La piovra è al potere. Daniil Medvedev è il primo degli ex Next Gen che conquista uno Slam, in nome dei coetanei Zverev, Tsitsipas, Rublev e Berrettini. E’ anche il primo dei ragazzi di 24-25 anni che ha fatto piangere re Nole I di Serbia, l’uomo che voleva farsi più che re, GOAT del tennis, superando i 20 Majors-record di Roger Federer e Rafa Nadal e chiudere il leggendario Grande Slam, aggiudicarsi cioé i quattro massimi trofei in un’unica stagione, sotto gli occhi di Rod Laver che c’è riuscito per ultimo, nel ’69, peraltro per la seconda volta.
Nella indimenticabile notte di New York ha dimostrato di poter eseguire al meglio e con continuità da campione servizi e colpi da fondocampo, fino ad inchiodare definitivamente le gambe di Djokovic che Berrettini e Zverev avevano stancato in un gioco di squadra da video game.
Non solo: dopo aver vinto la partita di tennis, dopo aver asfissiato il re con la battuta a mille, rischiandola seconda come fosse la prima, e con palleggi ficcanti al centro del campo per non aprigli gli angoli sui quali Novak si esalta, Medvedev ha vinto la sua battaglia contro il facinoroso e incontrollabile pubblico di New York.
Una battaglia nata due anni fa, quando la gente lo fischiava per quella sua attitudine un po’ scanzonata, un po’ distratta e un po’ strafottente, e lui, al microfono la ringraziò pubblicamente, spiegando che senza il tifo contro non sarebbe mai riuscito a superare gli ostacoli della gara, l’avversario, le proprie titubanze. E, ravvivato proprio da quel sentimento contrario, arrivò alla finale contro Nadal, che perse di un soffio.
Perciò, dopo una partita senza storia, come ne succedono a Fushing Meadows, dopo una stagione sfibrante e due settimane di micidiale caldo-umido e un tennis sempre molto equilibrato, sull’impensabile 6-4 6-4 5-2 per il 25enne moscovita, il pubblico ha cominciato rumoreggiare scomposto e scorretto durante il servizio di Daniil.
Facendo un ulteriore e decisivo passo avanti nella, sua crescita umana. ”E’ stata dura, l’unica cosa che potessi fare era concentrarmi, non so che cosa sarebbe potuto succedere sul 5-5, se sarei impazzito o chissà. Non è successo e quindi non possiamo parlarne, sapevo che dovevo ritrovare il focus dentro me stesso su quello che dovevo fare per vincere la partita”.
E’ cresciuto tantissimo al servizio, come testimonia il 100% sulle prime e i soli tre punti persi nei cinque turni di battuta del primo set, con 8 ace, numeri coi quali ha dato una impronta decisiva al match. Ha messo giù proiettili micidiali anche con la seconda, tanto che alla fine il numero 2 del mondo è andato pari col numero 1 nelle statistiche con la prima di servizio ottenendo l’80% di punti, ma l’ha nettamente superato con la seconda: il 58% contro il 40% dei punti.
Soprattutto, Danill il geniale che ha preparato anche questa indimenticabile partita come se giocasse con gli amatissimi scacchi, è stato capace di eseguire al meglio il suo piano per un lungo periodo di tempo, resistendo alla situazione esterna, alla tensione per l’enorme premio sul piatto della bilancia – per lui e per l’avversario – e ha saputo resistere alla violenta e ingiusta intromissione del pubblico.
Ci ha pensato nella sua comprensibilissima notte insonne della vigilia, quando pensava a come avrebbe mai potuto festeggiare se avesse vinto la finale e ha architettato questa sceneggiata. Così come aveva pensato di fare un regalo alla moglie per l’anniversario di matrimonio del 12 settembre, non aveva trovato niente e le ha dedicato il trionfo Slam. Che permette di accompagnarsi preso con altri, soprattutto sui campi duri. Anche se magari, sulla quinta Avenue, coi 2.5 milioni di dollari di primo premio, potrà aggiungerci un’attenzione ancor più tangibile.
Insieme al souvenir del video della partita che forse manderà a Marat Safin, uno dei suoi idoli, moscovita come lui, che, nel 2000, a New York, fece uno scherzetto simile a uno degli idoli di casa, Pete Sampras, con un 6-4 6-3 6-3 che somiglia molto al 6-4 6-4 6-4 che Medvedev ha rifilato a Djokovic. Sempre in una finale-sprint dagli uno-due micidiali, servizi al fulmicotone e primi colpi dello scambio violenti e perentori. Alla russa: o la va o la spacca.
Vincenzo Martucci (tratto da supertennis.tv)