Essere un campione non significa semplicemente dominare e salire spesso sul gradino più alto del podio, ma anche rinunciare alle proprie velleità per aiutare i diretti avversari. Ne sa qualcosa Mike Hailwood, asso del Motomondiale prestato alla Formula 1 che il 3 marzo 1973 rischia di mettere a repentaglio la vita pur di strappare dalle fiamme quella del collega Clay Regazzoni.
Dopo aver vinto ben nove Mondiali sulle due ruote, Hailwood passa nel massimo circuito automobilistico nel 1972, motivo per cui quando si presenta a Kyalami per il Gran Premio del Sudafrica è ormai un pilota esperto. La stagione 1973 non è iniziata sicuramente nel migliore dei modi visto che con la sua Surtees non è riuscito ad arrivare al traguardo né all’appuntamento in Argentina né in Brasile puntando al riscatto nel gran premio africano.
Le cose non si mettono bene visto che in qualifica Hailwood non va oltre il decimo tempo, distanziato di ottantanove centesimi dal neozelandese Denny Hulme. Il pilota oceanico può sfruttare l’arrivo della nuova McLaren M23, un’auto ispirata alla Lotus 72 e costruita sulla base della M16, vincitrice in Indycar. Alle spalle di Hulme si piazza Emerson Fittipaldi che, in una manciata di centesimi, precede il paladino di casa Jody Scheckter, alla seconda gara in carriera, e lo svedese Ronnie Peterson.

Le prime due file sono insomma ad appannaggio di McLaren e Lotus che, complice anche la somiglianza dei due progetti, si alternano in griglia, mentre il primo pilota fuori da questo dominio è Clay Regazzoni che, con la sua BRM, riesce a difendersi fermandosi a diciannove centesimi da Hulme e lasciando presagire che alle sue spalle si sarebbe creato il vuoto in gara. Eppure, nonostante scattino distanti, il destino di Regazzoni e Hailwood è pronto a farli incontrare presto.
Bastano pochi chilometri del Gran Premio del Sudafrica per rendersi conto di cosa stia accadendo: Hulme parte bene e tiene il comando davanti a Fittipaldi e Peter Revson che, con la seconda McLaren ufficiale, riesce a risalire dalla sesta alla terza posizione. Regazzoni sbaglia invece il via e ben presto si ritrova a inseguire nelle retrovie venendo superato da diversi colleghi, Hailwood compreso.
Al terzo giro il sudafricano Dave Chilton, scattato come un fulmine dalla tredicesima casella con una Lotus clienti, è in lotta per il settimo posto con il ben più quotato Carlos Reutemann. L’argentino sbaglia perdendo il controllo della sua Brabham colpendo l’incolpevole Hailwood alle sue spalle. Il resto del gruppo lo schiva, ma quando arriva Regazzoni, lo colpisce in pieno. Lo svizzero sta infatti duellando con la Ferrari di Jacky Ickx, motivo per cui finisce per distruggere la sua vettura.
La ricostruzione dell’incidente fra Hailwood e Regazzoni
Come spesso accade, una perdita di benzina causa un principio d’incendio che ben presto circonda la BRM del ticinese, rimasto intrappolato nelle lamiere incosciente. Hailwood non ci pensa due volte e, con l’istinto da vero campione, si lancia nelle fiamme estraendo il collega esanime. Il fuoco non risparmia però l’inglese che poco dopo si trova a combattere con le fiamme che hanno preso d’ostaggio la sua tuta. Hailwood non se ne cura, tira fuori dall’auto Regazzoni e spegne il fuoco che sta distruggendo i suoi vestiti salvando a tutti gli effetti vita e carriera all’elvetico.
Chi deve far i conti con il caos è proprio Hulme che, a causa dei detriti rimasti in pista, fora una gomma e deve rientrare ai box lasciando a Scheckter il comando delle operazioni, mentre dietro uno scatenato Jackie Stewart, partito con l’auto del compagno di scuderia François Cevert, compie una rimonta al limite della leggenda riportandosi sui primi dopo soli sei giri.
Lo scozzese, incurante del pericolo e dei chiari segnali mandati dai commissari, dribbla tutto e tutti superando Scheckter e portandosi al comando per un assolo senza precedenti. Per il sudafricano non resta che accontentarsi di una piazza d’onore quando un problema al motore lo appieda lasciando la seconda piazza a Revson, mentre Fittipaldi riesce a cogliere un solido terzo posto.
E Regazzoni? Per lui soltanto qualche leggera ustione sulle mani e sulle braccia, ma soprattutto un grande spavento e una voglia matta di ringraziare Hailwood, quel campione non solo in pista, ma anche nell’animo.