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Golf

Atleti al tempo del coronavirus – Il golfista Matteo Manassero: non siamo così ‘speciali’, giusto rispettare regole

Da Vincenzo Martucci 02/04/2020

Com’è la vita di un golfista professionista ai tempi del Corona Virus? L’abbiamo chiesto a Matteo Manassero, 27 anni il 19 aprile, più giovane vincitore dell’European Tour, quando ne aveva 17 al Castellò Masters in Spagna.

Come funziona, fra quattro mura, la giornata di un atleta abituato a viaggiare tanto come un golfista?
“Sto sul lago di Garda con la mia ragazza, la vita è sicuramente diversa dal solito, ci svegliamo anche alle 9 e la sera siamo meno stanchi per cui guardiamo più tv. Amazon, Netflix, dopo Peaky Blinders insieme, ora sono molto preso dalla serie sulla Formula 1. Eppoi gioco di più alla Playstation. E poi… Le carte: giochiamo anche a carte. Durante la giornata, mi tengo in forma, almeno atleticamente, un’ora e mezza-due al giorno, la mia ragazza ed io ci alleniamo insieme, e questo aiuta. Certo, rispetto alla routine, cambia tutto: in tempi normali, in genere, la mattina faccio golf sul campo e il pomeriggio palestra 3-4 volte la settimana. Allenandomi in casa, non ho il giardino, ma ho un bel terrazzo”.

Per tener vivo il golf, molti colleghi tirano contro una rete, lei da bambino seminava la casa di libri e suppellettili per improvvisare un green.
“Purtroppo, quella fantasia che avevi da piccolo da grande la perdi, peccato davvero. No, non gioco più sui miei circuiti casalinghi”.

Come fa a tener viva la tecnica, soprattutto dopo i problemi che ha avuto e che sta cercando di appianare?
“Faccio una serie di esercizi specifici sullo swing studiati per me dal nuovo maestro, James Ridyard, tanti accorgimenti importanti sul back e sul downswing”.

Matteo si è fermato nella sua esplosione: per giocare più “lungo” ha perso tocco e fiducia nella tecnica.
“Prima andavo troppo per sensazioni, dopo un mese di lavoro sullo swing, sono al punto in cui devo liberarmi, devo esprimere il mio talento, devo tornare a dare più spazio alle mie sensazioni, vediamo che succede alla ripresa delle gare. Non gioco da novembre, dalla qualifying school in Spagna, e chissà quando potrò tornare sul green. Sono fiducioso”.

E’ stato giusto fermare anche uno sport all’aria aperta come il golf?
“E’ giusto rispettare regole che valgano per tutti, niente deroghe. In questo tragico momento lo sport conta poco. Io potevo restare in Spagna ma sono voluto tornare, non sarei stato comunque nello spirito di giocare a golf, l’aria è troppo pesante con questo terribile virus che crea tante situazioni tristi e uccide le persone. Difficile cercare allegria e distaccarsi dalla realtà esterna. Era giusto fermarci tutti anche per la sicurezza di tutti, era giusto che tutti fossimo dediti alla, causa, senza eccezioni per noi professionisti”.

Gli atleti professionisti, soprattutto quelli di sport ricchi come il golf, sono dei privilegiati: come ci si sente da persona comune?
“E’ sicuramente una situazione anomala, nuova, anche difficile, all’inizio, ma poi prendi coscienza di questa cosa e così abbandoni la percezione di essere più forte di tutto, magari anche invincibile, e participi a questa terribile situazione. E cooperi: la cosa migliore è fermarci, restare chiusi in casa, capire che la soluzione dipende da noi, da tutti. Di sicuro, sono contento di vivere anche questo nel mio paese, in Italia”.

Orgogliosi di essere italiani ai tempi del Corona Virus: siamo stati fra i primi a imporre certe regole di comportamento all’intera popolazione. Pian piano il resto d’Europa e del mondo ci ha imitati.
“Molti erano convinti che noi italiani stessimo esagerando, che stessimo sbagliando, ora sono orgoglioso di quello che abbiamo fatto e stiamo facendo, alla faccia di certi stereotipi sul nostro paese. Stiamo confermando che, quando abbiamo e spalle al muro, siamo i migliori, diventiamo anche eroi. E rispettiamo le regole”.

L’atleta è un esempio, anche in momenti terribili come questi?
“Possiamo dimostrare alle persone comuni che non siamo così speciali: noi golfisti siamo spesso colpevolizzati quasi per il “non lavoro” che facciamo, e invece ora siamo chiusi in casa anche noi e non viaggiamo, non giochiamo, non guadagniamo. Anche se, ovviamente, chi fa il golfista professionista qualche soldo da parte ce l’ha, e può avere le stesse preoccupazioni di chi dipende totalmente dal lavoro e quindi dai soldi che guadagna giorno dopo giorno”.

  • Intervista pubblicata su www.primaonline.it
Tags: golf, matteo manassero

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Nota sull’autore: Vincenzo Martucci

Napoletano, 34 anni alla Gazzetta dello Sport, inviato in 8 Olimpiadi, dall’85, ha seguito 86 Slam e 23 finali Davis di tennis, più 2 Ryder Cup, 2 Masters, 2 British Open e 10 open d’Italia di golf. Già telecronista per la tv svizzera Rsi; Premio Bookman Excellence.

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