È stato un debutto eccezionale quello del bergamasco Andrea Locatelli, del team ufficiale Pata Yamaha with Brixx WorldSBK: a metà ottobre in Argentina si è laureato rookie dell’anno (e proprio in quel weekend ha festeggiato 25 anni). Non solo: la stagione termina questo fine settimana, sul circuito inedito di Pertamina Mandalika, in Indonesia, e il campione del mondo della Supersport 2020 (vincitore del titolo all’esordio nella categoria) si trova al quinto posto nella classifica generale.
La differenza principale che hai riscontrato nella Superbike rispetto alla Supersport?
La potenza maggiore; per il resto, la R6 e la R1 sono abbastanza simili.
Nonostante la cilindrata, ti sei trovato subito benissimo.
Qualche anno fa faticavo di più all’approccio; in questi ultimi due, invece, trovo subito il feeling con la moto. Sicuramente il merito va anche alle squadre: ho trovato in entramve un ambiente più tranquillo rispetto al Motomondiale, dove ho corso dal 2013 al 2019.
Cioè?
Forse una metafora rende l’idea. In questo paddock è come andare a tavola in compagnia; nel Motomondiale è difficile condividere, ci sono tanti muri che separano.
I muri sono apparsi persino nei box, a causa delle rivalità tra piloti della stessa squadra. Che rapporto hai con il tuo compagno, Toprak Razgatlıoğlu?
Buono. Ci aiutiamo e siamo cresciuti come team fino a rendere la moto competitiva e giocarci il titolo.
Toprak è nato i tuoi stessi giorno e anno, ma ha maggiore esperienza di te, dopo quattro stagioni in WorldSBK. Ti ha dato qualche consiglio?
Sì, diversi. In particolare mi sono serviti quelli di modificare leggermente lo stile di guida, frenare di più e preparare l’uscita dalla curva.
Ti aspettavi di vederlo primo in classifica?
No, sapevo che stesse migliorando, ma non immaginavo una stagione così entusiasmante.
Come vivi il confronto?
Da un lato, soffro un po’ il fatto di non essere al suo livello; dall’altro, le sue capacità mi spronano a dare il meglio e batterlo. Se guardo i miei risultati, non posso che essere contento: in una stagione ho fatto di più rispetto a lui in tante. Bisogna considerare anche che ho affrontato piste nuove e non avevo riferimento sulla mille.
In Moto3 hai avuto come compagni Enea Bastianini, Joan Mir e Fabio Quartararo, oggi rider della MotoGP e tutti campioni del mondo (Bastianini della Moto3, nde). Che ricordi hai di loro?
Di Enea pochi, perché non abbiamo legato tanto; si sa che i piloti della stessa nazionalità sono ancora più rivali e la distanza tra la mia montagna e il suo mare si sente anche a livello di mentalità.
Di Quartararo?
Lo stimo un sacco, è una grande persona; è più giovane di me di 3 anni, eppure è un ragazzo maturo, educato.
Mir che tipo è?
Ha un carattere diverso da Fabio, ma mi trovavo bene anche con lui. Ha una determinazione e una concentrazione che mi sono d’esempio.
Chi era il tuo idolo da bambino?
Mi sono innamorato delle moto a 5 anni, però non ne ho avuto uno nemmeno da ragazzino. Ammiro Valentino Rossi e Marc Márquez, per citare due fenomeni, ma hanno vinto anche grazie ad altro. Il talento non basta per diventare il numero uno.
Cosa serve?
Un team che ti supporti al 100 per cento e tanta fortuna: una brutta caduta, per esempio, può mandare all’aria un campionato intero e cancellare tutti i sacrifici in un attimo.