Il ciclismo italiano non è mai morto, tanto meno risorto nel giorno di Pasqua sul traguardo di Oudenaarde come dimostra Luca Mozzato con il secondo posto al Giro delle Fiandre. Non appena hanno sentito il nome, in molti hanno pensato che i cronometristi si fossero sbagliati o che si trattasse di un carneade in giornata.
Chi conosce bene il corridore veneto sa che non è un onesto “mestierante”, ma il simbolo di ciò che è diventato il nostro ciclismo. Un settore che fatica a star dietro ai giovani talenti stranieri, ma che può dire la sua con atleti maturati nelle formazioni Professional e spesso costretti a emigrare all’estero prima di fare il grande salto nel World Tour.
Mozzato ne è la dimostrazione. Non ha fatto come molti colleghi che hanno provato a inseguire la chimera dei vari Evenepoel, Pogacar e Ayuso, ha affrontato la categoria Under 23 e poi è passato al professionismo. Niente balzo diretto in uno squadrone internazionale con l’obbligo di brillare all’istante oppure arrendersi a una carriera al servizio degli altri. Meglio una squadra più piccola come la B&B Hotels, con un calendario comunque di tutto rispetto dove crescere e conoscere i segreti dei più grandi.
Proprio come accadeva per gli operai d’inizio Novecento, Mozzato è andata a cercar fortuna in Francia dove ha disputato per tre volte il Tour de France conquistando una serie di piazzamenti nei primi dieci prima di approdare all’Arkéa-Samsic non appena la B&B Hotels ha chiuso battenti. Lavorando all’ombra dei migliori del globo il 26enne di Arzignano ha guadagnato esperienza incassando una serie di risultati incoraggianti.
Venticinquesimo al Fiandre 2022 a un solo minuto dal vincitore Mathieu Van der Poel, ventesimo alla Parigi-Roubaix dell’anno precedente per non parlare del secondo posto alla Tro-Bro Léon 2022, quella competizione in cui si vince un maialino come primo premio e che maggiormente si avvicina all’Inferno del Nord. Per non parlare del quinto posto nella ben più prestigiosa Parigi-Tours sino ad arrivare alla vittoria qualche settimana fa alla Bredene Koksijde Classic.
Quella distanza dai riflettori che hanno invaso Filippo Ganna e Jonathan Milan, eccezioni per il movimento tricolore, si è dimostrata utile per uscire allo scoperto al momento giusto come accaduto per Alberto Bettiol, sempre pronto a sfoderare l’ascia di combattimento piuttosto che attendere sui pedali gli avversari e ottenere una posizione di rincalzo.
Quinto alla Milano-Sanremo, vincitore della Milano-Torino, nono al Fiandre, il toscano dell’EF Education-First ha raccolto molto meno di quanto abbia seminato in questa primavera, lui che nel 2019 faceva storcere il naso ai tifosi come Mozzato, nell’imbarazzo di coloro che non conoscevano colui che aveva fatto risuonare l’Inno di Mameli nella seconda Classica Monumento dell’anno dodici anni dopo Alessandro Ballan.
Al 30enne senese sono sempre mancati la capacità di gestire gli sforzi e quel pizzico di fortuna che serve per andare in alto, ma nei momenti decisivi è sempre stato presente. Un esempio è il Mondiale dello scorso anno dove, a fronte dello strapotere del trio Van der Poel, Van Aert, Pogacar, Bettiol è stato l’unico a tentar la sortita prima di alzare bandiera bianca nel finale e chiudere con un mesto decimo posto. Lo stesso discorso si potrebbe applicare per le Olimpiadi 2020, agganciato ai migliori sino agli ultimi chilometri prima di cadere vittima dei crampi, quei nemici che lo hanno bloccato sul più bello all’Attraverso Le Fiandre.
Salendo sul Poggio alla Sanremo lui era sulla ruota di Pogacar e Van der Poel così come Matteo Sobrero e Vincenzo Albanese, inseriti nel gruppetto alle spalle e capaci di giocarsi le proprie chance in via Roma. Il primo ha tentato la sortita in vista del traguardo ligure mancando il colpaccio per pochissimo e ottenendo un dignitoso dodicesimo posto. Il secondo è arrivato con il secondo plotoncino, ma all’E3 Saxo Classic ha fatto vedere di esser tagliato per le Classiche del Nord con il nono posto assoluto e un Fiandre da protagonista dove è rimasto a lungo a fianco del compagno Mozzato. Storie diverse, ma che vedono un avvicinamento al professionismo simile. Prima l’apprendistato in una Continental, poi il passaggio fra i prof con una Professional e il salto di qualità nel World Tour.
Al primo anno fra i grandi Sobrero ha accompagnato la partecipazione alle principali corse per Under 23 ottenendo la vittoria al Palio del Recioto e il terzo posto al Giro del Belvedere, competizioni che cadono non a caso proprio nel periodo in cui si svolgono Fiandre e Roubaix. Da lì è arrivata una maturazione che ha fatto emergere prima una stoffa da cronoman e poi da finisseur, messo in mostra a partire dalla fine del 2023.
Doti da velocista resistente invece per Albanese che si è formato alla corte dei Reverberi, una di quelle dinastie che ha deciso di investire sulla doppia attività Under 23 e Elite e che è stata ripagata ampiamente dal campano, quinto nel 2017 al Mondiale Dilettanti vinto da Benoit Cosnefroy. Tante fughe nelle grandi corse e tanti piazzamenti nelle gare più piccole del calendario italiano, un po’ come accaduto per Mozzato senza lasciare la terra di casa, per lo meno prima del passaggio all’Eolo-Kometa, una formazione molto simile alla B&B Hotels, con la piccola differenza di aver origini italiane accompagnate dallo spirito spagnolo di Alberto Contador.
Da lì nasce l’idea di mettersi in proprio quasi diventando grande in una formazione di piccole dimensioni e senza troppe pretese, pronto a confrontarsi nelle corse di media caratura in giro per l’Europa. Il tutto come preludio del salto in Arkea alla prima esperienza al Nord una top trenta al Fiandre dopo aver ceduto soltanto sull’ultimo passaggio del Paterberg. Segnali molto incoraggianti che fanno ben pensare in vista della Roubaix di domenica.
A chiudere questo scenario forse più silenzioso, ma pur sempre positivo, ci sono i risultati che provengono dalle corse a tappe dove il “predestinato” Antonio Tiberi sembra aver trovato finalmente l’alloggio giusto nella Bahrein Victorius che, una volta perso Vincenzo Nibali e Mikel Landa, ha abbassato le aspettative puntando più sui giovani.
Il laziale ha provato a percorrere la strada dei campioni che stanno monopolizzando questo settore, ma si è reso conto di non esser ancora cresciuto abbastanza. Seguendo questo filone ha commesso un “errore di gioventù” che gli è costato sì il posto alla Lidl-Trek, ma che paradossalmente potrebbe avergli cambiato la carriera in meglio.
L’ingresso nella squadra mediorientale ha coinciso con la sua trasformazione da gregario a capitano con la licenza di far classifica come accaduto alla Tirreno-Adriatico e al Giro della Catalogna. Nel primo caso una giornata no gli ha impedito di entrare in top ten a fronte di un parterre degno di un Tour de France, nel secondo è riuscito a centrare un terzo posto nell’arrivo in salita a Joan de les Abadesses che è stato il trampolino di lancio per una serie di top ten di giornata e un ottavo posto in classifica generale.
A chiudere questa lunga carrellata di atleti ci pensa Lorenzo Fortunato, un talento che abbiamo imparato a conoscere sul Monte Zoncolan al Giro d’Italia 2021 dove ha regalato un’impresa che ha fatto piangere Ivan Basso e Alberto Contador davanti allo schermo. A differenza di Tiberi che sa difendersi molto bene a cronometro, il bolognese è un vero scalatore, uno che si è visto pochissimo da Under 23, ma che ha sorpreso tutti sulle rampe più difficili d’Europa. Quell’exploit è stato per certi versi la sua rovina, costretto a tutti i costi a confermarsi l’anno successivo in qualità di capitano dell’Eolo-Kometa e ritrovarsi con un quindicesimo posto finale. Un risultato frutto di una crescita costante, ma scambiato da tutti come una cocente delusione.
La maturazione di Fortunato è passata però dalle piccole corse a tappe, quelle che spesso vengono definite di preparazione, e che per un giovane possono esser utili per crescere accompagnandosi alle “sberle” che possono assestare i grandi. Fra Italia e Spagna sono arrivate le vittorie all’Adriatica Ionica Race e alla Vuelta delle Asturie, ma anche una serie di piazzamenti che hanno convinto l’Astana Qazaqstan Team a puntare su di lui per il rilancio di una squadra rimasta nel World Tour, ma defilata rispetto a grandi potenze come UAE Team Emirates, Team Visma-Lease a Bike o Ineos Grenadiers.
Scommessa ripagata con una Tirreno corsa sempre a ridosso della top ten e un Giro di Catalogna concluso proprio al decimo posto dopo aver sempre fatto parte del gruppetto dei migliori in salita senza grandi acuti complice anche l’assenza di quell’esplosività che consente di raccogliere molto di più.
Se Mozzato deve essere colui che ci ricordi come il ciclismo italiano sia ancora vivo, a quel punto dobbiamo metterci in testa che sarà impossibile vedere i nostri Under 23 brillare non appena metteranno piede nel professionismo. Per questo motivo è necessario attendere prima di definirli “bidoni” o “talenti incompiuti”. Armiamoci di sana pazienza e di una bella dose di umiltà e vedremo i nostri ragazzi iniziare a brillare. Magari una volta superata la soglia dei ventisei anni come accadeva in passato, ma comunque in grado di dimostrare che l’Italia è ancora degna di occupare un posto sulla cartina delle due ruote.