Mancano cinque tappe (inclusa quella del weekend in corso, in Catalogna), al termine del Mondiale e Garrett Gerloff , 27 anni, sa già che l’anno prossimo correrà nel team BMW Bonovo. “Questa è la mia terza stagione, tutto è andato velocissimo – mio padre mi ha sempre detto che, con l’età, i tempi si accelerano – e sono sempre più entusiasta del mio lavoro” spiega il pilota texano del team GYTR GRT Yamaha.
Hai mai pensato di lasciare?
“Sì, più volte. A inizio carriera perché non era semplice cominciare, poi per gli incidenti che mi sono capitati e ogni volta che le cose vanno diversamente da come speravi.
Cosa ti ha spinto a continuare?
L’amore per la moto. Le sensazioni che danno la velocità e le gare sono una droga, non posso farne a meno.
Il piano B l’avevi?
“Non preciso, anche ora penso al futuro. Mi piace molto fotografare, mi interessano la nutrizione e il fitness. Un amico medico mi aiuta a capire come funziona il corpo umano ed è un argomento che sarebbe da approfondire. E poi mi piace creare. Costruire una casa con le mie forze sarebbe magnifico”.
Hai paura di qualcosa?
“Sì, delle api, per esempio”.
E in moto?
“Della velocità, ma dopo che sono caduto. Solo quando sbatti per terra, ti rendi conto di quanto corri. All’Estoril, a maggio, non sapevo che l’ultima curva fosse così rapida, l’ho scoperto poi, attraverso la ferita al ginocchio. Un high-side pazzesco”.
La prima persona che chiami finita una gara?
“Mio fratello Grayson. Pensa che ci odiavamo; il rapporto è cambiato quando mi sono trasferito in California per correre, a 17 anni. Da lì abbiamo cominciato a parlare e siamo diventati grandi amici. Anche lui gareggiava: io miglioravo, lui era forte, ma mancavano i soldi per continuare entrambi e Grayson si è tirato indietro per lasciare proseguire me. Che cuore grande”.
Ora di cosa si occupa?
“È manager di un workshop d’automobili. Bravissimo: a 25 anni, gestisce 50 dipendenti. L’azienda fattura milioni di dollari e lui è a capo di tutto”.
Vivi ad Andorra come tanti colleghi: cosa ti manca degli Stati uniti?
“Tutto. A partire dalla famiglia. Mi manca anche il cibo messicano: abito in Texas, per me è pane quotidiano”.
Dell’Europa ti ha conquistato qualcosa?
“Di Andorra, in particolare, la possibilità di girare in bici ovunque. Mi alleno con diversi piloti, spesso con Jack Miller e i fratelli Binder. Apprezzo la vostra cucina, la qualità è superiore in confronto alla nostra e le persone molto gentili”.
Un sacrificio che hai fatto per le moto?
“Ho dato la vita per la moto. Il più grande tra i tanti è stato lasciare la scuola per studiare a casa. Viaggiavo di continuo per le moto e non riuscivo a frequentare con assiduità. Faticavo ad avere amici stretti per questo motivo; per fortuna ho recuperato: ora che sono fisso in Texas diversi mesi l’anno, ne ho un gruppo affiatatissimo. Certo, la dieta rigida e gli orari da rispettare – niente dolci, niente feste – non sono il massimo, soprattutto quando sei un teenager, ma ne è valsa la pena”.
Foto credit: Dario Aio