qualche errore lo commette in finale, visto che perde palla, pur essendo in vantaggio nel controllo, con Coman che gli arriva da dietro e gliela strappa, dando il via all’azione del 2-2, la sua prestazione rimane di valore altissimo, tanto da meritare il 10. E’ giusto allora dire che abbia raggiunto Maradona nell’ideale classifica di più grande di tutti i tempi o che lo abbia addirittura superato? Fermo restando che tutte le opinioni sono rispettabili, vorrei mettere in evidenza alcuni aspetti e caratteristiche che vanno al di là dei vari giudizi e costituiscono riferimenti incontestabili. Chiarisco ulteriormente che non parlo della personalità dentro e fuori del campo, in cui Maradona a parere di quasi tutti è superiore a chiunque altro, ma solo di aspetti tecnici in campo.
Cos’è, secondo me, che distingue Maradona da Messi (oltre che da tutti gli altri candidati al ruolo di più grande) e che me lo fa preferire come fuoriclasse ineguagliato e ineguagliabile? Vado con ordine.
Maradona tirava i rigori di piatto e senza forzare, spiazzando completamente il portiere che, in tantissimi casi, addirittura non si muoveva, tanto era rimasto confuso dalle sue finte. Messi ha suscitato ammirazione per il rigore tirato dopo i supplementari e la sua esecuzione è stata paragonata proprio a quella di Maradona, prendendo come riferimento quello della semifinale mondiale del ’90 contro l’Italia. Ma l’altro rigore della finale con la Francia, Messi lo ha tirato spiazzando il portiere, ma con un tiro potente. E in questo Mondiale ha eseguito altri rigori con tiri forti a mezza altezza, segno di una non totale sicurezza. Maradona li tirava sempre rasoterra e delicatamente. Irraggiungibile su questo particolare tecnico.
Messi raggiunge Maradona nelle azioni in cui parte palla al piede e, con velocità massima, supera tanti avversari e arriva in porta. Ma se ha segnato più gol di Maradona in questo modo bisogna anche valutare quante volte in queste azioni lui è stato fermato con un fallo e quante volte lo fu Maradona: se guardiamo le immagini con le azioni dell’epoca assistiamo a un vero “massacro” delle gambe di Diego. In ogni caso, assegno la parità in questo fondamentale.
Come numero di vittorie Messi è in vantaggio, ma le cifre non esprimono l’autentica realtà. Messi ha sempre giocato col Barcellona e ha vinto tanto, Maradona ha giocato col Napoli, non c’è paragone fra le due situazioni. E se si guarda alle due stagioni di Maradona nel Barcellona, in cui ha vinto “soltanto” una Coppa di Spagna, una Coppa della Liga e una Supercoppa, bisogna notare il tempo in cui è stato fermo, tre mesi per una epatite virale e poi quasi quattro mesi per la frattura della caviglia. E se si fa riferimento al Pallone d’oro bisogna ricordare che fino al 1995 veniva assegnato solo a giocatori europei e gli argentini Di Stefano e Sivori lo avevano vinto solo perché avevano lo status di “oriundi”. Maradona era escluso. Il paragone, in questo caso, è improponibile.
Ma ci sono anche le vittorie con la Nazionale. E qui la differenza torna a essere notevole, non tanto per i trofei, un Mondiale vinto e una finale per entrambi, ma per il significato. A parte il fatto che Maradona nel 1978 fu escluso dalla Nazionale che poi avrebbe vinto il Mondiale perché considerato troppo giovane, 18 anni, anche se era già considerato quantomeno all’altezza dei migliori, la squadra con cui ha vinto nel 1986 è, con le eccezioni di Valdano e Burruchaga, la più debole fra tutte quelle che si sono imposte nei Mondiali, e quella del 1990, arrivata in finale, era anch’essa di non eccessivo valore. La nazionale di Messi in Qatar è tutta un’altra storia, con un Di Maria eccelso e tanti altri di alto livello, giovani e no, dal portiere Martinez al centrocampista Mac Allister, all’attaccante Fernandez, con gente come Dybala in panchina.
Torniamo alla pura tecnica. Maradona segnava gol spettacolari da grande distanza, come quello al Verona, e direttamente da calcio d’angolo alla Lazio, o di testa sdraiato a terra alla Sampdoria, o con tiri inventati come il pallonetto da quasi 30 metri all’incrocio dei pali contro la Lazio. Tutti gol in cui la tecnica e la sensibilità del piede si accoppiavano alla fantasia e al genio. Gol di questo tipo è difficile o impossibile vederli nel repertorio di Messi.
Infine, Messi non ha mai segnato un gol come quello di Maradona alla Juventus il 3 novembre 1985, su punizione a due in area. Sulle punizioni dal limite e fino ai 30 metri c’è uguaglianza, ma su quella punizione alla Juve non è possibile alcun tipo di confronto. Maradona, su un campo pesante per il fango, con la pioggia che continua a cadere, con la barriera a soli 6 metri, da cui si staccano due giocatori che gli arrivano a meno di tre metri quando lui calcia la palla passatagli da Pecci, inventa un tiro che scavalca tutti e si abbassa miracolosamente per finire all’incrocio dei pali, con Tacconi in tuffo che nemmeno arriva a sfiorarla. Su quale sia il gol più bello di sempre ci si può sbizzarrire come si vuole, a seconda delle opinioni, ma questo è tecnicamente il gol più difficile dell’intera storia del calcio. Nessuno, incluso Messi, ha saputo avvicinarsi a tanto. Ovviamente, la distanza fra i due è minima, Messi è un fuoriclasse, ma Diego Maradona è nell’alto dei cieli, lì dove nessuno può raggiungerlo.