Se il pubblico del Roland Garros, molto legato ai club e quindi esperto di tennis, è giacobino, quello di Bercy, molto più giovane e irruento, è calcistico. Di sicuro, come sottolinea il francese Jeremy Chardy che ha appena battuto a sorpresa Medvedev: “In questo palasport, senti che la gente è con te, anzi, più vai male più ti sostiene. E questo dà tanta energia in più”. Ma può succedere anche il contrario, come ricorda il francese Henri Leconte che perse con McEnroe nell’88: “Era come stare al circo, la gente fischiava me e applaudiva John, forse quel giorno solo i giudici e i raccattapalle non mi insultarono”. Inferno e paradiso, insomma, così come i media francesi: vuoi tifosi appassionati, vuoi critici severi, soprattutto ora che i “Moschettieri 2”, Richard Gasquet (anni 33), Jo Wilfried Tsonga (34), Gael Monfils (33) e Gilles Simon (34), si stanno eclissando, e la “grandeur” di un paese così ricco e prodigo di risultati sta appassendo negli Slam come nei “top ten”. Lasciando coriandoli di speranze agli altri ultra-trentenni, Nicolas Mahut (37), Adrian Mannarino (31), Benoit Paire (30), Jeremy Chardy (32), Pierre Hugues Herbert (28).
Humbert e Moutet non sono stati dei fenomeni a livello junior e non lo sono a livello pro. E i sogni di gloria del tennis francese guarda più alle stelle baby, Harold Mayot e Valentin Royer, numero 5 e 12 della classifica mondiale junior, e soprattutto alla 17enne Diane Parry, neo campionessa del Masters juniores che chiuderà l’anno al numero 1 del mondo. Chissà. Intanto, la polemica serpeggia: è giusto o no che che la Federazione apra le sue porte ai gruppi privati, e come allargare maggiormente la base? I quattro Moschettieri, non svestiranno pantaloncini e magliette, saranno subito coinvolti come testimonial. A cominciare dai mori Monfils e Tsonga, traino fondamentale per reclutare forze nuove e soprattutto fisici da strappare al calcio e agli altri sport di squadra in un mega progetto nelle periferie delle grandi città.